"Quando una macchina non è una macchina?" Si chiede uno dei personaggi di Alien: Pianeta Terra, ed è questo il cuore di tutto. Sempre più spesso i prodotti di intrattenimento come film, serie o videogiochi sembrano ruotare attorno ad un'unica fondamentale e antica domanda: cosa ci rende umani? Nell'era della nascita ed esplosine delle IA questo quesito si sta facendo sempre più pressante così come pressanti e ricorrenti sono tutte quelle congetture e disquisizioni sul rapporto tra coscienze reali e digitali. Quesiti filosofici, quasi etici, ai quali non si sottrae nemmeno questa nuova produzione incastonata nell'universo di una delle più celebri saghe cinematografiche, disponibile dal 13 agosto du Disney+, che fa approdare nei nostri lidi uno dei mostri cinematografici più amati e terrificanti: lo Xenomorfo.

Creata da Noah Hawley, questa nuova serie, figlia dei film nati dalla mente di Ridley Scott e ai quali grandi registi si sono poi susseguiti alla direzione, è ambiziosa sia nella scrittura che nella rappresentazione visiva, con 8 episodi da circa un'ora l'uno, estremamente densi e ricchi di dettagli e nuovi elementi da aggiungere alla lore. Riusciranno però tutte queste nuove idee a raccordarsi per trovare un equilibrio convincente tra vecchio e nuovo?
Se lo Xenomorfo arriva sulla Terra

È il 2120 e una nave spaziale si schianta sulla terra nel centro di una metropoli. Ad intervenire, oltre alle forze di soccorso, sono un gruppo di sintetici guidati dalla determinata Wendy ma, quello che i più all'inizio ignorano, è che quelli che compongono questa strana squadra potrebbero essere la nuova frontiera dell'umanità: ibridi dal corpo robotico ma coscienza umana, ragazzi che si sono visti regalare, dopo una tremenda malattia, una seconda possibilità di vita, "bimbi sperduti" in cerca di nuove certezze. Ma, proprio come nella tanto citata fiaba di Peter Pan, non è tutto oro ciò che luccica e la Prodigy, corporazione a capo del progetto, ovviamente vede in questa nuova frontiera un'opportunità di guadagno e sfruttamento che si estende anche al carico di quell'astronave piombata proprio nel cuore di un loro edificio: un enorme laboratorio di ricerca che racchiude creature letali da diversi angoli nel cosmo. Se nello spazio nessuno poteva sentirti urlare, sulla Terra le cose possono prendere una piega decisamente differente.
Corpi umani e corpi meccanici al centro di Alien: Pianeta Terra
L'aspetto più significativo di Alien: Pianeta Terra risiede nei personaggi, nella loro scrittura. Per tutti i sei episodi il focus si sposta su di loro in modo che lo spettatore possa indagarli, capirne la psicologia e così comprendere le motivazioni o gli istinti dietro le loro azioni. Tra umani e sintetici il mostro spaziale diventa una semplice allegoria della bramosia umana, un mezzo per esprimerla e mostrala e poco di più. Risiede infatti qui la prima criticità di questa serie: lo Xenomorfo non è il protagonista. Ovviamente è ancora pericoloso, letale e istintivamente crudele, ma appare come parte di una fauna galattica che, al suo pari, non scherza in quanto a pericolosità e astuzia. Da questo presupposto si sviluppano quindi un certo numero di scelte narrative che introducono nella lore diversi nuovi elementi, non tutti purtroppo riuscitissimi, che ampliano la mitologia di Alien aprendo molte strade.

L'attenzione maggiore, infatti, è riservata stavolta ai sintetici ed è questo l'aspetto che risulta più solido. Ambigui, freddi e e amorali perseguono uno scopo mossi dal solo rigore della logica, ignorando le affezioni umane per promuovere l'efficenza ma, con la nascita degli ibridi e l'apertura al transumanesimo, ecco che tutto si ribalta, ecco che la fragile psiche umana può venire facilmente schiacciata dal peso di un corpo artificiale. La tematica introdotta al cinema nel lontano 1927 in Metroplis e tanto cara a Leiji Matsumoto in Galaxy Express 999, torna con gli stessi dilemmi nell'universo di Alien ma con la consapevolezza che il mondo attuale sta andando concretamente in quella direzione e che, forse, la nostra eccessiva arroganza sia più letale di un manipolo di agghiaccianti creature spaziali.
Il ruolo dello Xenomorfo

Visivamente, inoltre, Alien: Pianeta Terra si allinea pienamente con la saga cinematografica: la tecnologia appare come un affascinante ibrido tra digitale ed analogico e sia gli ambienti che i costumi riflettono l'estetica impostata negli anni ottanta. Qualche perplessità sulla resa degli alieni, in particolare dello Xenomorfo che, nel probabile tentativo di renderlo visivamente tangibile, risulta in alcuni momenti decisamente posticcio: un pupazzone forse anche un po' meno aggressivo di come lo ricordavamo.

È arrivato quindi il momento di rispondere alla domanda iniziale: ci avrà convinto questa serie? Purtroppo solo in parte. Nel voler affrontare un numero considerevole di tematiche e situazioni Alien: Pianeta Terra perde un pezzo della sua anima, tradendo lo spirito della saga senza però prendere una direzione decisa perché, ridimensionando lo Xenomorfo, assimilandolo ad una fauna fatta di sole creature letali, se ne perde anche il fascino e il terrore che tanto ci aveva divertito e intrigato in quello spazio siderale nel quale non c'era salvezza.
Conclusioni
Alien: Pianeta Terra cerca di attualizzare la saga rendendola più aderente alle tematiche contemporanee. Per farlo Noah Hawley sceglie di prediligere le tematiche e la scrittura alla componente horror, decretando però la perdita di quel fascino letale e oscuro che teneva lo spettatore incollato allo schermo. L’aspetto più riuscito sono quindi i personaggi ben caratterizzati, complessi e autentici, uniti ad una riflessione sensata sul rapporto tra noi e l’intelligenza artificiale.
Perché ci piace
- Le tematiche: quella sull'IA in primis.
- I personaggi, interessanti e profondi.
- Il tentativo di ampliare la mitologia di Alien...
Cosa non va
- ...che però ha tradito il vero spirito della saga.
- Lo Xenomorfo relegato a figura di contorno.