Atlantide, la recensione: Venezia psichedelica e disturbante

La recensione di Atlantide, debutto al lungometraggio del videoartista Yuri Ancani: una storia di rara potenza, un viaggio acquatico nella Venezia che non avete mai visto.

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Atlantide: una sequenza del documentario

Se c'è un aggettivo in grado di cogliere l'essenza di un film come Atlantide (in sala il 22, 23 e 24 novembre), è sicuramente anarchico. Presentato nella sezione Orizzonti alla scorsa Mostra d'Arte Cinematografica di Venezia, il debutto alla regia di Yuri Ancarani, filmmaker ravennate attivo nel mondo della video arte e del documentario, sfugge a ogni tentativo di categorizzazione e abbatte i tradizionali codici di lettura. Come leggerete nella nostra recensione di Atlantide siamo nel territorio della sperimentazione avanguardista, dalle parti di un cinema psichedelico e estremo, per nulla rassicurante e capace di giocare con il linguaggio cinematografico in maniera raffinata e sovversiva.

Una storia di iniziazioni

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Atlantide: un momento del film

Atlantide è un film tutt'altro che narrativo, succede ben poco nelle lunghe giornate lagunari dei protagonisti e Yuri Ancani si limita a osservare ed esplorare a fior d'acqua la vita di una Venezia segreta e sconosciuta ai più, ben oltre l'immagine da cartolina che spopola nell'immaginario collettivo. Niente sceneggiatura, ma solo tanta osservazione e dialoghi rubati dalla vita reale in un arco temporale durato quattro anni; la storia si è sviluppata strada facendo e il montaggio ha fatto il resto. Saltano così le tradizionali fasi di lavorazione del cinema a favore di un approccio quasi antropologico, a partire da un fatto di cronaca rielaborato secondo l'originale punto di vista del regista che si è occupato anche della fotografia e del montaggio. La narrazione ruota attorno alla routine quotidiana di Daniele, un giovane dell'isola di Sant'Erasmo nella laguna di Venezia, che tira a campare con piccoli espedienti.

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Atlantide: una scena del documentario

Silenzioso e riservato, tende a vivere una vita appartata rispetto al gruppo di amici che lo circondano, ma con loro condivide il culto dei barchini: una religione, un vero e proprio rito iniziatico che consiste nello sfrecciare convulso e ripetitivo di questi piccoli motoscafi truccati sulle acque della laguna. Elaborare motori sempre più potenti e capaci di trasformarli in bolidi da competizione, è un passaggio obbligato prima di diventare adulti. Lo è anche per Daniele, per il quale avere un barchino da record, sempre più veloce e prestante per far colpo sulle ragazze, è quasi un'ossessione che innescherà una catena di tragici eventi.

L'epopea acquatica di una generazione alla deriva

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Atlantide: una sequenza

Il film segue da vicino lo smarrimento di una generazione, le sue relazioni, le pratiche e le giornate infinite trascorse tra i trip della chimica, l'ebrezza dell'alcol e i piaceri del sesso adolescenziale a bordo di motoscafi super accessoriati, con luci al LED e subwoofer che pompano musica trap ed elettronica.
Il regista racconta il disagio generazionale attraverso il paesaggio lagunare di Venezia, uno spazio in cui il tempo si dilata, rallenta e amplifica le sensazioni e i turbamenti. Con l'incessante andirivieni dei barchini, tra le note selvagge della techno e quelle martellanti della trap, diventa la rappresentazione plastica di un moto dell'anima, una successione di immagini di rara potenza che culmina in una sublimazione dell'estetica per nulla gratuita.

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Atlantide: una scena del film

I ragazzi di Atlantide sono di poche parole, cercano emozioni estreme, si abbandonano alle allucinazioni da droghe e all'illusorio potere dello sballo tra le acque salmastre di una laguna che li inghiotte. Ancani immerge lo spettatore in un'epopea acquatica fatta di violente iniziazioni maschili, immagini distorte e acrobatici movimenti di macchina. Un viaggio psichedelico accompagnato dall'avvolgente colonna sonora di Sick Luke, fino alla irriverente sequenza finale che vale tutto il film. Non resta che andare a vederlo, mollare gli ormeggi e abbandonarsi a un'esperienza sensoriale unica.

Conclusioni

Concludiamo la recensione di Atlantide con la convinzione di trovarci davanti a un’opera preziosa, capace di giocare con i codici del linguaggio cinematografico in maniera innovativa e coraggiosa. Un film a metà tra il documentario e la finzione, che risente di un approccio quasi antropologico alla realtà di una generazione di adolescenti persi nel culto dei barchini nella laguna veneziana. Il regista Yuri Ancani si affida alla sperimentazione pura, distorce immagini e suoni e restituisce un ritratto di Venezia insolito e lontano dall’immagine da cartolina a cui siamo abituati.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
4.5/5

Perché ci piace

  • Un film sperimentale capace di usare il linguaggio cinematografico in maniera originale e sovversiva.
  • Un viaggio iniziatico accanto ai giovani protagonisti persi nella laguna veneziana tra lo sballo della chimica, le note selvagge della trap e il culto dei barchini.
  • Un’esperienza sensoriale unica: la sequenza finale vale tutto il film.

Cosa non va

  • Chi non ama le sperimentazioni estreme potrebbe non apprezzare.