A volte per capire la portata di un fenomeno servono dati concreti, numeri. Quelli che ci vengono elencati in apertura del nostro incontro con Alessandro Borghese in occasione della presentazione dei nuovi episodi speciali, tre per l'esattezza, che aprono il decimo anno di 4 ristoranti: in questi primi 10 anni di programma, Borghese ha mangiato in 480 ristoranti, toccando tutte le regioni italiane (oltre venti volte in Lombardia), consumando 1924 dolci e 336 special, dando ben 22 volte il fatidico voto 10. E, soprattutto, ben 46 volte ha ribaltato il risultato.
Poche? Forse, ma è lui stesso a specificare che "lo devono permettere i numeri, lo deve permettere la situazione". Numeri che fanno capire quel che è stato 4 ristoranti in questi suoi primi dieci anni e che abbiamo avuto l'onore di commentare insieme a colui che ne è artefice e simbolo, uno degli chef più popolari e amati d'Italia.
E ne capiamo il motivo sin da subito, appena inizia il collegamento, quando si impegna a salutare uno per uno tutti i giornalisti collegati all'incontro, sorridente e cordiale, oltre che disponibile a rispondere a tutte le nostre domande e curiosità, lasciandosi andare anche a un paio di divertenti retroscena che hanno reso unico il cammino dello show Sky Original prodotto da Banijay Italia, dal 22 dicembre tutte le domeniche alle 22:15 in esclusiva su Sky Uno e in streaming solo su NOW.
Dieci anni e un bilancio doveroso
Si parte da subito parlando dell'intervallo di tempo dall'inizio di Alessandro Borghese - 4 ristoranti a oggi: cosa è cambiato, in positivo o in negativo, dal debutto a oggi? "In positivo è sicuramente cambiata la consapevolezza dei ristoratori, del loro mestiere e del modo in cui conducono le loro attività. Un'evoluzione in positivo dell'igiene delle cucine, del modo in cui vengono accolti i clienti. 4 ristoranti ha insegnato un linguaggio nuovo e anche i giovanissimi, i ragazzini di 8 o 9 anni, sono super appassionati e vogliono 'giocare' a 4 ristoranti quando vanno al ristorante con i genitori. Ma anche gli adulti hanno dei punti di riferimento per giudicare quello che è una buona ristorazione." E ormai sappiamo tutti, infatti, che se arriviamo in un ristorante e troviamo nel menù "sushi, pizza, brace, c'è qualcosa che non va."
Ma c'è anche un'altra faccia della medaglia, il contraltare di questa consapevolezza: "c'è più malizia, più conoscenza, anche se la domanda che molti mi fanno è: se sanno che stai arrivando, come è possibile che la cucina sia sporca? Perché è un mestiere difficile e il saper fare ristorazione in maniera corretta è qualcosa che devi avere dentro, altrimenti puoi pulire la cucina anche il giorno prima, ma troverò sempre un angolo sporco, perché non si ha quella forma mentis. In questo mestiere o hai la costanza, o ti becco subito."
Può essere, quindi, un'arma a doppio taglio partecipare a 4 ristoranti? "Partecipare è un'enorme visibilità, a prescindere" ci dice Alessandro Borghese, "anche perché il telespettatore ha un suo vincitore morale, che spesso non è quello che vince la puntata. Quindi anche solo partecipando il ritorno di visibilità è enorme." Anche se poi si trova la cappa sporca o altri difetti? "Devi essere certo delle tue possibilità e della tua attività, devi metterti in gioco con trasparenza e dire 'Eccomi'."
E Alessandro Borghese avrebbe partecipato con un suo ristorante? "Sì. Ho lavorato in cucine professioniste da trent'anni e i miei ristoranti sono lo specchio del mio lavoro. Nei miei ristorante, a fine cena, porto il taccuino per far divertire tutti a giudicare me. Sarei un'ipocrita se non lo facessi, quindi sia a Venezia che Milano a fine cena arriva il conto e il taccuino per i voti, come quello della trasmissione. Quindi sì, avrei partecipato, perché se lavoro nella maniera corretta non devi aver nessun genere di timore." Anche perché, come sottolinea lo chef, si vedono gli errori, ma anche le cose positive, la cappa sporca ma anche "un risotto da dieci".
Dieci anni di un ruolo difficilissimo
Si ragiona anche sul ruolo di Alessandro Borghese nel programma, quello di giudice, di ipotetico cliente, ma anche di persona che può impattare sulle attività di persone, per le quali lo chef dimostra massimo rispetto, perché "dietro ci sono famiglie, persone che hanno investito soldi" e passione. Ma c'è un'ulteriore difficoltà a cui spesso noi non pensiamo: "siete mai andati a cena quattro sere di fila con gli stessi quattro amici?" Ci riflettiamo su e in effetti non è semplice: "lo devo fare tutte le volte e ogni volta devo trovare argomenti e modi per poter coinvolgere queste quattro persone che tutte le sere se ne vanno a cena insieme" per fare in modo che gli spunti non si esauriscano la prima sera e che si possa tenere la conversazione per tutte tappe della puntata.
Ma il lavoro di Alessandro Borghese è un po' anche quello dello psicologo, di gestione del rapporto con i concorrenti che si trovano invasi da una troupe di trenta persone e possono spaventarsi. È necessario gestire la situazione, tranquillizzarli, in generale "metterli a proprio agio" per far sì che tutto fili liscio e che si riesca a girare la puntata nel migliore dei modi. A portare a casa il risultato, in definitiva. Ed è infatti lui centrale e fondamentale per la tenuta del programma, che non ha mai pensato di mollare o delegare: "Faccio fatica a pensare che sono passati dieci anni, perché mi sembra di aver appena sfiorato la superficie di un'Italia da raccontare meravigliosa. Il programma nasce con il mio nome all'inizio, è come se fosse mio figlio e non ho mai pensato né di mollarlo né di affidarlo a qualcuno."
Di errori e altri aneddoti
Si ripercorrono i dieci anni, si riflette sul meglio e peggio capitato in questo lungo cammino. E il peggio è spesso legato al voler stravolgere la tradizione, come la famigerata carbonara di mare che ogni tanto capita: "o è carbonara o è un buon piatto di pesce" ci dice lo chef Borghese, "si ostinano a pensare che la carbonara di mare è una cosa figa". Ma si ricordano anche aneddoti, come lo chef di Catania fuggito via dopo avergli servito un pesce alla brace senza averlo pulito: "arrivano gli autori e mi chiedono di intervenire perché il cuoco è andato via, è fuggito su un pontile e non vuole tornare."
Un intervento che rientra in quell'essere anche un po' psicologo, nel tranquillizzare i ristoratori e gli altri interlocutori con cui ha a che fare. Un lavoro che fa alla perfezione e lo confermano i buoni rapporti che ancora ha con tutti loro: "ho una mia mappa mentale di ristoranti in cui siamo stati. A volte siamo in giro per arrivare a una nuova destinazione e mi ricordo di un ottimo piatto mangiato in zona. Chiamo e andiamo a trovare un vecchio concorrente per mangiare da lui."
Nuovi episodi per 4 Ristoranti con una importante novità
Nuovi episodi e una importante novità: per la prima volta c'è una puntata con ospite, ovvero Lillo, per la puntata sulla miglior osteria verace di Roma est. In che modo influisce sul format e le dinamiche del programma? E, soprattutto, è un esperimento che si può ripetere? "Per la prima volta in dieci anni ho voluto un ospite seduto con noi a tavola e ho scelto Roma che è un po' nel mio cuore, essendoci cresciuto pur non essendoci nato. La dinamica è divertente e non ho voluto un addetto ai lavori, ma qualcuno con cui interfacciarmi, ridere e giocare, perché è comunque un programma di intrattenimento per le famiglie e deve essere qualcosa di gioioso. E ho voluto un buongustaio, che è fondamentale. L'interazione è divertente perché è un voler entrare nelle mie dinamiche di programma, nei miei tormentoni che negli anni ho creato, cercando di essere una chiave di rottura all'interno di queste dinamiche." Un esperimento quindi, un tentativo. "E devo dire che è riuscito, ne sono molto contento, e assolutamente si può replicare, ma ci vuole il soggetto giusto."
E il futuro dello show?
E in attesa di trovarlo non mancano i desideri per il futuro del programma: "mi piacerebbe andare di più all'estero, perché il ristoratore italiano oltre confini ha una mentalità e dinamica completamente diversa, perché c'è un po' di adattamento al luogo che li ha adottati e alla cucina e le abitudini, portandosi dietro la loro regionalità e italianità." Le puntate all'estero hanno infatti un sapore unico, anche per quelle contaminazioni e dialetti che le accompagnano, e sono assolutamente ripetibili perché "ovunque vai nel globo, quattro ristoranti italiani ci sono, dal polo sud al polo nord, e aggiungono un respiro ancora molto lungo a un prodotto che amo e che ha fatto parte e fa parte della mia vita." Il tutto portando avanti una missione: "raccontare il territorio, raccontare le diversità, raccontare l'Italia, le regioni", un punto fondamentale per lui, per gli autori e il regista, per "un lavoro di squadra che è cambiato negli anni pur mantenendo gli stessi pilastri: facciamo sempre un passo in più per cercare di aggiungere sempre qualcosa, che vuol dire fare altri 50 chilometri per andare a vedere e riprendere qualcosa che sia un valore aggiunto al nostro racconto del luogo."
Per raccontare un'Italia "che non è solo quella delle grandi città, di Roma, Milano, Firenze, Venezia, ma un paese che cambia di cinquanta chilometri in cinquanta chilometri, che cambia come abitudini e morfologia." E soprattutto per continuare a creare una consapevolezza e impattare sul linguaggio e le abitudini degli spettatori di ogni età, che insieme a 4 ristoranti stanno crescendo da 10 anni.