A quattro lunghi anni dal loro ultimo film di finzione, se trascuriamo l'ibrido Anplagghed al cinema (la riproposizione su grande schermo del loro spettacolo teatrale) il trio comico più famoso d'Italia torna alla ribalta per questo Natale 2008 con un nuovo film, decisamente atipico ma assai interessante dal punto di vista strutturale. Più che quattro episodi, quelli visti ne Il Cosmo sul Comò sono quattro piccoli film assai diversi tra loro, ognuno dei quali avrebbe potuto avere uno sviluppo da lungometraggio, legati tra loro da una quinta storia che fa da filo conduttore. A fare da collante tra le quattro avventure dei nostri eroi sono infatti gli insegnamenti alquanto bizzarri, elargiti all'ombra di un grande albero di ginko biloba, dal maestro di arti orientali Tsu' Nam (Giovanni) ai suoi due discepoli Pin e Puk (Aldo e Giacomo). Concezione strutturale assai diversa rispetto al passato, ma le novità non sono tutte qui perché, udite udite, alla regia del film dopo anni e anni di glorioso sodalizio con Massimo Venier troviamo stavolta Marcello Cesena (il baronetto Jean Claude di Sensualità a Corte, lo sketch parodistico proposto all'interno di Mai dire Martedì) regista e sceneggiatore televisivo al suo terzo lungometraggio cinematografico. Ma non è finita, perché ne Il Cosmo sul Comò vedremo per la prima volta sul grande schermo Aldo, Giovanni e Giacomo indossare invasivi travestimenti ed un uso a dir poco avanguardistico di effetti speciali.
Nel cast anche il loro amico e collega televisivo Raul Cremona, una strepitosa Angela Finocchiaro, Luciana Turina, la 'Iena' di MTV Victoria Cabello e l'immancabileSilvana Fallisi.
I tre attori, accompagnati dal regista e dal loro storico produttore Paolo Guerra, hanno presentato il film a Roma raccontando la genesi del progetto, le grandi novità che li hanno visti protagonisti e le loro aspettative in termini di incassi.
Com'è nata l'idea di realizzare un film a episodi così diverso dal vostro solito?
Giacomo Poretti: Avevamo tantissime idee in mente, troppe e troppo diverse tra loro per farne un film soltanto. E' anche vero che due delle storie avrebbero meritato uno sviluppo più ampio, ma alla fine abbiamo deciso di sacrificarli a vantaggio di un film innovativo e a nostro avviso stimolante. Pensiamo che la struttura a episodi si addica al nostro modo di fare comicità e che possa accompagnarci anche in futuro.
Marcello Cesena: Il Cosmo sul Comò è effettivamente un film variegato, sia dal punto di vista visivo che stilistico. Mettendo insieme in un solo film e in una sola storia tutto quel che avevamo in mente avremmo rischiato di fare un minestrone senza capo né coda. Lo sforzo produttivo e scenografico è stato notevole, per questo abbiamo deciso a tavolino sin dall'inizio quel che volevamo realizzare e come lo avremmo ottenuto.
Signor Cesena, come ha fatto a convincere Aldo, Giovanni e Giacomo a travestirsi?
Marcello Cesena: Non è stato facile, come al solito non volevano sentire ragioni, pensavano di fare come nei loro film precedenti, di indossare sempre gli stessi vestiti dall'inizio alla fine del film. Quando è balzata fuori l'idea dell'episodio del maestro orientale Tsu' Nam e del santone esperto di medicina ayurvedica si sono convinti che fosse necessario esprimere la loro comicità in modo completamente diverso da quello classico. Per Giovanni è stato molto complicato sottoporsi ad una trasformazione fisica così radicale, ma ne è valsa la pena.
Come vi siete trovati a lavorare per la prima volta con un regista diverso?
Aldo Baglio: In realtà lo abbiamo plagiato, è stato sin dall'inizio un pupazzo nelle nostre mani (ride), l'abbiamo manipolato in ogni modo. Bisognerebbe chiedere a lui come si è trovato con noi, sarà distrutto dopo questa esperienza...
Marcello Cesena: Mi sono trovato molto bene, al contrario di quanto mi aspettassi all'inizio. Pensavo di andare a fare un lavoro tipo quello del vigile urbano, dirigere tre attori che da decenni lavorano insieme e che fino a quel momento avevano lavorato con un metodo e con un regista del tutto diversi mi spaventava. Lo scenario è stato per fortuna molto diverso, c'è stata molta collaborazione, non ho solo dovuto dirigere i lavori ma ho contribuito moltissimo allo sviluppo e alla creatività del progetto. Sono stato un po' l'occhio esterno del trio, quello che giudica da fuori quel che accade all'interno.
L'impressione è che non siate riusciti ad essere cinici e cattivelli come in passato...forse è il Natale a rendervi particolarmente buoni?
Giovanni Storti: Tutto quel che aleggia nell'aria tra un episodio e l'altro non mi sembra poi così rassicurante, c'è follia ed una vena di grottesco molto marcata nell'episodio dei Falsi Prigionieri, come anche nell'episodio della maternità. La verità è che avremmo sempre voluto essere più cattivi ma non ci riusciamo proprio, forse non ci siamo mai riusciti neanche in passato, anzi le nostre storie hanno avuto sempre come fondamento l'amicizia e l'amore.Com'è cambiata la vostra comicità rispetto agli inizi e all'esperienza televisiva?
Aldo Baglio: Non ci siamo mai allontanati dal modello di comicità che ci ha unito tanti anni fa quando abbiamo iniziato. Quello che ci caratterizzava di più all'inizio era forse un po' di follia, un po' di grinta in più e l'entusiasmo di chi si avvicina ad un mondo di cui ha sempre desiderato far parte; poi col passare degli anni abbiamo provato a dare più spessore alle nostre storie a scapito forse della spettacolarità.
Giacomo Poretti: Ora nei nostri lavori emerge qualche sfumatura in più e qualche tratto di 'insofferenza sociale' che forse dieci o quindici anni fa non c'era. D'altronde quel che ci accade intorno inevitabilmente ci influenza, ma non ci siamo mai allontanati troppo dalla nostra comicità tradizionale.
Perché avete scelto di nuovo l'uscita natalizia?
Giacomo Poretti: In realtà non abbiamo scelto noi, è Medusa che ci ha obbligato (ride). Il pubblico a Natale è ovviamente più vasto e molta più gente può venirci a vedere. Il cinema è l'unica cosa che non è aumentata dal passaggio dalla lira all'euro ed è tuttora la forma di divertimento meno costosa che c'è in giro. Gli studiosi di economia dicono che quando c'è crisi la gente spende di più per divertirsi...speriamo che almeno stavolta ci prendano. Noi ci accontenteremmo del terzo posto (dopo Natale a Rio e Madagascar 2, ndr), se poi andrà meglio ne saremo felicissimi.
Mentre qualcuno continua a puntare su quel tipo di comicità definita 'pecoreccia', fatta di gag volgarotte e di parolacce sparse, voi sembrate andare in tutt'altra direzione. Perché secondo voi il pubblico premia di più questo tipo di film?
Giovanni Storti: non abbiamo mai abusato di questi mezzi, anzi stiamo sempre lì a contare quante volte diciamo questa o quella parolaccia, anche negli spettacoli teatrali. Nei nostri lavori cerchiamo anzi di metterla alla berlina la volgarità, di farne anche degli sketch divertenti, siamo però dell'opinione che qualche volta è proprio indispensabile e tanto liberatorio usare qualche parolaccia. Quando il pubblico va in sala sa cosa va a vedere, è una loro scelta e noi la rispettiamo.
In ultima battuta, ci spiegate il perché di questo titolo così bizzarro?
Giovanni Storti: La saggezza, tema portante del film e unico mezzo che può aiutarci ad affrontare la vita quotidiana e i piccoli grandi problemi che la caratterizzano, è spesso a portata di mano lì sul comò di casa. A volte basta solo girarsi e saperla catturare, ma spesso non ne siamo capaci e ci arrabattiamo nei modi più ridicoli.