Avete un bel ricordo di un viaggio in treno. Non importa che qualcuno ci abbia rimesso le penne, perché il tragitto è stato comunque di vostro gradimento. Così, visto che la stessa compagnia di viaggi misteriosi sta organizzando una nuova gita, pensate bene di comprare il biglietto di una crociera. Solo che prima di salire a bordo della nave dovete aspettare due anni. Apriamo la recensione di Assassinio sul Nilo immaginando l'estenuante attesa che ha preceduto l'agognata uscita del "nuovo" film di Kennet Branagh. Le virgolette sono d'obbligo perché il film è stato girato nel 2019 ed era previsto in sala esattamente due anni fa. Poi la pandemia ha fatto il resto, facendo slittare Assassinio sul Nilo di oltre 24 mesi. La prima vittima accertata, insomma, era stata la pazienza. Assieme alle aspettative dei tanti spettatori che nel 2017 avevano gradito il primo film della saga, quell'Assassinio sull'Orient Express che grazie a un cast stellare e a una confezione patinata era riuscito a solleticare i palati dei fan di Agatha Christie. A imbarcarsi nell'impresa di rispolverare la regina dei gialli era stato Kennet Branagh, intenzionato a dare nuova vita cinematografica al mitico Hercule Poirot in duplice veste di regista e protagonista.
Il sagace investigatore dal fiuto infallibile si lascia alle spalle i vagoni gelidi dell'Orient Express, per salire a bordo di un film meno claustrofobico ma non meno carico di cinismo, rancore e attaccamento al vil danaro. Coerente col suo predecessore, Assassinio sul Nilo rilegge Agatha Christe in una patinata chiave pop, confezionando il più classico dei guilty pleasure.
Nelle ombre di Poirot
Fango e guerra di trincea. Inizia così Assassinio sul Nilo: in bianco e nero, senza abiti eleganti e alta borghesia in scena, ma con giovani soldati alle prese con una missione suicida. È un prologo straniante ma fondamentale per indirizzare la bussola di un film solo in apparenza molto simile al suo predecessore: perché Assassinio sull'Oriente Express era un film con Poirot, mentre Assassinio sul Nilo è un film su Poirot. Kenneth Branagh, ormai tutt'uno col personaggio, riesce a dare al suo investigatore un vissuto, uno spessore e soprattutto un trauma che lo segnerà per tutta la vita. Mentre il caso procede secondo copione, in modo molto classico (e per certi versi canonico), poco per volta dalle acque del Nilo vengono a galla nuove sfumature di un personaggio ferito, meno sicuro di sé e inscalfibile rispetto al passato. Una scelta che permette al pubblico di investigare dentro l'investigatore, di spiare sotto la sua corazza per capire cosa di nasconde sotto i mitici baffi di Poirot. Adesso sì che il pubblico può provare vera empatia per un uomo che sembra quasi essersi affidato alla giustizia per lenire i suoi dolori. Un cambio di rotta rispetto al primo capitolo con una spiegazione semplice. Nessun mistero in questo caso. È come se l'ambientazione avesse influenzato lo spirito di tutto il film, con il caldo afoso dell'Egitto ad accendere i fuochi dei tormenti. Laddove Assassinio sull'Orient Express esaltava il rigido metodo deduttivo di Poirot con una storia razionale, ambientata tra i ghiacci, Assassinio sul Nilo è un film più rovente, caldo e passionale. Bollente come il triangolo amoroso al centro della trama.
Assassinio sull'Orient Express: morte, segreti e bugie sul treno dei misteri
Il triangolo delle piramidi
Jacqueline e Simon sono giovani e belli. Si amano e si desiderano con ardore. Poi arriva la splendida Linnet, ricca e meravigliosa ereditiera, e le cose cambiano. Simon si innamora perdutamente e lascia la sua ex a sguazzare nello sconcerto e nella rabbia. Il battello di Assassinio sul Nilo parte da qui. Dalle acque burrascose del più classico dei triangolo amorosi. Da una crociera privata in cui l'ex di turno fa sentire il suo fiato sul collo come fanno i cacciatori con le prede. Quando parliamo di film patinato e di inevitabile guilty pleasure, c'è un motivo. Kenneth Branagh ha riletto Agatha Christie in chiave pop, senza soffermarsi troppo su raffinate descrizioni dei personaggi o alimentare quel sottile cinismo tanto amato dalla scrittrice inglese. Questa saga ha preferito la via della semplicità e dell'immediatezza, puntando tutto su comodi stereotipi (la ricca ereditiera, il giovane arrivista, l'ex geloso, la madre invadente). Come dentro a un Cluedo con un regolamento ben preciso, Branagh gioca la sua intrigante partita senza troppi sussulti e grandi guizzi. Tutto procede secondo i canoni del classico giallo, la cui formula è così sacra da essere intoccabile. Le uniche trovate sono di messa in scena, visto che rispetto al treno del primo film la crociera sul Nilo gli fornisce molto più margine di manovra. E allora ecco qualche virtuosismo con la macchina da presa che avvolge il battello e ci fa familiarizzare con l'ambiente in cui avviene il misfatto. Proprio come un gioco da tavolo di cui conosciamo a memoria il tabellone. Branagh preferisce curare più la confezione che il contenuto, visto che il caso al centro della storia risulta sin troppo prevedibile e sicuramente meno appassionante rispetto al primo film. Per fortuna che a dare un po' di spessore ci sono solo i folti baffi di Poirot.
Conclusioni
Nella nostra recensione di Assassinio sul Nilo abbiamo ammesso di aver gradito questo tanto agognato ritorno di Hercule Poirot sul grande schermo. Kenneth Branagh sceglie la via della semplicità per coinvolgere il pubblico. Lo fa un triangolo amoroso da soap opera e una regia molto patinata, dando libero sfogo a un giallo molto classico e canonico. A scongiurare l'eccessiva superficialità, per fortuna, ci pensa Poirot stesso, molto più al centro del racconto e approfondito nella sua intimità.
Perché ci piace
- La scelta di approfondire in modo credibile i tormenti e i traumi di Poirot, dando più spessore al protagonista della saga.
- Un secondo atto coerente con il primo film ma anche in netta antitesi: dopo il ghiaccio e il freddo, ecco il caldo rovente delle passioni.
- Alcune trovate di regia danno respiro alla narrazione.
Cosa non va
- Il caso al centro del racconto è abbastanza prevedibile.
- La recitazione troppo carica di enfasi potrebbe far storcere il naso.