Ma come ho preso tutta questa cosa? E perché, pur venendo attaccato, di rado ho fatto sentire la mia voce e non sono mai sembrato troppo sconvolto? Bene, se l'universo è un caos maligno e insensato, che importanza può avere una piccola, falsa accusa nell'ordine delle cose?
Chi ha già avuto occasione di imbattersi nei libri di Woody Allen, che oggi compie 87 anni, sa bene come il regista newyorkese non sia mai stato troppo loquace in merito al proprio lavoro, né possa essere considerato un campione d'autostima. E benché la notizia della pubblicazione nel 2020 della sua autobiografia, edita in Italia da La nave di Teseo, possa aver fatto sperare di leggere ampie dissertazioni sulla filmografia alleniana, sarebbe più saggio ridimensionare le aspettative: certo, A proposito di niente riserva una miniera di curiosità e di aneddoti, ma l'intenzione di Allen era tutt'altro che quella di cimentarsi con esegesi delle proprie pellicole o di approfondire dettagli tecnici e segreti del mestiere. Piuttosto, queste quattrocento pagine offrono una gustosa incursione nel suo percorso professionale, intrecciato con episodi della vita familiare e privata di un personaggio che ha segnato come pochi altri il panorama culturale dell'ultimo mezzo secolo.
Woody Allen fra scandali e damnatio memoriae
E riguardo alla sua vita familiare e privata, è impossibile ignorare l'elefante nella stanza: il "pasticciaccio brutto" con Mia Farrow e le infinite controversie che, dal 1992 a oggi, hanno continuato ad affliggere il regista di Io e Annie e Manhattan. E Woody Allen, dal canto suo, non ha alcuna intenzione di ignorare l'elefante: al contrario, in A proposito di niente decide di prendere di petto questa lunga e tormentata questione, che infatti occupa un enorme spazio all'interno del volume. Una questione che, dopo aver capitalizzato l'attenzione dei media fra il 1992 e il 1993, è tornata prepotentemente alla ribalta nel gennaio 2018, in seguito a un'intervista televisiva di Dylan Farrow, figlia adottiva di Woody e Mia, con una reiterazione delle accuse di molestie sessuali: le stesse accuse lanciate da Mia Farrow all'indirizzo dell'ex-partner nel 1992, ma ritenute prive di fondamento al termine di due diverse indagini.
Ma a dispetto delle conclusioni degli inquirenti e delle numerose testimonianze che smentivano la versione di Dylan e Mia (incluse quelle delle baby-sitter e dell'altro figlio adottivo della coppia, Moses Farrow), dal 2018 ha avuto inizio una gogna mediatica che, in primo luogo negli Stati Uniti, ha portato a un feroce boicottaggio nei confronti di Woody Allen e dei suoi film. Un boicottaggio che avrebbe coinvolto il libro stesso, con l'abbandono dei diritti da parte della compagnia editoriale Hachette alla vigilia della pubblicazione (in America, Apropos of Nothing sarebbe stato dato alle stampe pochi giorni più tardi, nel marzo 2020, grazie ad Arcade Publishing). Impossibile, pertanto, non vedere l'autobiografia di Woody anche come una reazione a un tentativo di damnatio memoriae che vorrebbe accomunare Allen ad Harvey Weinstein e ad altri molestatori appartenenti all'ambiente dello spettacolo, a prescindere dai differenti gradi di credibilità delle accuse e dai risultati delle relative inchieste.
A proposito di niente: 10 curiosità che abbiamo scoperto dall'autobiografia di Woody Allen
Tutto (o quasi) quello che avremmo voluto sapere su Woody
A ogni modo, prima dell'apologia in risposta a chi ha scelto di bollare Allen come pedofilo, A proposito di niente adempie alla sua promessa di autobiografia canonica, ripercorrendo per intero la vita dell'autore: dall'infanzia e la giovinezza a New York alla scoperta del suo talento comico, che lo avrebbe portato a diventare un affermato scrittore di sketch per la televisione; dall'esordio in qualità di sceneggiatore e di attore con la commedia Ciao Pussycat ("La scienza deve ancora scoprire il rapporto tra la bruttezza di un film e il suo successo") all'avvio di una carriera da regista nel corso della quale Allen avrebbe sempre preteso il totale controllo creativo sui propri progetti. Da Prendi i soldi e scappa a Un giorno di pioggia a New York, con un fugace accenno a Rifkin's Festival (uscito nelle sale un anno dopo il libro), Woody tocca tutti i titoli della sua produzione, compresi quelli che lo hanno visto cimentarsi solo in veste di interprete (Provaci ancora, Sam, Il prestanome, Storie di amori e infedeltà, I ragazzi irresistibili).
Cosa aspettarsi, insomma, da questo viaggio attraverso una delle filmografie più ricche e affascinanti che un singolo cineasta possa vantare? Chi ha già letto i due deliziosi libri-intervista ad Allen realizzati dal suo biografo Eric Lax, Conversazioni su di me e tutto il resto (2007) e Woody Allen dall'inizio alla fine - Un anno sul set con un grande regista (2017), può farsi un'idea del tono adottato da Woody nel parlare dei propri film, della salutare leggerezza nel riflettere su loro vizi e virtù, nonché sulle sue opinioni rispetto a determinate pellicole: il ben noto (e inspiegabile) imbarazzo per Manhattan ("Alla United Artists proposi di fare un film gratis se non lo avessero distribuito"), la severità riservata alla maggior parte delle sue opere drammatiche, ma di contro pure la soddisfazione per quelli che Allen ritiene i propri esiti migliori, come Match Point o il recente La ruota delle meraviglie.
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Dentro e fuori dal set
Sarebbe pleonastico sottolineare l'ironia - e l'autoironia - che accompagna queste pagine, con un fuoco di fila di battute che riverberano le peculiarità della scrittura di Allen (peculiarità già messe a frutto in decine di commedie memorabili) e rendono A proposito di niente una lettura piacevolissima, in cui l'autore non corre mai il rischio di prendersi troppo sul serio. Ovviamente, l'aneddotica costituisce una componente essenziale della vivacità del libro: sono innumerevoli gli episodi con cui Woody, talvolta in poche, formidabili righe, riesce a strapparci un sorriso o una risata. Uno su tutti, quando invitò Geraldine Page e Maureen Stapleton a casa sua poco prima delle riprese di Interiors: "Chiedo: 'Volete qualcosa da bere?' Avete capito dove si va a parare. Stacco a due ore dopo: nessuna delle due si regge in piedi. [...] E così imparai a non mescolare alcol e lavoro".
Ma oltre all'aspetto professionale, dicevamo, c'è anche la vita privata: le parole di adorazione per Diane Keaton, sua storica partner dentro e fuori dal set ("Ci sono personalità che illuminano una stanza. La sua illuminava un viale"), e i ricordi di altre relazioni importanti. Ricordi, però, in cui l'umorismo e la tenerezza possono mescolarsi con note di spiazzante sincerità: è il caso del matrimonio, appassionato ma di breve durata, con Louise Lasser, di cui Allen parla con affetto ma soffermandosi anche sui problemi psichici della donna. E c'è, immancabilmente, la descrizione del rapporto ormai trentennale con la moglie Soon-Yi Previn, affiancata da un resoconto delle vessazioni subite da Soon-Yi e da suo fratello Moses da parte della madre adottiva Mia Farrow; non si tratta di rivelazioni inedite (Moses aveva già denunciato a chiare lettere le violenze fisiche e psicologiche attuate dalla Farrow), ma lo scenario da incubo che ne viene fuori basta a far rabbrividire quanto la scena delle grucce in Mammina cara.
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Nella macchina del fango (e come sopravvivere)
Sono momenti come questi a sintetizzare il paradosso alla radice del libro e della sua doppia anima. Per più di duecento pagine, A proposito di niente corrisponde esattamente al tipo di "autobiografia di Woody Allen" che avremmo potuto leggere fino a qualche anno fa, con la classica comicità alleniana a stemperare i risvolti più seri e a permeare ogni capitolo della sua carriera e della sua vita: le proverbiali idiosincrasie, l'amore per New York, ma soprattutto quell'approccio beffardo e disincantato con cui Allen ha saputo dar voce a dilemmi esistenziali e a problemi quotidiani che appartengono almeno un po' a ognuno di noi. E poi, poco oltre la metà del libro, la brillante levità della prosa cede il posto all'evidente sofferenza nel ricostruire la querelle con Mia Farrow, il distacco forzato da Dylan, lo scandalo legato alle accuse e i suoi complicati strascichi.
Sono passaggi incredibilmente dolorosi, in netto contrasto con il resto del libro. La razionale lucidità con cui Woody Allen cerca di mettere in fila tutti i tasselli della vicenda non esclude l'indignazione, venata di malinconia, nell'esporre il proprio punto di vista sulla macchina del fango messa in moto contro di lui: "Tante persone hanno scelto di ignorare i fatti e sono state più che liete di prendere per buona la tesi delle molestie. C'è qualcosa di affascinante in questo. Perché tanta voglia di trasformarmi in un molestatore?". Ma tale indignazione, ribadita nell'epilogo, non cede mai il posto a una furia vendicativa; semmai, funge da viatico a una riflessione sulla natura umana e sulla necessità di ricondurre ogni cosa al suo giusto peso, senza lasciarsene sopraffare. Magari aiutandosi con quel pizzico di ironia che, a volte, può essere il più salvifico dei rimedi; come i film di Woody, d'altronde, non hanno mai smesso di ricordarci.