Doppio Guillaume Canet al festival Internazionale del Film di Roma. Dopo averlo apprezzato in veste di attore nell'intrigante Last Night, lo ritroviamo acclamato regista del bellissimo Les Petits Mouchoirs, spaccato generazionale corale sull'amiciza, l'amore, il sesso e la morte. L'emozionato Canet si presenta alla stampa forte della consapevolezza di aver realizzato una pellicola di grande qualità che commuove e tocca nel profondo. Non per nulla il pubblico francese ha accolto il film con grande calore decretandone il successo al box office nazionale.
Quali sono gli eventi che ti hanno portato a realizzare questo film? Sei stato influenzato da esperienze personali?
Guillaume Canet: In effetti questo è un film molto personale. Ho messo insieme tante cose. A un certo punto della vita ci facciamo delle domande, arriva il momento di fare un bilancio. Tempo fa a causa dello stress ho passato un periodo in ospedale e a causa dell'immobilità soino stato costretto a riflettere. A volte viviamo il lavoro come una medicina per non pensare alle cose gravi che ci accadono, alle relazioni che finiscono, ai lutti. Ho deciso di scrivere questo film proprio durante il ricovero in ospedale. Era da tempo che volevo fare un film sull'amicizia e volevo concentrarmi sulle piccole bugie che spesso raccontiamo a noi stessi. Questo lavoro ha cambiato tantissimo la mia vita perché è molto sincero, forse troppo. Ci saranno degli errori, il film non è perfetto, ma stavolta ho fatto del mio meglio. E' la prima volta che faccio qualcosa di veramente personale.
Il film è scritto con grande accuratezza, le relazioni tra i personaggi sono vere. Alcuni momenti ricordano un classico come Il grande freddo. E' un modello a cui hai fatto riferimento?
Come è stato scelto il cast?
Guillaume Canet: Ho scelto soprattutto amici, ho chiamato attori che conoscevo bene. Benoit Magimel l'ho conosciuto a diciassette anni, Marion Cotillard la conosco da quattordici anni e so quanto è bello lavorare con lei. Stavolta avevo voglia di dirigerla. Per me è stato fantastico, per lei forse è un po' difficile lavorare con un regista che nella vita è anche il suo compagno. La sera magari voleva staccare e si ritrovava accanto questo pazzo che parlava in continuazione del film. Io, dal canto mio, ho cercato di essere discreto, ho evitato di farle troppi complimenti per non fare preferenze, anzi, sono stato più esigente con lei che con gli altri.
Nel film il sesso è trattato in maniera fast food, i rapporti sono usa e getta.
Guillaume Canet: In effetti è così. Ho voluto raccontare un modo sbagliato di vivere. Oggi viviamo in una società che ci condiziona, che si muove con grande rapidità. Non abbiamo più il tempo di assaporare le cose. Anche il sesso viene vissuto in modo superficiale. I miei personaggi sono persi in un modo che ritengono giusto, ma in realtà non ascoltano più il loro istinto animale. Oggi le donne hanno maggior potere, sono più emancipate e vogliono avere col sesso un tipo di rapporto maschile, come accade al personaggio di Marion.
Ma il personaggio di Marion è quello anche una donna innamorata.
Guillaume Canet: E' vero. Marion è un'etnologa che cerca la pace interiore fuggendo dall'altra parte del mondo. Sono personaggi sclerotizzati, risucchiati dalla società. L'unica figura avulsa da questa logica è quella di Jean Louis, che vive sul mare, a contatto coi ritmi della natura. Lui non è interessato al denaro, è sincero fino in fondo, anche con se stesso.
Pensi di abbandonare la recitazione per fare solo il regista?
E' stato difficile resistere alla tentazione di recitare in un film come questo?
Guillaume Canet: Dirigere otto attori è una mission impossible perciò è stato più semplice evitare di recitare. Volevo dare agli attori la massima libertà facendoli recitare in continuità, ad esempio nelle scene di gruppo a tavola perciò dovevo fare molta attenzione alle inquadrature, ricordarmi le frasi e le posizioni. Anche senza recitare è stato un lavoro complicato.
Il peso delle parole nel film è molto importante, ma anche la musica ha un suo peso specifico, anche se stavolta ti sei limitato nell'uso della colonna sonora.
Guillaume Canet: In realtà non c'è una vera e propria colonna sonora perché il film è fatto di otto, nove personaggi e volevo che fossero loro stessi a veicolare le sensazioni, non qualcosa di esterno come la musica. Avere una colonna sonora avrebbe fatto sì che la musica diventasse un personaggio vero e proprio e non volevo che accadesse, però la musica per me è importantissima. Io scrivo in musica, spesso faccio recitare gli attori sul ritmo delle canzoni e credo che tutte le componenti tecniche siano fondamentali per la riuscita di una pellicola.
Hai scelto di chiudere il film con un finale drammatico. Perché non hai lasciato spazio ad altre possibilità?
Guillaume Canet: Il finale del film tocca l'animo del pubblico. Mentre scrivevo la sceneggiatura ho preso coscienza di alcune cose che facevano parte di me e che volevo che sparissero, che morissero. Il film è personale, ho raccontato di una perdita, a volte non siamo noi a scegliere, ma sono gli eventi che ci segnano. Dobbiamo approfittare delle persone che amiamo finché ci sono.
Ieri hai espresso solidarietà alla protesta che è in corso nel cinema italiano e hai scelto di parlare anche tu con i manifestanti.
Guillaume Canet: Certamente. Io sono un autore e trovo inimmaginabile che il cinema italiano possa soffrire a causa di una decisione del governo. E' mio dovere, pur non essendo italiano, sostenerli. Il cinema italiano mi fa sognare, è importantissimo, fa parte della storia dell'Italia, è un modo di esportare l'Italia all'estero ed è folle che un governo non ne sia consapevole.