La verità è che forse non voglio essere troppo felice o soddisfatta. Perché poi? Cosa potrei desiderare? In fin dei conti a me piace la caccia, la ricerca. È divertente: più sei giù e più sono le cose belle che ti potranno capitare. Pensate un po', mi sto divertendo un mondo e non me ne rendo conto...
Riguardare i primi episodi di Ally McBeal a venticinque anni di distanza dall'originaria messa in onda significa appurare qualcosa su cui, in fondo, non abbiamo mai avuto dubbi: si tratta di una serie pressoché perfetta e che non sembra invecchiata di un giorno. Certo, come altri fenomeni di massa che sono stati capaci di intercettare il proprio Zeitgeist, anche Ally McBeal può contare su un inesorabile effetto-nostalgia: del resto, il dramedy creato da David E. Kelley può reclamare a pieno diritto quello statuto di cult generazionale in cui milioni di spettatori, a cavallo fra vecchio e nuovo millennio, hanno potuto riconoscere speranze e paure, domande ed ipotesi, modelli di comportamento e ideali forse utopistici. Eppure, il nostro affetto immutato per Ally McBeal non deriva soltanto dalla dolcezza nei confronti di un "tempo perduto".
Avvocati a Boston: il debutto di Ally McBeal
Le vicende legali, ma soprattutto sentimentali della giovane avvocatessa di Boston, infatti, sono ancora in grado di parlarci di noi stessi e del nostro universo interiore con una precisione infallibile: vale per chi, all'epoca, è riuscito a rispecchiarsi appieno in Ally e nei suoi colleghi, pure in virtù di una vicinanza anagrafica; vale per chi è 'cresciuto' con Ally McBeal e oggi si ritrova ad avere la medesima età che avevano allora i personaggi; e potrebbe valere, in modo analogo, per chi avrà la curiosità di scoprire per la prima volta questa serie meravigliosa. Magari sulla spinta dell'auspicato revival annunciato appena tre settimane fa e attualmente in lavorazione alla ABC, con la showrunner Karin Gist al timone di un racconto che dovrebbe vedere la 'nostra' Ally al fianco di una nuova protagonista, ovvero la figlia della sua coinquilina e confidente Renée Raddick (Lisa Nicole Carson).
Facciamo però un (lungo) passo indietro all'8 settembre 1997, quando sulla rete americana Fox va in onda l'episodio pilota della serie, rititolato qui da noi Un incontro fortuito (in Italia, tuttavia, bisognerà aspettare addirittura il 26 aprile 2000 per il debutto di Ally McBeal). A firmare questa peculiare legal comedy è una delle menti più prolifiche della TV americana, David E. Kelley, ex-avvocato che nel campo della scrittura televisiva si era 'fatto le ossa' con Avvocati a Los Angeles, per poi dar vita in qualità di creatore ad altri fortunatissimi titoli del piccolo schermo degli anni Novanta: La famiglia Brock (1992-1996), Chicago Hope (1994-2000) e, sempre in ambito legal, The Practice (1997-2004), realizzato con sei mesi d'anticipo su Ally McBeal e da cui prenderà poi corpo lo spin-off Boston Legal (2004-2008), mentre in tempi più recenti arriveranno (fra gli altri) Goliath, Big Little Lies e The Undoing.
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Una working girl fra triangoli e tribunali
Galvanizzato dall'entusiasmo crescente del pubblico (negli Stati Uniti si attesterà su una media di dodici milioni di spettatori a puntata), Ally McBeal si impone come uno degli eventi televisivi di fine millennio, catalizzando un interesse mediatico che va al di là della sfera dell'intrattenimento e aggiudicandosi una valanga di riconoscimenti, fra cui quattro Golden Globe e sette Emmy Award (incluso il premio come miglior serie comica nel 1999). La protagonista eponima, a cui presta il volto l'irresistibile Calista Flockhart, viene definita dalla critica come l'erede diretta di una delle massime icone della TV americana, la Mary Richards di The Mary Tyler Moore Show: anche Ally McBeal propone infatti il ritratto di una working girl nubile e senza un partner fisso, impegnata ad affermarsi nel proprio campo professionale. Ma se il ruolo di Mary Tyler Moore inglobava almeno in parte certe rivendicazioni del femminismo degli anni Settanta, incarnando un modello alternativo alla "madre di famiglia", Ally vive la propria condizione di donna single con un'inquietudine che ne diventa un tratto caratterizzante.
Il connubio fra i canoni del legal drama e la dimensione sentimentale dei personaggi, tutti alla ricerca di un difficile equilibrio emotivo, costituisce appunto il nucleo più profondo di Ally McBeal; e in tal senso, la scena iniziale del pilot è già di per sé una lapalissiana "dichiarazione di poetica". In piedi davanti alla vetrata del suo ufficio nello studio legale Cage & Fish, Ally rievoca i flashback della sua storia d'amore con Billy Thomas (Gil Bellows): un rapporto sviluppatosi fin dall'infanzia e trasformatosi in un amore appassionato, ma interrotto dalla partenza di Billy. Ally, che si definisce "vittima delle sue stesse scelte", a Boston approda nello studio legale di un ex-compagno di università, Richard Fish (Greg Germann), e del suo socio deliziosamente eccentrico John Cage (Peter MacNicol); qui rirova a sorpresa ritrova il mai dimenticato Billy, che però nel frattempo si è sposato con la collega Georgia (Courtney Thorne-Smith), pur non avendo seppellito del tutto ciò che prova per la sua fidanzata 'storica'.
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Frammenti di un discorso amoroso
Se dunque il triangolo Ally/Billy/Georgia funge da base per il plot orizzontale delle prime tre stagioni della serie (che si concluderà nel 2002, dopo cinque stagioni e centododici episodi), ciascuna puntata offre degli spunti per riflettere sulla natura stessa dell'amore, sul conflitto fra razionalità ed emozione e sul concetto di anima gemella. Sono questi i veri nuclei tematici di Ally McBeal, che in fondo del filone processuale ha soltanto l'aspetto esteriore: perché in realtà, ciascuno dei casi affidati al team di avvocati di Cage & Fish non è che la declinazione di questioni riguardanti la sfera più intima degli esseri umani e il modo in cui gestiamo le nostre relazioni con gli altri. In altre parole, Ally McBeal adopera i codici del proprio genere di riferimento come pretesto per dispiegare i "frammenti di un discorso amoroso" e portare avanti un complesso percorso di autoanalisi: in primis per Ally, che vede desideri e ossessioni manifestarsi sotto forma di allucinazioni (fra cui il celeberrimo dancing baby sulle note della canzone Hooked on a Feeling), ma pure per i suoi comprimari e, ovviamente, per noi spettatori.
Il suddetto percorso è condotto nel segno di un pathos e di un'ironia che fanno da colonne portanti della serie, e che hanno contribuito a determinarne lo strepitoso successo. Contraddistinto da dialoghi con un ritmo e una verve degni della screwball comedy (inclusi i "marchi di fabbrica", vale a dire i fishism puntualmente snocciolati da Richard), ma al contempo distante dalla tipologia di comicità delle sitcom coeve quali Seinfeld e Friends, Ally McBeal amalgama le sue bizzarre storyline giudiziarie a segmenti surreali in cui il piano del sogno e della fantasia si interseca costantemente alla quotidianità. Spesso con il corredo della musica, con una ricchissima colonna sonora i cui brani, affidati perlopiù alla voce di Vonda Shepard (la cantante del bar sotto lo studio legale e l'interprete di Searchin' My Soul nella sigla d'apertura), sono il correlativo di stati d'animo, interrogativi e sfide dei personaggi; non a caso si riveleranno un tormentone i balletti di John Cage e soci sulla melodia di You're the First, the Last, My Everything di Barry White.
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Lo sguardo di Ally: sfumature di grigio
Ma l'efficacia della formula narrativa e stilistica, tale da aver reso Ally McBeal un'opera per molti versi imprescindibile nell'evoluzione del linguaggio televisivo, è direttamente legata alla figura impersonata da Calista Flockhart: una protagonista in grado di far invidia alle migliori creazioni di Woody Allen, con il suo compendio di idiosincrasie e quel bagaglio di umanissime insicurezze, e che tuttavia non si lascia mai ingabbiare nelle maglie di un banale vittimismo. "Ally, perché i tuoi problemi sembrano sempre più grandi di quelli degli altri?", le domanda Georgia, e la risposta, pronunciata con fiera schiettezza, è inappuntabile: "Perché sono i miei". Sia dentro che fuori dalle aule di tribunale, Ally non può fare a meno di rituffarsi sempre in gioco, di chiedersi in cosa consista davvero l'amore, di mettere continuamente in discussione le 'leggi' che regolano la dicotomia tra felicità e sofferenza.
E tutto sommato, forse è anche questo a rendercela così adorabile e così straordinariamente vicina: il suo idealismo forse un po' ingenuo, la necessità di non rinunciare mai alla propria parte più autentica e pura, e di conseguenza quella limpidità di sguardo eletta a modus vivendi. "Quando studiavo legge avevo un professore, un professore molto in gamba. Questo professore diceva che ci sono quelli che vedono la legge in bianco e nero e sono bravi; ci sono quelli che non sanno distinguere il bianco dal nero, che falliscono; e ci sono quelli che non solo distinguono il bianco dal nero, ma vedono anche le tonalità dei grigi. Questi saranno dannati per sempre". Ecco, le parole che le dedica Billy possono aiutarci ad esprimere la ragione per cui non abbiamo mai smesso di amare Ally: perché se in questi venticinque anni abbiamo saputo distinguere le tonalità dei grigi, un po' è stato anche grazie a lei.
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