Dopo il passaggio alla 75esima Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia nella sezione Orizzonti, esce nella sale, il 29 novembre, Un giorno all'improvviso, opera prima di Ciro D'Emilio con protagonista Anna Foglietta, che interpreta Miriam, donna abbandonata dal marito, che ha un rapporto complicato con il figlio, Antonio (Giampiero De Concilio) che sogna di fare il calciatore e la adora.
A Venezia il film - qui potete leggere la nostra recensione di Un giorno all'improvviso - ha vinto il Premio Critica Sociale Sorriso Diverso, il Premio Nuovo Imaie per il regista Ciro D'Emilio e il Premio Fice Atteice dell'anno ad Anna Foglietta, che nel film abbandona l'accento romano destreggiandosi con quello campano.
Abbiamo incontrato l'attrice al Lido di Venezia, dove le abbiamo chiesto se, come sta accadendo al collega Alessandro Borghi, è felice di essere diventata il volto della periferia al cinema: "Alessandro è un amico e un attore che stimo, quindi il paragone mi fa piacere, così come l'essere definita la paladina della periferia. Le periferie esistono e sono delle realtà che vanno raccontate" ci ha detto.
Nel film il diciassettenne Antonio vorrebbe fare il calciatore in una grande squadra: è un luogo comune che chi cresce in una realtà difficile abbia questo sogno? "Il calcio professionista non è fatto solo di fenomeni: l'ho frequentato e per la maggior parte è fatto di persone che lavorano sodo e prendono stipendi minimi. Di Cristiano Ronaldo ce n'è uno su milioni. L'importante è dare il buon esempio: non mi interessa se sei un campione in campo, se diventi un modello sbagliato diventi pericoloso, perché moltissimi ragazzi ti guardano come un esempio."