A Venezia 64. gli eroi senza qualità di Paolo Franchi

Nella conferenza stampa che segue la proiezione del primo film italiano in concorso il regista è accompagnato dal protagonista Elio Germano.

Eroi senza qualità, film senza applausi. Il primo film italiano in concorso a Venezia 64., Nessuna qualità agli eroi, è stato accolto, alla fine della proiezione riservata alla stampa, da un mortificante gelo che non rende giustizia ad un film certamente ostico, imperfetto, che però sa distaccarsi dalla piatta offerta che solitamente ci propone il cinema di casa nostra in quanto a temi e soluzioni visive. Ma i giornalisti, si sa, arrivano sempre in sala col coltello tra i denti quando è l'ora dei film italiani di passaggio al Lido, e sono gli stessi che hanno tributato stamattina un caloroso applauso (seppur breve) all'imbarazzante pellicola di Brian De Palma sulle abominevoli marachelle dei soldati americani in Iraq, tutte ampiamente condannabili e disgustose, ma raccontate in un film francamente inutile nel momento attuale. Nell'ambizioso (forse troppo) Nessuna qualità agli eroi di Paolo Franchi si confrontano, invece, un francese quarantenne ed un giovane italiano, interpretati rispettivamente da Bruno Todeschini ed Elio Germano, tormentati dai fantasmi dei propri padri. A Venezia per presentare il film arrivano il regista, il cast e la sceneggiatrice Daniela Ceselli.

Paolo Franchi, perché questo film, qual è stata la necessità che l'ha spinta a girarlo?

Paolo Franchi: La necessità è l'ispirazione. Non m'interessa dare un significato preciso al film che è un'opera aperta e si espone perciò alla soggettività dello spettatore. Ognuno ne può leggere ciò che gli appartiene. Suggerirei una lettura non realistica del film, ma psicanalitica: il super-io severo del protagonista lo porta ad essere un moralista essendo represso. Egli tange l'etica e così perdona l'evento, non in senso cattolico, ma nel dare qualcosa di sé.

I due personaggi del film vivono entrambi una situazione conflittuale con il rispettivo padre.

Paolo Franchi: L'uccisione del padre, a livello simbolico, è sempre sana, perché solo in questo modo si acquista una sanità mentale. Vorrei uscire dalle letture realistiche e pensare anche al padre come ad un super-io. Quello che a me interessava era il rapporto tra conscio ed inconscio.

Come spiega le scene di sesso esplicito?

Paolo Franchi: Il sesso fa parte della psiche e affrontare la sessualità significa, appunto, affrontare la psiche. Trovo ci siano valori molto profondi nel cunnilingus per esempio perché è una ricerca dell'origine, mentre la masturbazione nel sogno-delirio erotico di Luca/Germano rappresenta una grande ribellione politico-anarchica del protagonista al potere dell'arte che ha schiacciato l'uomo.

Molto forte è anche la scena del vomito che il personaggio di Germano cerca ad un certo punto di procurarsi.

Paolo Franchi: Il vomito è un tentativo del personaggio, sfibrato dal dolore, di liberarsi di un senso di colpa e i tentativi fisici in questi casi risultano spesso inutili.

Elio Germano, com'è stato affrontare un ruolo così difficile come quello da lei interpretato nel film?

Elio Germano: E' stato un lavoro diverso dalle cose fatte in precedenza perché mi sono confrontato con un linguaggio differente e con attori che lavorano in un modo non comune per me, ma con una formazione a cui mi sento particolarmente vicino. Ho cercato di avvicinarmi al mio personaggio senza imitare quei tipi psicotici già visti altrove al cinema, lasciando che mi entrasse dentro in maniera diretta, giorno per giorno durante le riprese. Ho trovato questo film molto più interessante nel percorso che ho dovuto affrontare mentre giravamo di cosa sono poi diventato io quando è terminato. E' stata una sorta di indagine personale, una tendenza a voler scardinare le resistenza che umanamente uno si pone di fronte alle tendenze che vorrebbe reprimere. Tutti noi abbiamo cercato di lasciare un'apertura, di lacerare un po' i nostri personaggi, perché le cose venissero fuori. Abbiamo fatto centinaia di ciak per raggiungere l'inconscio.

Daniela Ceselli, lei è alla sua seconda collaborazione con Paolo Franchi dopo La spettatrice. Com'è stato il lavoro in fase di sceneggiatura?

Daniela Ceselli: E' stata un'esperienza altamente formativa perché l'orizzonte che proponeva Paolo era la ricerca. Lui mette continuamente in discussione le cose e ci vuole coraggio nel demolirle ogni volta e ripartire da capo. Mi sono avvicinata alla scrittura di questo film con delle esigenze di profondità, di essenzializzare i dialoghi operando una semplificazione continua, e con la necessità di mantenere una struttura aperta, seppur circolare, ma modificabile in qualsiasi momento.