Recensione Turistas (2006)

Splendide ambientazioni e begli interpreti per l'ennesimo horror di stagione, girato tra le spiagge di Ubatuba e le caverne sommerse di Lencois, il film rielabora il concetto di viaggio, traducendolo da visita di piacere a percorso emotivo e quindi, crescita personale.

A morte i turisti fai da te

Brasile. Dopo che l'autobus che li trasportava ha avuto un incidente, alcuni turisti americani decidono di attendere il mezzo successivo in uno chalet sulla spiaggia. I ragazzi trascorrono un pomeriggio tanto piacevole da decidere di rimandare la partenza, abbandonandosi alle bellezze e ai ritmi locali. Il mattino dopo si risveglieranno stanchi e indolenziti, realizzando di esser stati derubati. Saranno aiutati da Kiko, un indigeno conosciuto il giorno prima che li condurrà verso un ricovero sicuro.
Dopo ore di cammino, esausti ed affamati, arrivano alla sinistra abitazione apparentemente deserta. Capiranno presto che la vacanza si è trasformata in un incubo.

Splendide ambientazioni e begli interpreti per l'ennesimo horror di stagione dalla sceneggiatura più o meno originale. Girato tra le spiagge di Ubatuba e le caverne sommerse di Lencois, il film rielabora il concetto di viaggio, traducendolo da visita di piacere a percorso emotivo e quindi, crescita personale. I protagonisti si trasformano da impacciati ragazzotti senza arte né parte in eroici superuomini sprezzanti del pericolo e temprati alle più atroci sofferenze. Il tutto condito dalle più bieche nefandezze: dagli interventi chirurgici senza anestesia ad inseguimenti a colpi di machete. Nulla è risparmiato alla visione più titillata che esplicitata, nel tentativo di creare tensione e mantenere inalterata per più di un'ora l'attenzione.

John Stockwell filma un'avventura agghiacciante sfoggiando un'innegabile talento visivo e tecnico. Supportato dalla fotografia di Enrique Chediak, descrive un Brasile affascinante e misterioso, attraverso paesaggi incontaminati e paradisi tropicali. Meno d'impatto l'effetto di dialoghi e sceneggiatura che, sebbene pretestuosamente originali, finiscono per virare spesso nel grottesco. Questo scollamento determina un'opera zoppa che pecca d'ingenuità non riuscendo mai ad affondare realmente il coltello nelle paure più recondite. Il tentativo di terrorizzare suggerendo anzichè mostrando, risulta tanto rudimentale da lasciare un retrogusto d'incompiuto che stanca dopo i primi tentativi, per scadere poi nel grossolano di alcune sequenze deliberatamente crudeli. La mancanza di un equilibrio narrativo penalizza il carattere del film mai davvero spaventoso. La tensione scompare poco dopo la prima mezz'ora relegando la pellicola nel limbo dei film insulsi. Mai veramente denuncia contro il contrabbando di organi, né vero attacco alla società americana o tantomeno una difesa ai popoli del terzo mondo; ciò che resta è un'avventura sgraziata di sei americani fessacchiotti, dichiarati vittime sacrificali.
In un'altalena di cattivi non si focalizza mai il messaggio di fondo che dai turisti ingenui si sposta allo sfruttamento dei popoli poveri.

Troppo spesso l'horror ha fallito nel tentativo di trascendere il ruolo di puro intrattenimento ammantandosi di significati più profondi. Difficile metaforizzare evisceramenti e torture senza rischiare il ridicolo, se non si tratta di grandi maestri.
In questo caso è solo la tecnica registica ad aiutare la narrazione che s'ispira troppo esplicitamente a I ragazzi venuti dal Brasile, rimaneggiando il tema dei turisti in pericolo come già nella scorsa stagione fece Hostel.
Il risultato è un film esausto che tenta di occultare la pochezza di idee con qualche bikini di troppo e tante ingenuità mirate a far arrancare per 93' minuti una pellicola inutile.