Recensione Segnali dal futuro (2009)

Spettacolo e tensione, ma anche riflessioni metafisiche per assecondare la voglia di Proyas di mettere in piedi un film catastrofico con più livelli di lettura che mantiene sempre alto il senso di meraviglia nello spettatore.

A che ora è la fine del mondo?

Il 12 dicembre 2012 si avvicina e cresce l'attenzione per tematiche apocalittiche in linea con la temuta profezia Maya che indica proprio in quell'anno l'arrivo della fine del mondo, una scadenza che non sta mancando di solleticare l'immaginazione dei registi per mettere in scena una nuova ondata di disaster movie, sempre più spettacolari grazie alle potenzialità offerte dalle nuove tecnologie digitali.
Ma se il primo a sfruttare in modo esplicito la profezia sarà Roland Emmerich, vero specialista del genere, con il suo 2012 in uscita il prossimo novembre, è Alex Proyas ad anticipare i tempi con Segnali dal futuro.
Affermatosi in passato come regista di culto grazie ad un coppia di film dark come Il corvo e Dark City, Proyas si è di recente decicato al grande pubblico, mettendosi al servizio di Will Smith per l'adattamente di Io, robot ed ora torna con un altro blockbuster con protagonista un altro nome noto di Hollywood: Nicolas Cage.

Knowing, questo il più astratto e meno esplicito titolo originale del film di Proyas, inizia con un prologo ambientato nel 1959, nel giorno in cui la scuola elementare William Dawes di Lexington, nel Massachusetts, si prepara a seppellire una capsula del tempo con i disegni dei suoi piccoli studenti da mandare ai loro posteri coetanei. Ma mente tutti i bambini lavorano contenti alla propria opera d'arte da tramandare, la piccola Lucinda, proprio la bambina che aveva avuto l'idea della capsula, sembra in trance e scrive ossessivamente dei numeri sul suo foglio da disegno.

Cinquanta anni dopo la stessa scuola disseppelisce la capsula nel corso di una cerimonia e distribuisce il contenuto ai piccoli studenti. Il foglio di Lucinda viene assegnato al piccolo Caleb, il figlio di John Koestler, l'astrofisico interpretato da Cage, che diventa il destinatario del criptico messaggio della bambina, ma soprattutto degli individui misteriosi da cui il messaggio proviene. La mente scientifica di Koestler non potrebbe non essere incuriosita dall'interminabile sequenza di numeri e dopo una notte di analisi, prove e ricerche, nonchè di una delle sequenze più riuscite del film, arriva la rivelazione: non si tratta di numeri casuali, ma di numeri di senso compiuto che rappresentano le date di incidenti, disastri ed attentati degli ultimi cinquant'anni, con tanto di conteggio delle vittime, le ultime delle quali ancora non avvenute.

La ricerca della verità da parte di Koestler, il suo tentativo di comprendere non solo il significato, ma anche il mandante e le motivazioni di questo articolato messaggio, è il filo conduttore di tutta la prima parte di Segnali dal futuro; questa ricerca viene accompagnata da spettrali figure che tengono sotto controllo il piccolo Caleb ed intrecciata con i dubbi e le riflessioni di John in un continuo contrasto tra scienza e fede, tra casualità e predeterminazione, un contrasto che rappresenta l'aspetto più metafisico del film che nella seconda parte prende il sopravvento fino all'intenso finale apocalittico.
Di carne al fuoco ce n'è tanta e non sempre Proyas riesce a bilanciare le diverse anime del film nel modo migliore, ma mantiene sempre alto il senso di meraviglia nello spettatore grazie ad una messa in scena spettacolare che ha il suo punto più elevato nel lungo e drammatico piano sequenza che conduce Koestler/Cage, e noi spettatori, dalla sicurezza della sua auto direttamente sul luogo di un disastro aereo.
Spettacolo e tensione, ma anche riflessioni metafisiche, quindi, per assecondare la voglia di Proyas di mettere in piedi un film catastrofico con più livelli di lettura e spunti di discussione, a differenza di altri colleghi, come Emmerich, che accennano soltanto discorsi ecologisti dietro il fragore delle immagine che costruiscono.

Movieplayer.it

3.0/5