3/19, Kasia Smutniak: “Un film sul prendersi cura di sé. Mi ha cambiato molto”

L'incontro con il regista Silvio Soldini e il cast di 3/19, un film sulla ricerca di sé attraverso la storia di una donna, Camilla, costretta dopo un incidente ad affrontare un profondo cambiamento emotivo.

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3/19: Kasia Smutniak con Caterina Sforza in un momento del film

Un bosco autunnale, la luce quasi accecante del giorno e il sibilo di un respiro. È questa l'immagine ricorrente nella quale si rifugia Camilla, giovane avvocatessa in carriera, quando ha bisogno di allontanarsi dal frenetico tram tram del suo lavoro. È dentro quella istantanea che la protagonista di 3/19 ritrova se stessa lontana dalla Milano degli affari, dei grattacieli e della grande finanza; e ne avrà bisogno soprattutto dopo che un incidente le cambierà radicalmente la vita portandola sulle tracce di un cadavere senza identità, lontana dal mondo in cui è abituata a vivere quasi in apnea. A interpretarla è Kasia Smutniak che insieme al regista Silvio Soldini, compie uno straordinario lavoro di sottrazione. Il film scritto da Soldini insieme a Davide Lantieri e Doriana Leondeff, sua storica collaboratrice, arriva in sala dall'11 novembre. Sulla scena anche Francesco Colella, nei panni del direttore dell'obitorio Bruno, e Caterina Forza, in quelli di Adele, l'irrequieta e ribelle figlia di Camilla.

Il processo di scrittura e la convivenza degli opposti

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3/19: Kasia Smutniak e Paolo Mazzarelli in una scena del film

L'idea iniziale era di un thriller psicologico, poi è arrivata quella di una donna davanti a un mistero, "siamo partiti dall'immagine di una donna sotto la pioggia", ricorda Leondeff. Ma la verità è che 3/19 è un film pieno di suggestioni, il frutto di un processo di scrittura lunghissimo iniziato prima del Covid e proseguito anche durante: "Quando scrivi sei spesso influenzato dalle atmosfere che respiri. Prima che scoppiasse l'emergenza Covid questo paese affrontava il problema dei morti sconosciuti, c'era un certo tipo di governo e un certo tipo di tematiche sui media", spiega Lantieri. Poi è esplosa la pandemia e "quel fermarci tutti di colpo dopo anni di vita frenetica è finito tutto dentro al film. Camilla fa un incidente che la obbliga a fermarsi e a farsi delle domande".

3/19, la recensione: Rivoluzioni emotive

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3/19: Kasia Smutniak in una scena del film

Il suo personaggio è solo "apparentemente poco empatico e umano", dice il regista, "le facciamo compiere un viaggio interiore e di rinascita finale per farle capire chi è e cosa vuole". E a voler scavare più a fondo, non è poi così lontana dalle figure femminili tradizionalmente raccontate da Soldini: "Tutte le protagoniste dei film di Silvio - precisa la sceneggiatrice - cercano qualcosa, partono da una realtà di cui sono più o meno consapevoli, insofferenti, appagate e arrivano altrove. Volevamo inoltre raccontare la storia di personaggi che si prendono cura". Un tema che trova spazio accanto a quello dell'elaborazione del lutto, della ricerca di sé e della convivenza degli opposti, stando alle parole di Soldini stesso: "C'è la morte e la vita, la ricchezza e la povertà, ci sono due destini diversi che si incontrano e provocano la storia: lui è un ragazzo che viene da chissà dove e sta scappando, lei è una ricca donna occidentale".

Un film sul cambiamento: Camilla e la ricoperta di se stessa

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3/19: Kasia Smutniak con Antonio Zavatteri in una scena

Per Kasia Smutniak che la interpreta è stata l'occasione per conoscere un mondo nuovo, emerso dagli incontri avuti con diverse avvocatesse, "tutte donne fortissime - dice - che hanno dovuto fare grandi rinunce", al contrario di quanto invece è successo a lei. "Rispetto a loro ho dovuto rinunciare a pochissime cose per fare carriera, la famiglia per me è sempre stata al centro della mia vita". "È un film - aggiunge - sull'importanza di prendersi cura di noi stessi e ha cambiato profondamente anche me", confessa. Camilla va incontro ad un cambiamento emotivo e vive rifugiandosi in una bolla, "in un lavoro che non le permette di dedicarsi a se stessa, alla famiglia e a sua figlia. Alla fine si riscopre elaborando il lutto della sorella". Ad avvicinarla alla protagonista è proprio l'elaborazione del lutto, "come lei ho dovuto fare i conti con una fase di ricerca e cambiamenti, volente o nolente"; a Milano inoltre, dove è ambientato il film, Smutniak ha vissuto per cinque anni, "la conosco, o meglio la conoscevo, visto che nel frattempo è cambiata tanto".

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3/19: Kasia Smutniak con Paolo Mazzarelli durante una scena

Lo skyline milanese è l'altro personaggio di 3/19, che attraverso la parabola di Camilla mette in scena "il mondo dell'alta finanza, delle multinazionali, della Milano dei grandi grattacieli, degli affari, dei soldi che girano, un ambiente raccontato poco e spesso facendo compromessi con dei grandi cliché", spiega.
Il rapporto con il set? "Ogni interprete porta sul set il proprio bagaglio emozionale e così è stato anche per me. Lavoro in maniera molto semplice e istintiva sui personaggi, mi lascio guidare dal regista, mi piace essere materia da maneggiare e cambiare. Ascolto molto e lavorare con Silvio è stato importante e bello. I film sono fatti dai registi: come i fotografi mettono a fuoco un oggetto e mi piace essere quell'oggetto, mi leva tanta responsabilità, mi piace arrivare sul set e non sapere cosa fare, vivere davvero le emozioni e sorprendermi, guardare un film e non sapere da dove viene quell'emozione, quel personaggio e come ci sono arrivata. È bello distaccarsi da ciò che si fa e non doverlo spiegare neanche a se stessi", conclude l'attrice.

L'elaborazione del lutto

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3/19: Kasia Smutniak e Francesco Colella in un'immagine

3/19 è anche un film fatto di lunghe ricerche e incontri, come quello con il direttore dell'obitorio d Milano che ha influenzato molto la costruzione di Bruno, che per Francesco Colella è stato "un dono". "È un uomo migliore di me - racconta - averlo affrontato è stata un'educazione sentimentale. È un film che produce sentimenti e i sentimenti si apprendono. C'è una riflessione attorno alla perdita e alla morte, Bruno è luminoso nonostante sia il direttore di un obitorio e ogni giorno entra in contatto con un'elaborazione della perdita spesso rimossa dalla nostra società. Camilla cerca l'identità di un ragazzo, ma è come se cercasse la propria. Il fatto che si ritualizzi la perdita di questo giovane attraverso un piccolo semplice funerale, è un altissimo gesto di civiltà. Mi sono reso conto di quanto oggi siamo sempre più lontani dall'idea di morte e dalla elaborazione del lutto, è come se non avessimo mai introiettato la tragedia che abbiamo vissuto - commenta riferendosi alla pandemia con tutte le morti che si è portata dietro -. Questo film mi ha insegnato il senso della rinuncia a certe ambizioni e cosa significhi vivere vita in linea con il proprio cuore in maniera genuina".