Recensione Suicide Room (2011)

Il film cerca di trovare una rappresentazione visiva dell'ambiente virtuale che fa da sfondo agli incontri dei ragazzi, per renderla accattivante dal punto di vista cinematografico, e lo fa usando sequenze in CGI semplici, ma graficamente curate e ben realizzate. A differenza di altri casi, seppur mantenendosi distante dalla realtà di questi ambienti, ne riesce a riprodurre un certo feeling, anche grazie all'alternanza con le immagini da webcam dei ragazzi, che contribuisce ad enfatizzare l'aspetto umano del fenomeno.

Al confine della solitudine

E' difficile essere adolescenti oggi. Troppe pressioni, tanti input, tante incredibili opportunità, ma anche incredibili ossessioni. Per Dominik tutto sembra andare per il meglio, nel periodo che lo conduce al diploma di scuola superiore, tra sport, amici e la giusta dose di cultura, dalla musica alla lettura. Ma anche per lui la vita si rivela un campo minato di giudizi e dita (virtuali) puntate, pronte ad esplodere in seguito ad un paio di eventi imbarazzanti che lo vedono protagonista e che finiscono irrimediabilmente su web. Tutto per lui cambia ed il ragazzo si chiude in casa, trovando conforto online in Sylvia ed il suo gruppo di amici noto come Suicide Room, dedito alla condivisione di atti e discorsi estremi, tra automutilazione e tendenze suicide. Per Dominik inizia un percorso che, accanto a Silvya, conduce ad una strada molto pericolosa da cui è difficile tirarsi fuori.

Come per altri film che hanno cercato di approfondire il fenomeno delle community online, Suicide Room cerca di trovare una rappresentazione visiva dell'ambiente virtuale che fa da sfondo agli incontri dei ragazzi, per renderla accattivante dal punto di vista cinematografico, e lo fa usando sequenze in CGI semplici, ma graficamente curate e ben realizzate. A differenza di altri casi, non per ultimo Chatroom di Hideo Nakata visto a Cannes, seppur mantenendosi distante dalla realtà di questi ambienti, ne riesce a riprodurre un certo feeling, anche grazie all'alternanza con le immagini da webcam dei ragazzi, che contribuisce ad enfatizzare l'aspetto umano del fenomeno, bilanciando l'inevitabile freddezza della CGI e dona un tocco di realtà alle situazioni messe in scena. Si percepiscono infatti l'isteria, le ossessioni e le illusioni che accompagnano gli incontri online, il forte legame che si instaura e la dipendenza che tutto ciò può creare.
Tutto questo è però per il regista polacco Jan Komasa solo uno dei tanti elementi di una società all'insegna dell'egoismo, che traspare sullo sfondo, in cui ognuno sembra saper esprimere sè stesso, ma senza essere in grado di ascoltare e capire il prossimo; uno stile di vita che ci uccide poco per volta, di giorno in giorno.
Non si tratta di un film perfetto e l'analisi di alcuni snodi dell'intreccio è troppo semplicistica per la complessità del problema che indaga, ma non mancano momenti d'atmosfera che sanno comunicare il disagio in cui Dominik e gli altri del gruppo online condividono, rendendo Suicide Room una pellicola interessante nel fornire un altro punto di vista su un aspetto della società contemporanea che, tra social network, online gaming e community di varia natura, sta diventando sempre più diffuso.

Movieplayer.it

3.0/5