Un vero e proprio record: ventisei nomination, nove vittorie. Totale, trentacinque candidature. No, non parliamo di Oscar, bensì dei Razzie Award, quei premi - oggi potrebbero aver perso il loro orizzonte - che vengono dati alla vigilia degli Academy, a quei film e quegli attori reputati "i peggiori". Fa strano, oggi, pensare al record di Adam Sandler, alla luce di una vera e propria rinascita che, però, non ha tradito il suo lato giocoso, e il suo approccio ai personaggi. Newyorkese, tifoso dei Knicks e dei Jets, autore e volto del Saturday Night Live, per una comicità Anni Novanta che lo avrebbe poi portato al grande successo, sviluppando i suoi film grazie alla compagnia di produzione che ha fondato nel 1999, la Happy Madison Productions, incentrata sulle commedie.
E per certi versi, sono stati (in parte) i film da lui prodotti che hanno accollato ad Adam Sandler la nomea di essere un attore di serie B. Un giudizio sommario, ovvio, che non prende in considerazione il contesto, né lo scopo, relegando l'attore a ruoli improbabili per pellicole altresì improbabili. Hot Chick del 2002, Zohan nel 2008, il tonfo di Jack e Jill e poi la saga di Un weekend da bamboccioni. Flop tra i top, che hanno offuscato la bravura di Sandler, già dimostrata in Ubriaco d'amore, diretto da Paul Thomas Anderson. Ma, si sa, l'opinione popolare ci mette poco a buttare giù un artista e, nonostante poi la splendida prova nel drammatico Reign Over Me (che puntualizza la poetica di New York ferita dall'11 Settembre), Adam Sandler è considerato come l'attore simbolo delle commedie demenziali. Ecco, niente di più sbagliato.
Da Reign Over Me a Netflix: la rivincita di Adam Sandler
Perché poi, il bello del cinema americano, più delle storie e più dei paesaggi, è l'utilizzo che fa dei proprio interpreti. Nessuno, negli Stati Uniti, può definirsi "finito". C'è sempre un'opportunità, una sceneggiatura all'altezza, un ruolo catartico. Anzi, è proprio l'idea della rivincita, poetica e galvanizzante, che segue le tracce di dell'American Dream (o di ciò che ne rimane). La lista, in questo caso, è davvero lunga: Mickey Rourke con The Wrestler, Renée Zellweger con Judy, Brendan Fraser con The Whale. Senza scordare Nicolas Cage che, negli ultimi anni, ha affilato una serie di ruoli memorabili (da Pig a Dream Scenario). In questo senso, Adam Sandler ne è l'ennesima prova. Senza aver mai mollato il suo spirito, affrontando ogni set con l'approccio giusto in relazione alla sceneggiatura da interpretare, nel 2014 è arrivata la svolta. O meglio, l'inizio della svolta. Netflix gli ha offerto un lauto contratto - poi rinnovato nel 2017 e nel 2020 - per un pacchetto di film distribuiti in streaming. Il primo film è stato The Ridiculous 6 (pesantemente criticato, ma subito in top 10), seguito poi dalle commedie The Do-Over, Sandy Wexler e Matrimonio a Long Island. Nemmeno a dirlo, tutte entrate (e rimaste) nella top 10 Netflix.
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The Meyorowitz Stories e Diamanti Grezzi: il cinema che volevamo
Che Sandler fosse amato non c'era dubbio, ma che fosse anche bravo, il pubblico, se n'è accorto nel 2017, quando ha recitato nel sottovalutatissimo The Meyorowitz Stories, diretto da Noah Baumbach e presentato a Cannes. Con lui, nel cast, Ben Stiller, Emma Thomspon e Dustin Hoffman. "Per un attore comico è raro ricevere queste sceneggiature", spiegava l'attore, durante il passaggio sulla Croisette. "Il mio primo pensiero ogni volta è non deludere nessuno e dare il meglio". Un ruolo drammatico - il primo, a dieci anni da Reign Over Me - che ha fatto drizzare le antenne alla critica, e a Netflix. Il contratto si allunga e arriva un'altro successo commedy, Murder Mystery, dove recita in coppia con Jennifer Aniston.
Soprattutto, recita in Diamanti Grezzi di Josh e Benny Safdie. Applausi, tripudio, apoteosi. Uno dei film più forti degli ultimi anni, e una performance che vale un'intera carriera. Defraudato della nomination all'Oscar, con generale malcontento, Diamanti Grezzi, targato A24 in feat. con Netflix, è la storia di Howard Ratner, ebreo newyorkese, che gestisce una gioielleria nel diamond district di Manhattan (vicino Time Square), ritrovandosi immerso in una serie di debiti e scommesse milionarie che ruotano attorno la compra-vendita di gemme dal valore inestimabile. Una prova fisica quanto mentale, che ha fatto cambiare strada alla filmografia di Sandler: promettendo un altro film con i Safdie Bros. (anche se i due fratelli, per bizantine regole produttive, non potrebbero più lavorare insieme), e forte dell'apprezzamento generale (tra cui Martin Scorsese), Diamanti grezzi è stato per l'attore un vero e proprio plot twist, permettendo di mostrare il suo assoluto valore.
Il parquet e lo spazio
E poi? Fare meglio dopo Diamanti Grezzi è difficile, eppure la spinta di Netflix lo ha portato dove non era forse mai stato, facendosi apprezzare sia dal pubblico (oggettivamente, alcuni suoi film, anche bislacchi, sono stati un successo) che dalla critica (troppo spesso snob). Nel 2020 si ri-tuffa nella commedia, prima di abbracciare (letteralmente) un altro grande ruolo e un altro grande film, ossia Hustle di Jeremiah Zagar. Tra i migliori film sportivi recenti, Sandler interpreta una parte scritta apposta per lui: un talent-scout dell'NBA che, per superare una crisi, accetta la sfida impossibile: trovare un fenomeno da mettere sotto contratto nei Philadelphia 76ers. Un parallelo con la sua carriera abbastanza palese e, anche qui, applausi e apprezzamenti.
L'eterno di ritorno di Adam Sandler, grazie a Netflix, viene poi certificato grazie alla produzione di Leo, film animato tra i più visti sulla piattaforma, e con ora con un'altra prova, sensibilissima. Dal diamond district di New York fino ai parquet dell'NBA, adesso Adam Sandler lo troviamo ai confini dell'universo in Spaceman di Johan Renck (sempre su Netflix), nel quale diventa un cosmonauta solitario alla prese con un filosofico e amichevole ragno alieno (qui la nostra recensione). Recitando con gli occhi, sospeso a mezz'aria in una nave spaziale, Sandler al Festival di Berlino, dove è stato presentato il film, confiderà che "Spaceman è stata una grande esperienza. Vorrei più ruoli filosofici e drammatici". Un nuovo punto d'arrivo, allora, ma anche un nuovo punto d'inizio. Per l'affermazione definitiva di un talento, finalmente, senza etichette.