Adriano Giannini, spietato torturatore de Le tredici rose

L'attore romano è tra i protagonisti del dramma storico, co-prodotto da Italia e Spagna, in uscita nelle nostre sale questo venerdì. Movieplayer.it l'ha incontrato per parlare con lui dell'ambiguo personaggio che interpreta e delle differenze tra il cinema italiano e le produzioni estere.

Dopo la fine della Guerra Civile in Spagna, in un paese messo in ginocchio dalla scure del dittatore Franco, tredici giovani ragazze vengono arrestate, sottoposte a un processo farsa e infine condannate a morte. Ad occuparsi dei loro interrogatori è uno spietato Commissario di Polizia dai tratti aggraziati, ma dalla crudeltà inaudita. La storia de Le tredici rose di Spagna è purtroppo vera, ennesima pagina straziante scritta dalla dittatura di turno, ma la figura di quel commissario perverso e feroce è fittizia. Si è quindi potuto concentrare unicamente sulla recitazione Adriano Giannini, che nel film veste i panni proprio del commissario Fontenla, che senza l'ansia di doversi documentare su un personaggio esistito ha potuto lavorare sulla sua ambiguità, individuata in una sessualità perversa. Insieme a Gabriella Pession e ad Enrico Lo Verso, Giannini si è recato a Madrid per prendere parte a questa ambiziosa co-produzione di Italia e Spagna che dopo due anni arriva finalmente nelle nostre sale, da venerdì 28 agosto. Abbiamo incontrato l'attore romano, impegnato attualmente sul set di Baciami ancora, seguito de L'ultimo bacio diretto da Gabriele Muccino, per una chiacchierata che spazia dal dramma storico de Le tredici rose alle differenze tra il cinema italiano e le produzioni estere.

Adriano Giannini, com'è avvenuto il suo coinvolgimento in questo progetto e perché ha deciso di prenderne parte?

Adriano Giannini: Mi è arrivato il copione de Le tredici rose, un film co-prodotto da Italia e Spagna, l'ho letto, poi ho incontrato il regista e ho accettato subito. Mi piacevano molto sia il ruolo che la storia, e ho capito che c'era un'impostazione produttiva seria da parte delle persone che ci lavoravano dentro, perciò non ho avuto esitazioni.

Come si è posto rispetto al periodo storico di cui si parla nel film? Si è documentato per interpretare il suo ruolo?

Adriano Giannini: Si tratta di un periodo di dittatura, di repressione, con una resistenza. Se vogliamo, è simile a tanti altri momenti drammatici, di varie storie, di vari paesi. Il mio approccio rispetto a questo film e al momento storico non è stato però così determinante. Non mi interessava, rispetto al mio personaggio, andare a informarmi, a tormentarmi storicamente, pensavo che non servisse. E' un film in costume, quindi è diverso da un film 'quotidiano'. C'è un'attenzione particolare per la recitazione, per i movimenti; è una costruzione diversa del personaggio. E poi, essenzialmente, mi sono concentrato sulla sua ambiguità, sul suo erotismo perverso. Questo è stato un elemento determinante per capire come si rapportava alle ragazze, a queste giovani vittime.

Qual è il suo punto di vista rispetto a questa tragedia tutta al femminile?

Adriano Giannini: Non ho ancora visto il film montato quindi non posso esprimermi sulla storia, mentre dal punto di vista del mio personaggio è talmente un sadico torturatore che non può essere giustificato in nessun modo.

Quale pensa che sia il ruolo del cinema rispetto a questo tipo di storie?

Adriano Giannini: Film come Le tredici rose servono anche a ricordare dei momenti storici. Quello raccontato qui è un periodo storico molto conosciuto in Spagna, mentre in Italia un po' meno, e si tratta quindi di una buona occasione per capire cosa succedeva accanto a noi in quegli anni.

Oltre a Le tredici rose, lei ha preso parte ad altre produzioni europee. Qual è la differenza con quelle italiane?

Adriano Giannini: I film sono sempre film. Ammetto però che spesso mi è capitato di trovare all'estero, in posti apparentemente o realmente più poveri, un'esigenza di raccontare storie superiore alla nostra. C'è un uso di minori mezzi economici, che però in molte occasioni vengono usati meglio.

Ci sono più idee e una maggior preparazione all'estero?

Adriano Giannini: Non è questione di idee. Spesso ho trovato più entusiasmo dal punto di vista produttivo e organizzativo del progetto. Probabilmente hanno quel tipo di entusiasmo che noi avevamo nel dopoguerra, perché escono da un periodo più difficile. Quindi, la voglia e l'esigenza di esprimersi è più importante.

Quali sono i suoi progetti futuri?

Adriano Giannini: Attualmente mi sto concentrando su un cortometraggio da me diretto che sto finendo di montare in questi giorni.