La peggio gioventù
Ludovico è un adolescente ricco, popolare, attraente. Le donne gli cadono letteralmente ai piedi, e tra queste ci sono la sua professoressa di italiano e la mamma del suo migliore amico; ma lui naturalmente non si lega a nessuna di loro, anzi rifugge qualsiasi legame sentimentale. Ma Ludovico è anche un orfano che vive da anni con il meschino zio, uno sfaccendato cocainomane dedito al gioco d'azzardo, che non fa altro che approfittarsi dell'enorme patrimonio del ragazzo. Compiuti da poco i diciotto anni, Ludovico conosce per caso a un matrimonio Giulia, trentaquattrenne affascinante e dalla vita misteriosa, e qualcosa nel suo atteggiamento inizia a cambiare. Che il coinvolgimento sentimentale, da lui finora tenacemente rifiutato, stia iniziando a fare capolino? Ma le cose, naturalmente, si riveleranno più difficili del previsto: presto sarà chiaro che l'atteggiamento sfuggente di Giulia nasconde una verità insospettata...
L'attrice Elisabetta Rocchetti fa il suo esordio dietro la macchina da presa con questo Diciottanni - Il mondo ai miei piedi, occhieggiando al pubblico giovanile. Il film ha, in effetti, tutte le caratteristiche estetiche di certo nostrano cinema post-mucciniano: un montaggio rapido e serrato, movimenti di macchina studiati ed eleganti, una regia moderna e attraente, un look che occhieggia in più punti al videoclip. Usando questo taglio registico moderno (ma già irrimediabilmente "vecchio") la neoregista cerca di elevare l'italica variante del teen movie a un livello superiore a quello di molti suoi colleghi, raccontando una storia di cinismo e abbandono che nasce nell'alta borghesia romana. Il lusso in cui si muovono i giovani protagonisti, tra macchine ultracostose, appartamenti enormi e riccamente arredati, feste lussuose, ha il suo contraltare nelle rispettive solitudini, che li attanagliano da dentro senza eccezioni: quella del protagonista, messa a tacere nelle avventure con donne adulte, quella del suo amico Luca, causata dalla sua famiglia sfasciata, quella di Giulia, ingenuamente appesa a una promessa che non verrà mantenuta. Solitudini irrisolte, forse irrisolvibili, che nascondono sogni che la vita si è già incaricata di far evaporare. Irrisolta, e non solo negli sviluppi narrativi e nelle conclusioni, è anche la sceneggiatura scritta dalla stessa Rocchetti, che non riesce a liberarsi degli stereotipi del genere e non è aiutata, in questo, da una recitazione generalmente mediocre (forse solo la prova della stessa regista, nel ruolo di Giulia, raggiunge una sufficienza piena). Un legnoso Marco Rulli (sempre più brutta copia - ed è tutto dire - di Riccardo Scamarcio) e l'amico Marco Iannitello non fanno molto per dare profondità ai rispettivi personaggi, certo non aiutati da uno script traballante, che presenta dialoghi deboli e situazioni sovente assurde.
Quello che manca a questo Diciottanni è principalmente la tridimensionalità nella descrizione dei caratteri, specie di quello del protagonista, che suscita indifferenza e un po' di fastidio mentre seguiamo le sue sempre meno motivate avventure; lo sguardo è quello della fiction televisiva più recente, omologato dietro la maschera della modernità, un po' moralista nel trarre le conclusioni. Non basta qualche sequenza riuscita (tra cui quella finale, risolta in effetti in modo originale) per costruire cinematograficamente una storia che sembra non andare da nessuna parte, e alla fine della quale lo spettatore si interroga su quale sia stato il senso dell'intera operazione. Un grigiore di vite borghesi a cui corrisponde un equivalente grigiore cinematografico: non era questo, probabilmente, il risultato auspicato.
Movieplayer.it
2.0/5