A che ora è la fine del mondo?
Il 12 dicembre 2012 si avvicina e cresce l'attenzione per tematiche apocalittiche in linea con la temuta profezia Maya che indica proprio in quell'anno l'arrivo della fine del mondo, una scadenza che non sta mancando di solleticare l'immaginazione dei registi per mettere in scena una nuova ondata di disaster movie, sempre più spettacolari grazie alle potenzialità offerte dalle nuove tecnologie digitali.
Ma se il primo a sfruttare in modo esplicito la profezia sarà Roland Emmerich, vero specialista del genere, con il suo 2012 in uscita il prossimo novembre, è Alex Proyas ad anticipare i tempi con Segnali dal futuro.
Affermatosi in passato come regista di culto grazie ad un coppia di film dark come Il corvo e Dark City, Proyas si è di recente decicato al grande pubblico, mettendosi al servizio di Will Smith per l'adattamente di Io, robot ed ora torna con un altro blockbuster con protagonista un altro nome noto di Hollywood: Nicolas Cage.
Knowing, questo il più astratto e meno esplicito titolo originale del film di Proyas, inizia con un prologo ambientato nel 1959, nel giorno in cui la scuola elementare William Dawes di Lexington, nel Massachusetts, si prepara a seppellire una capsula del tempo con i disegni dei suoi piccoli studenti da mandare ai loro posteri coetanei. Ma mente tutti i bambini lavorano contenti alla propria opera d'arte da tramandare, la piccola Lucinda, proprio la bambina che aveva avuto l'idea della capsula, sembra in trance e scrive ossessivamente dei numeri sul suo foglio da disegno.
Di carne al fuoco ce n'è tanta e non sempre Proyas riesce a bilanciare le diverse anime del film nel modo migliore, ma mantiene sempre alto il senso di meraviglia nello spettatore grazie ad una messa in scena spettacolare che ha il suo punto più elevato nel lungo e drammatico piano sequenza che conduce Koestler/Cage, e noi spettatori, dalla sicurezza della sua auto direttamente sul luogo di un disastro aereo.
Spettacolo e tensione, ma anche riflessioni metafisiche, quindi, per assecondare la voglia di Proyas di mettere in piedi un film catastrofico con più livelli di lettura e spunti di discussione, a differenza di altri colleghi, come Emmerich, che accennano soltanto discorsi ecologisti dietro il fragore delle immagine che costruiscono.
Movieplayer.it
3.0/5