Recensione Drei (2010)

Arriva dall'ambizioso Tom Tykwer il dramedy Drei, un'opera complessa, che massimizza il significato di ogni elemento visivo e narrativo sullo sfondo di un delicato menage à trois.

Angels in Germany

Una lunga carrellata iniziale segue due linee parallele, probabilmente due cavi elettrici, sullo sfondo di un cielo sereno mentre una voce fuori campo sciorina i versi di una poesia sul tempo della vita. Drei, che segna il ritorno del regista Tom Tykwer alle radici tedesche, si profila fin dal titolo, che compare sullo schermo come a inghiottire prepotentemente lo sguardo, un'opera complessa che nell'incipit morbido e immateriale serba il germe visivo di un leit motiv importante, il parallelismo tra i corpi, trattati con estrema delicatezza, e i sentimenti, annodati violentemente.

Tykwer, sceneggiatore e regista ambizioso, realizza con Drei un'opera complessa, che massimizza il significato di ogni elemento visivo/narrativo, investendolo di una potente duplicità semiotica che incide il film a un livello profondo e lo rende non immediatamente accessibile. A un primo sguardo la storia del film potrebbe infatti sembrare il pruriginoso racconto di un semplice menage à trois, ma occorre filtrare la percezione del plot e recuperare gli indizi ermeneutici che il regista dissemina lungo il corso narrativo per accorgersi dell'esistenza di uno strato più profondo. Al centro della storia le vicende sentimentali e sessuali di Hanna e Simon, lei presentatrice televisiva, lui organizzatore di eventi artistici, che fanno coppia da vent'anni, ma sanno ritagliarsi nelle loro vite impegnate anche degli spazi per scampare alla monotonia della routine e concedersi capricciose evasioni. Il loro equilibrio quotidiano viene però stravolto quando iniziano entrambi a frequentare di nascosto Adam, un medico del quale s'innamorano precipitando in un tunnel di passione ma anche in un vortice salvifico.
"La vita è imprevedibile", dice in una sequenza Hanna, consegnandoci correttamente la traiettoria che Tykwer ha in mente per la narrazione: dopo aver perso la madre angelicata per un tumore, Simon scopre di avere un cancro mentre Hanna sta già rincorrendo il suo amante bisessuale, che Simon conoscerà in piscina. La casualità ha in mano i dadi di una partita che mette tutto in gioco, da una vita che rischia di concludersi prematuramente ad una che viene spenta volontariamente anticipando il corso naturale della malattia, dalle provocatorie argomentazioni sulle donne e sull'Islam al respiro di libertà riacquistato da una donna attraente, dalla scoperta di non essere sterile all'arduo discorso scientifico sulle cellule staminali, dall'incontro decisivo tra Adam e Simon, dopo quello tra Hanna e Simon, allo scambio intenso e drastico tra cultura e scienza. Il film si muove continuamente oscillando tra le dicotomie di senso proiettate tra le storie e i personaggi e smuove la riflessione dello spettatore attento. I love affairs liberali, sviluppati e attorcigliati in una pluralità mai volgarmente sconcia, diventano quasi dei pretesti per aprire nel film varchi tematici, approfonditi negli interstizi psicologici dei personaggi e scanditi in modo raffinato dai passaggi simbolizzati con le immagini acquatiche e con le microsequenze in auto.
Sperimentatore dello stile, che accosta split screen pop multipli a figurazioni che sembrano provenire da una dimensione onirica del passato, Tom Tykwer dirige un melodramma romantico e provocatorio che esplora i tentativi della società contemporanea di conciliare le formule tradizionali dei rapporti sentimentali con le aperture amorali, che si sobbarca un'originale considerazione sulle relazioni tra eros e tanatos, risultati da strane coincidenze e casi fortuiti, che raccoglie pulsioni e istinti e li estende a un allegorico ritratto generazionale. Ambientato in una Berlino inedita, Drei affonda un'incursione interessante nelle derive inattese e insospettate della vita, nelle sorprendenti pieghe dell'anima e nelle crisi emotive che gli eventi scatenano consegnandoci una rappresentazione analitica della vita non comune nel cinema contemporaneo.