Annie Ernaux - I miei anni Super 8, la recensione: la ripresa del ricordo

La recensione di Annie Ernaux - I miei anni Super 8, documentario poetico improntato sulla forza del ricordo impresso sulla bobina di un Super 8.

Annie Ernaux - I miei anni Super 8, la recensione: la ripresa del ricordo

C'è qualcosa di magico, mistico se vogliamo, dietro una ripresa cinematografica. Se le fotografie colgono l'impressione di un attimo, i corpi che vediamo scorrere sullo schermo si vestono per magia di immortalità. Nessuno scorrere del tempo può batterli, nemmeno la morte. Ed è proprio la morte a essere sconfitta tra lo spazio di una pellicola amatoriale, di immagini domestiche che per puro divertimento si fanno portatori di nostalgia e portavoce di visi perduti, spazi scomparsi, ambienti trattenuti solo negli inframezzi della memoria.

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Locandina di Annie Ernaux - I miei anni Super 8

Abbiamo imparato a conoscere il nome di Annie Ernaux attraverso la potenza di quelle pagine che le hanno permesso di vincere nel 2022 il Premio Pulitzer, ma adesso la scrittrice si affaccia al mondo del cinema documentaristico attraverso l'intima condivisione del proprio archivio di riprese amatoriali. Come sottolineeremo nella nostra recensione di Annie Ernaux - I miei anni Super 8 (film distribuito da I Wonder Pictures), la messa in sequenza dei filmati personali della scrittrice e della sua famiglia si slega della semplice condivisione autoreferenziale di tempi perduti, per parlare un linguaggio più universale. Partendo da eventi personali, il documentario si fa galleria di momenti e corollario di stimoli riflessivi sulla potenza di uno sguardo meccanico come quello del Super 8, capace di cogliere per sempre il cuore di un momento, o lo spazio di un ambiente, per inserirlo nel tempio dell'immortalità. La sfera personale si sacrifica dunque dinnanzi all'altare dello sguardo altrui per annientare lo scudo del tempo fugit e approfondire il potere di riproposizioni visive volte a far rinascere il seme del ricordo, e con esso di una felicità tenuta nascosta sotto la polvere degli anni passati.

Annie Ernaux - I miei anni Super 8: la trama

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Annie Ernaux - I miei anni Super 8: una scena del film

Nel 1972 Annie Ernaux e suo marito Philippe, sono due trentenni che vivono ad Annecy insieme ai due figli di sette e tre, Eric e David. Quando acquistano una cinepresa Super 8 Philippe inizia a filmare ogni istante della loro vita e dei loro viaggi. Dal Cile, al Marocco, passando per l'Albania, l'Inghilterra, la Corsica, la Spagna, fino al Portogallo e la Russia. Dopo la separazione tra i due, nei primi anni '80, quelle immagini rimangono a lungo non viste, finché non vengono riportate alla luce dal figlio David. Il risultato è un documentario e intimo e introspettivo accompagnato dalla voce critica e antidesrittiva della stessa Annie.

Proiettami ricordi perduti

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Annie Ernaux - I miei anni Super 8: un frame del film

Può sembrare che Annie Ernaux - I miei anni Super 8 non aggiunga nulla al bagaglio cinematografico del proprio spettatore; eppure un senso di nostalgia e incomprensibile malinconia investe l'interiorità di una mente spettatoriale fattasi cassetto di emozioni e ricordi pronti a fuoriuscire a visione ultimata. Affidando la propria natura a un semplice gioco di montaggio, l'opera vive dell'unione e la messa in sequenza cronologica di filmati recuperati dall'archivio famigliare della scrittrice per elevarli a patrimonio visivo universale. Dietro ogni raccordo e semplice operazione di taglia e cuci, si nasconde un discorso introspettivo sulla potenza del ricordo affidato alle immagini, e alle modalità attraverso cui un'azione meccanica come la registrazione di un attimo, viva di testimonianza storica di un momento - o paesaggio - che non tornerà più.

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Annie Ernaux - I miei anni Super 8: una scena

La poeticità della pratica del found-footage, accompagnata dalla potenza di un commento così intenso e profondo come quello offerto dalla voce fuori campo della stessa Ernaux, si fa saggio onirico e materico sulla potenza di un supporto così ordinario come la bobina di un Super 8 per elevarsi a custode di infinite descrizioni di un attimo fuggente, e rivelatore di parti di mondi posti sull'orlo dell'oblio e del cambiamento. Una semplicità di rappresentazione così colma di umanità e profondità anche filosofica, che si adatta perfettamente, fino a reduplicarla in altri linguaggi, alla cifra stilistica di una penna intensa e introspettiva come quella della stessa scrittrice; uno stile dove il confine tra privato e pubblico si fa labile, e ogni pensiero si fa elemento da condividere per diventare di tutti, proprio come le parole impresse su una pagina, o un viso impresso su una pellicola.

Il corpo del ricordo

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Annie Ernaux - I miei anni Super 8: un'inquadratura del film

Shakespeare diceva che tutto il mondo è teatro, e noi tutti non siamo altro che attori. Quelli immortalati dal Super 8 di Philippe Ernaux sono allora membri di una famiglia pronti a distaccarsi dal proprio ruolo sociale per rivestire inconsciamente quello di un interprete perfetto all'interno di uno spettacolo muto. Nessuna voce a inondare il campo d'azione; nessun grido, o diverbio; nessuno schiamazzo o leggero sospiro. In Annie Ernaux - I miei anni Super 8 esistono solo immagini; "I filmati", come sottolinea la stessa autrice, "erano un'autentica istantanea della vita e del mondo, anche se erano muti". Quelle che investono lo sguardo dello spettatore sono dunque immagini silenziose, cornici reali in cui i corpi parlano, i movimenti urlano silenziosamente, mentre una voce fuori campo è pronta a confermare la portata di significati nascosti, o pensieri tenuti taciuti nel silenzio di una pellicola muta. Registi ignari del loro ruolo cinematografico, i coniugi Ernaux creano e mettono in scena un mondo nuovo perché figlio di un passato perduto. Dietro ogni loro scelta di ripresa si nasconde una volontà di rappresentazione che nasce dalle profondità di un desiderio inconscio, o di un turbamento celato, di mancanze interiori.

Cartoline da impressioni lontane

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Annie Ernaux - I miei anni Super 8: una foto del film

Senza saperlo, le immagini che scorrono si fanno cartoline di un mondo che non c'è più; sono testimonianze in movimento di paesi mutati, impressioni su pellicola di momenti e ricordi che altrimenti si disfarebbero, perduti nello spazio di un attimo, o di un battito di ciglia. Custoditi nella memoria e immortalati sulla pellicola, questi nastri vanno oltre il ricordo di viaggi in famiglia; si fanno condivisione universale, atlanti di celluloide. Città e paesi lontani dall'inquinamento e dall'eliminazione del passaggio comunista; paesaggi naturali ancora innocenti e immuni dal passaggio del cemento: ogni scenario, o singola ripresa è uno sguardo impressionista di momenti in divenire. Ma dietro il semplice scorrere delle immagini si nasconde anche un diario segreto di pensieri tradotti in ricordi in movimento; ogni frammento di ripresa si eleva a porta aperta su infiniti sentimenti tenuti custoditi in Annie. Lei, la donna cresciuta con l'ideale della parità di sesso che si ritrova ad affrontare il peso del ruolo di nutrice e moglie perfetta lungo la costa della Corsica; lei, la giovane madre che alle escursioni preferisce rinchiudersi in camera, tra un libro da leggere, e un altro da scrivere.
Ne deriva uno scarto ossimorico che traspira da quello sguardo basso colto dalla Super 8 del marito. Uno sguardo che si fa penna pronta a scrivere su pagine di un romanzo cinematografico intriso di memorie in movimento, e immagini immortali, dove l'inchiostro lascia spazio a un obiettivo, e la lettura al rumore di un proiettore.

Conclusioni

Concludiamo questa recensione di Annie Ernaux - I miei anni Super 8 sottolineando come il documentario distribuito da I Wonder Pictures viva di semplicità per travestirsi di poetica instrospettiva e riflessione psicologica circa la potenza del ricordo e l'abilità della ripresa filmica nel far rivivere momenti e paesaggi andati apparentemente perduti. Dove la memoria non arriva, ci pensa una bobina Super 8 a far rivivere magicamente corpi e persone, città e pensieri tenuti nascosti sotto la polvere di un tempo andato.

Movieplayer.it
4.0/5
Voto medio
N/D

Perché ci piace

  • La poesia del ricordo impresso su bobina.
  • La profondità del commento fuori campo di Annie Ernaux.
  • La semplicità di un racconto personale affidato alla potenza delle immagini in movimento.

Cosa non va

  • La durata. Un'ora è troppo poca per un'opera del genere.