Ammazzare stanca, recensione: Daniele Vicari e il tentativo di rivedere il gangster movie

Il regista racconta la storia vera del pentito Antonio Zagari, risultando però indeciso sul tono e sul colore. E la durata che supera le due ore sembra davvero eccessiva. Al cinema dal 4 dicembre.

Gabriel Montesi in Ammazzare stanca

Lo dice e lo sottoscrive lo stesso Daniele Vicari, Ammazzare stanca è "un film sulla ribellione". Il regista merita sempre una decisa attenzione, per come si approccia ai generi, per come rilegge il cinema secondo un approccio meticoloso e preciso. Il film, a cui viene aggiunto il sottotitolo esplicativo di Autobiografia di un assassino, è passato nella sezione Spotlight di Venezia 82, anticipando l'uscita del 4 dicembre.

Ammazzare Stanca Vinicio Marchioni Gabriel Montesi
Ammazzare Stanca: Vinicio Marchioni e Gabriele Montesi in una scena

Lo spunto per Vicari, che ha firmato la sceneggiatura insieme ad Andrea Cedrola, arriva da una lettura, ossia la biografia di Antonio Zagari, mafioso, poi divenuto collaboratore di giustizia nel 1990. Il regista spiega di essere stato attratto da un uomo diametralmente all'opposto, rivisto cogliendo al massimo lo spirito emotivo. Una rivisitazione e una rivelazione che, forse, risulta troppo squadrata nonché indecisa, lungo un montaggio che supera le due ore.

Ammazzare stanca: il gangster movie al contrario

Ammazzare Stanca Rocco Papaleo Credits Fabio Lovino
Nel cast anche Rocco Papaleo

Ma chi è Antonio Zagari? Sono gli anni Settanta, e la 'ndrangheta calabrese muove le proprie pedine da sud a nord. Antonio, interpretato da Gabriel Montesi, è figlio di Giacomo (Vinicio Marchioni), boss calabrese spostatosi in Lombardia. Zagari, dopo aver eseguito tacitamente gli ordini, lasciando dietro di se una scia di sangue (è stato accusato di almeno 16 omicidi), diventa restio e critico nei confronti della violenza. Tuttavia, uscire dalla cosca è impossibile. Nemmeno l'amore della sua compagna (Selene Caramazza) sembra poterlo salvare. Zagari, che di fare il killer è ormai stufo, affronterà quindi la legge della mafia, sfidando le regole di un padre feroce.

Un paradosso poco lucido

Daniele Vicari, che da sempre ha un pensiero cinematografico e sociale decisamente vivo (basti pensare a Diaz, La nave dolce o Sole cuore amore), mette quindi in parallelo - anche se in modo piuttosto abbozzato - il movimento di ribellione delle fabbriche con il moto riottoso di un mafioso schifato dal sangue. Una sorta di paradosso, trasformato però in un film a tratti incapace di elevare al meglio l'interessante contraddizione. Inizia come una sorta di dark comedy che ammicca ai Fratelli Coen, ma intanto prosegue seguendo il filo logico di un gangster movie dall'impostazione classica, senza un moto cinetico capace di coinvolgere quanto dovrebbe.

Il discorso padre-e-figlio

Ammazzare Stanca Vinicio Marchioni Selene Caramazza
Ammazzare Stanca: Vinicio Marchioni e Selene Caramazza in una scena

Interessante il contesto familiare, con tanto di digressione padre-e-figlio. Partentesi allora sul cast: ci mettiamo un po' a rodare l'idea che Gabriel Montesi possa essere figlio di Vinicio Marchioni, ma poi intuiamo che dietro una scelta di casting così estrema se non strana (tra i due ci sono solo diciassette anni di differenza) si celi la chiave di lettura immaginifica, che riflette sulla distanza - fisica ed emotiva - tra Antonio e Giacomo. Non una famiglia, infatti, bensì una cosca criminale che risponde solo agli ordini della Santa, e dai cui il protagonista, che non potremmo mai etichettare come anti-eroe, prova a divincolarsi, ritornando a quell'emancipazione che ha a che fare con le (proprie) scelte compiute.

L'indecisione è fondamentale nella traccia umana (lo dimostra lo stesso Antonio Zagari), e probabilmente anche nella traccia cinematografica, ciononostante Ammazzare stanca appare dubbioso su quale linguaggio vuole portare avanti, assottigliando fino a rendere invisibili e inconsistenti sia l'ironia che la tragedia, allungate in una durata decisamente discutibile, e inevitabilmente controproducente.

Conclusioni

Daniele Vicari e la sfida di rivedere le regole del gangster movie. A tratti riuscito, soprattutto nella prima parte, il film perde la giusta spinta nell'indecisione di un tono linguistico incastrato tra il dramma, il crime e la farsa. Un umore che muta senza una vera continuità, tra l'altro reso ancora meno fluido da una durata che supera le due ore. Parentesi sul cast: strana ma comprensibile la scelta di optare per Gabriel Montesi e Vinicio Marchioni nei ruoli di un figlio e di un padre.

Movieplayer.it
2.5/5
Voto medio
N/D

Perché ci piace

  • La prima mezz'ora funziona.
  • La voglia di rivedere il gangster movie.
  • Il cast...

Cosa non va

  • ...anche se risulta straniante, a tratti.
  • La durata è fuori luogo.
  • Il tono è costantemente indeciso.