Se nello spazio profondo nessuno poteva sentirti urlare, cosa succederebbe se l'orrore dello Xenomorfo piombasse sulla Terra? Questo e molto altro lo racconta Alien: Pianeta Terra, la nuova serie arrivata su Disney+ che riprende le fila dell'universo ideato da Ridley Scott e che, sotto la guida e la penna di Noah Hawley, si propone il difficile compito di attualizzare una saga cult, adattando tutto al piccolo schermo e ai dettami della narrazione episodica. Ecco quindi che facciamo la conoscenza di Wendy, un ibrido sintetico-umano che, insieme ad altri come lei, si ritrova a far fronte all'emergenza scaturita dall'impatto sul nostro pianeta di una nave spaziale a scopo di ricerca. Quello che ne scaturisce oltre a violenza e paura è la consapevolezza che la linea tra sintetici, umani e alieni potrebbe essere più sottile di ciò che si pensa.
Come è nato il progetto

Hawley durante la conferenza di presentazione della serie ha raccontato la nascita dell'idea e della sceneggiatura, ovvero una scrittura che come obiettivo principale sembra aver avuto quello di raccontare attraverso un ipotetico futuro le contraddizioni e insidie del nostro tempo: "Per me, è iniziato tutto dal fatto che sto crescendo dei figli in un mondo in cui la natura sta iniziando a rivoltarsi contro di noi e anche la tecnologia che abbiamo creato potrebbe farlo. Quando mi hanno chiesto se avessi qualche idea per Alien, ho subito pensato che la saga parlasse di questo: di questi mostri primordiali che cercano di uccidere Sigourney, uniti all'intelligenza artificiale. Quindi l'umanità è intrappolata tra il futuro dell'IA e i mostri del passato."
In Alien: Pianeta Terra, poi, è ricorrente un'altra narrazione che conosciamo molto bene, ovvero la storia di Peter Pan che viene usata come modello ispirazionale per allevare gli ibridi che fino a poco prima altro non erano che ragazzini: "Una volta che ho iniziato con l'idea di portare i bambini in questa storia, quindi menti umane trasferite in corpi sintetici, l'analogia con Peter Pan è arrivata subito dopo."
Alien: Pianeta Terra racconta il presente

La scelta difficile, a detta di Noah Hawley, sembra poi essere stata quella di ricalibrare gli elementi dei film per adattare tutto alle dinamiche di una serie tv: "Beh, un film di Alien alla fine è una storia di sopravvivenza di due ore, mentre per la serie televisiva bisognava investire in molti personaggi che non muoiono ed esplorare sia loro che i temi che sono stati introdotti nel franchise, quindi la sfida per me è stata togliere i mostri per un minuto e pensare cosa servisse alla serie. Dov'è il dramma in cui investire settimana dopo settimana? Abbiamo allora creato la componente drammatica nella quale ci sono anche molti mostri umani, per esplorare molte questioni riguardanti il mondo in cui viviamo, proiettatole nel futuro."
L'importanza del personaggio di Wendy

Personaggio cardine dell'intera storia, come abbiamo accennato, è colei che viene chiamata Wendy, una ragazzina gravemente malata la cui coscienza e mente sono state trasferite in un corpo sintetico dalle fattezze di un'adulta. La sua interprete, Sydney Chandler, ha dovuto quindi trovare un modo per rendere tutto questo attraverso la sua interpretazione: "Sì, Wendy è una pagina bianca. Sento che Noah è stato in grado di creare un personaggio molto stratificato e concreto. C'è stata una sorta di collaborazione per rendere Wendy in quel modo. Avevo questa immagine di due calamite che avvicinandole l'una contro l'altra non riuscendo a toccarsi. Proprio come la sua mente e questo corpo, che è un territorio sconosciuto."
Un terrore indimenticabile
Il primo approccio con uno Xenomorfo non si dimentica facilmente e, proprio per questo, il cast ha condiviso qualche ricordo. Babou Ceesay, interprete dell'ambiguo Morrow, ricorda con precisione la prima volta che ha visto un film di Alien: "Forse è stato troppo presto, avevo 9 o 10 anni, in Africa, su un canale televisivo francese e mia madre mi rimproverò perché pensava fosse una VHS. Era in inglese, ma aveva i sottotitoli, e mi ha spaventato molto. Il momento nel quale esce dal petto di un personaggio mi sembrò fin troppo reale. E poi ora ho incontrato un vero Xenomorfo sul set, riesci a crederci? "

Samuel Blenkin, volto del ragazzo prodigio a capo di una delle corporazioni che dominano la scienza e la politica terrestre, è stato più cauta da giovanissimo: "Avevo 13 anni e non riesco ancora a guardare film horror. Sono terrorizzato dall'horror. Recitare è molto più facile e meno spaventoso. La parte che ricorderò sempre è quella in cui dopo l'attacco del facehugger, la persona si sveglia e sembra star bene e invece dopo 20 o 30 minuti accade la cosa più orribile che possa capitare. Penso sia una narrazione geniale."