Attrazione Fatale, la recensione: dal grande al "piccolo" schermo, una storia d’amore, morte e ossessione

Joshua Jackson e Lizzy Caplan prendono l'eredità di Michael Douglas e Glenn Close per attualizzare e portare in scena l'Attrazione Fatale per antonomasia nella serie tv presentata a Canneseries e disponibile ogni lunedì con un nuovo episodio su Paramount+.

Attrazione Fatale, la recensione: dal grande al 'piccolo' schermo, una storia d’amore, morte e ossessione

Il colpevole incolpa sempre la vittima

Molto spesso esistono remake e reboot televisivi che prendono un film, possibilmente un cult che ha già una buona fetta di affezionati, e lo ripropongono in versione seriale solamente dilatando in più episodi la storia raccontata, senza particolari guizzi e senza un vero e proprio progetto e necessità dietro.
Per fortuna esistono le diversificazioni e, come spiegheremo nella recensione di Attrazione Fatale, ogni lunedì con un nuovo episodio su Paramount+ dopo la presentazione a Canneseries, la miniserie in otto episodi con Joshua Jackson e Lizzy Caplan è proprio un'eccezione alla regola. Questo perché è riuscita a trasformare la storia già conosciuta in qualcosa di nuovo, di inedito, che non sappiamo come andrà a finire ma che ci ha totalmente catturati per attualità, inventiva e attenzione ai personaggi. Una trama vecchia come il mondo eppure nuova come il #MeToo.

(Ri)scrivere la storia

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Attrazione fatale: Lizzy Caplan e Joshua Jackson in una scena

La trama di Attrazione Fatale, l'iconico film del 1987 scritto da James Dearden e diretto da Adrian Lyne, è ben nota: il procuratore distrettuale Dan Gallagher (Michael Douglas) conosce in ambito lavorativo Alex Forrest (la bionda Glenn Close) e i due passano due giorni di passione incontrollata mentre la moglie e la figlia piccola sono fuori città. A quel punto la donna sviluppa un'ossessione per l'uomo tanto da rischiare di provocare danni irreversibili alla sua famiglia, finché in un confronto finale l'amante rimane malamente uccisa da parte di entrambi. Alexandra Cunningham (già dietro Dirty John e Chance, oltre che nella writers room di Roma e Desperate Housewives) ha fatto un lavoro encomiabile di riscrittura, non limitandosi semplicemente ad aggiornare e allungare la storia ma a trasformarla per i propri bisogni e tematiche, figli di due contesti sociali e periodi storici estremamente diversi.

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Attrazione fatale: un'immagine della serie

Nella miniserie la linea temporale raddoppia: siamo nel 2008 quando avviene la relazione e poi nel 2023, quando Gallagher (qui col volto di Joshua Jackson) esce di prigione dopo essere stato incarcerato per 15 anni per la morte di Alex (la mora Lizzy Caplan) e ora è deciso a provare la propria innocenza e scoprire la verità. Nel frattempo l'ex moglie Beth (Amanda Peet, che aveva già lavorato con Cunningham in Dirty John 2 e che prende il posto di Anne Archer) si è rifatta una vita e la figlia Ellen (Alyssa Jirrels) è oramai all'università, sta preparando una tesi su psicologia e filosofia e non sa se dovrebbe recuperare un rapporto col padre, che quasi non ricorda e non conosce.

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Chi è il colpevole?

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Attrazione fatale, una scena della serie

A questo punto Attrazione fatale si muove su due binari: da una parte allarga il bacino del racconto con elementi che diano un background a tutti i personaggi, proponendo in ognuno dei primi episodi un punto di vista diverso sulla storia raccontata: quello di Dan, di Alex, ma anche di Beth ed Ellen, per dare allo spettatore un quadro il più esaustivo possibile e lasciandogli il compito di unire i pezzi. Dall'altra mescola continuamente passato e presente e dà un epilogo simile ma diverso a quello del film, facendoci venire voglia di proseguire nella visione per scoprire chi ha realmente ucciso Alex Forrest. Dan sta mentendo oppure c'è qualcos'altro sotto? Perché Beth gli ha creduto istantaneamente quando ha confessato e come farà Ellen ad unire il puzzle? La storia di amore e ossessione rischia di ripetersi pericolosamente nella linea temporale di quest'ultima, proponendo una riflessione attualissima sul #MeToo e su come spesso l'opinione pubblica e soprattutto la legge tendano ad attaccare istintivamente la vittima, dubitando della sua versione dei fatti, e ad avvalorare la tesi dell'accusato.

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Attrazione fatale, una scena della serie

La serie, che cita spesso il lungometraggio anche a livello di inquadrature e movimenti di macchina, contiene un (nuovo) elemento ricorrente, ovvero l'ascensore, che già cult televisivi come Grey's Anatomy avevano indissolubilmente legato alla passione amorosa tra due amanti. Già utilizzato nel poster, diviene nel corso degli otto episodi luogo di incontro, scontro, rivelazione e sconcerto della coppia protagonista. Quello che ci troviamo di fronte non è solamente un thriller amoroso e nemmeno un thriller psicologico come poteva esserlo la pellicola originale. Gli viene affiancato anche un vero e proprio legal drama sia per il caso che coinvolge il protagonista tra passato e presente (le circostanze che hanno portato alla morte, il processo e ora la scarcerazione e la nuova indagine) ma anche con alcuni casi che i personaggi stanno affrontando (in questa versione Alex lavora come assistente alle vittime) e che si riveleranno specchio di quanto accade, così come le citazioni filo-psicologiche che propone Ellen da adulta insieme al suo relatore, alla sua terapista, quando ascolta le lezioni da sbobinarle, come se fosse la sua coscienza a parlarle di quanto accaduto ai suoi genitori.

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Questione di chimica

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Attrazione fatale, una scena della serie

Lizzy Caplan e Joshua Jackson funzionano insieme, proprio come funzionavano Douglas e Close: lui forse appare più passivo e vittima degli eventi, nonostante il fascino già dimostrato in The Affair, eppure ci sembra che sia proprio ciò che volevano la Cunningham, il co-creatore Kevin J. Hynes (che viene da un altro esempio recente di riscrittura sopraffina, Perry Mason di HBO) e Silver Tree alla regia, per far emergere la pochezza del genere maschile di fronte a una situazione come questa (in questa versione Gallagher è in lizza per diventare giudice). Questo atteggiamento gli si confà ancora di più nel presente, quando dimostra di aver interiorizzato gli anni di carcere e di essere grato verso chiunque gli voglia dare una seconda chance, figlia compresa. Amanda Peet incarna e sfaccetta meglio la sua Beth, che ha dovuto affrontare molti anni da sola, mentre Lizzy Caplan è una conferma dopo Masters of Sex nel ritrarre donne complesse e complessate, vittime forse del sistema e con un'eredità pesante da portare nella mente oltre che nel cuore. I colori che ricorrono nello show sono il nero in sfumature di grigio e il rosso, nella fotografia, nei dettagli e negli ambienti: rappresentano l'erotismo e la mania, il sangue e l'innamoramento, la morte e la caduta nell'abisso. Non ci sono punti fermi in questa nuova Attrazione Fatale, prediligendo una continua messa in discussione delle certezze. Amore o ossessione? Alla serie l'ardua sentenza. Potrebbe diventare la vostra nuova ossessione seriale. Ci ringrazierete.

Conclusioni

Di amore e ossessione, morte e passione abbiamo parlato nella recensione di Attrazione Fatale, e non poteva essere altrimenti dato che la miniserie riscrive ma non tradisce il film cult del 1987. Anzi lo amplia e modernizza in modo intelligente e accattivante, lasciando la curiosità allo spettatore di scoprire cosa succederà nell’episodio successivo e portando elementi nuovi alla storia già conosciuta. Le idee delle due linee temporali, dell'aggiunta legal e degli episodi monografici sono tutte ottime e il cast funziona e crea una buona chimica insieme, a parte forse Joshua Jackson, che rende di più nel presente.

Movieplayer.it
4.0/5
Voto medio
N/D

Perché ci piace

  • Alexandra Cunningham e Kevin J. Hynes hanno fatto un lavoro di riscrittura e ampliamento encomiabile.
  • Le due linee temporali, l’aggiunta dell’aspetto legale e i punti di vista diversi.
  • Il non sapere come finirà la storia nonostante si conosca la trama del film originale.
  • Le citazioni e le novità rispetto alla pellicola.
  • Lizzy Caplan conferma la propria bravura…

Cosa non va

  • … al contrario di Joshua Jackson, la cui passività però forse è voluta ed è legata alla riscrittura del personaggio.