Aragoste a Manhattan, recensione: un film da non perdere e il chiasso di umanità che (r)esiste

Alonso Ruizpalacios ci porta nel ventre di una cucina irrequieta, cosmo antropologico di un corollario sociale, politico e marcatamente americano. Tra i protagonisti Raul Briones Carmona e Rooney Mara. Al cinema.

Aragoste a Manhattan

È vero, sembra il nome di una dimenticata commedia anni Novanta ma, riflettendoci, il titolo italiano scelto dalla distribuzione non è poi così male, e anzi riesce a suggerire bene il senso del film. Perché è chiaro l'intento del regista messicano Alonso Ruizpalacios: Aragoste a Manhattan (La Cocina, il titolo originale con cui è passato nella stanca Berlinale 2025), esaspera - ma non poi così tanto - i confini di un ristorante per ribaltare il senso sociale, umano e politico di una storia in cui l'allegoria è la portata principale.

Aragoste A Manhattan Momento Del Film
Aragoste a Manhattan: Raùl Briones in una scena

Secondo il regista, che apre il film con una citazione di Henry David Thoreau (filosofo e poeta tutt'altro che casuale, essendo stato oppositore dello schiavismo, nonché firma del saggio Disobbedienza civile), le aragoste (sappiamo che morte atroce le attende in pentola) sono quelle donne e quegli uomini ai piani bassi di una scala gerarchica squilibrata e profondamente iniqua, le cui difese (le chele, appunto) sono state bloccate da un elastico stretto tanto quanto il più subdolo dei ricatti.

Una storia che ci porta nel cuore di New York City

Aragoste A Manhattan Immagine Del Film
Anna Diaz è Estella

Aragoste a Manhattan non ha uno script originale, ma adatta l'opera teatrale The Kitchen di Arnold Wesker (1957), a sua volta ispirazione dell'omonimo film di James Hill del 1961. Scriviamo subito che Alonso Ruizpalacios dimostra di essere un ottimo regista (e infatti se lo è acchiappato la Disney, facendogli dirigere tre episodi di Andor 2), portandoci a respirare l'aria densa della Mid Town di New York City. Siamo a Time Square, crocevia galattico in cui il mondo "ti spinge ad una svolta". Sulla 49th Street c'è il The Grill, uno di quei giganteschi locali spenna-turisti.

Aragoste A Manhattan Frame
Aragoste a Manhattan: Rooney Mara e Raùl Briones in una foto

Quello di Ruizpalacios è un film (quasi) corale, e la prima che incontriamo è l'intimorita Estella (Anna Diaz), immigrata ispanica che non sa una parola d'inglese. È arrivata lì perché conosce Pedro (Raul Briones Carmona) uno dei cuochi che lavorano nel ventre del locale, gestito da Rashid (Oded Fehr), imprenditore arabo-americano che, puntualmente, non mantiene la promessa di regolarizzare gli immigrati clandestini a libro paga. Al The Grill ci lavora pure Julia (Rooney Mara), che fa la cameriera ed è rimasta incinta di Pedro nel bel mezzo di un tira-e-molla. Julia vorrebbe abortire, Pedro è contrario. Come se non bastasse, sotto traccia, in un ritmo che si comprime e poi si dilata, c'è pure un'altra brutta storia: dalla cassa sono spariti ottocento dollari, e Rashid ha tutte le intenzioni di scoprire chi sia stato a rubarli.

Aragoste a Manhattan e il chiasso di un cinema politico

Insomma, Aragoste a Manhattan è grande cinema; uno di quei film capaci di ri-allineare il rapporto tra il grande schermo e il più severo e attento spettatore. Non di certo un'opera facile - oltre due ore, un timing che sembra eccessivo - ma nella non scontata stratificazione si colgono quei dettagli capaci di fare la differenza (perché conta l'identità, e non la perfezione). Innanzitutto, è un film tecnicamente notevole: la densissima fotografia in bianco e nero di Juan Pablo Ramírez, rinchiusa in un asfissiante 4:3, e poi soprattutto uno sbalorditivo sound design che riesce a cogliere l'umore tribolato ed esplosivo di una cucina sotto stress.

Un film di grande impatto

Suoni, parole, lo sfrigolio di una padella incrostata, le discussioni tra gringos, le pretese dei clienti. Il cuore di un'opera che si agita, che bubbola, che si allinea ai toni di una commedia bagnata nel dramma beffardo. Un movimento diegetico, che si sposta da un punto di vista all'altro (tornando e ricominciando sempre da Julia e Pedro). Un insieme di idiomi, di versi, di rumori. Un baccano umano, vivido e pulsante che odora di olio bruciato, fumo di sigarette e sudore; la soundtrack di una Manhattan in cui il sogno americano si regge sulle gracili gambe di quegli irregolari sfruttati e bolliti vivi come se fossero, appunto, delle inermi aragoste.

Aragoste A Manhattan Sequenza
Nella cucina del The Grill

È un labirinto, la cucina di The Grill, seminterrata sotto la coltre ossea di Time Square, quasi uno Stato a sé, lontano dall'America più vera ma sicuramente vicina all'idealizzazione di un Occidente che tradisce ciò che promette. Sembra scontato dirlo, ma nella pellicola di Alonso Ruizpalacios c'è allora tanta immagine, di impatto e di narrativa, e nemmeno a dirlo, c'è quindi un'immagine dalla forte coscienza politica, in cui il tumulto scenico e narrativo, nel suo trampolino teatrale, ha la lucidità necessaria per essere straordinariamente spietata verso quei padroni a cui disobbedire.

Conclusioni

Il messicano Ruizpalacios ci porta nel ventre di New York, tra i fornelli di una cucina pronta ad implodere. Tecnicamente notevole e narrativamente potente, Aragoste a Manhattan non ha paura di tracciare un solco politico e parallelo, affrontando di petto il tema della disparità umana. Da non perdere.

Movieplayer.it
4.0/5
Voto medio
N/D

Perché ci piace

  • Tecnicamente valido.
  • Un'ottima storia corale.
  • Le allegorie.
  • La location.

Cosa non va

  • Dura troppo.