Recensione Sorelle mai (2010)

Film intimo e familiare, risultato del laboratorio di cinema che Bellocchio tiene da più di dieci anni, Sorelle mai, nonostante la sua natura sperimentale, mantiene tutte le caratteristiche che fanno grande il cinema del regista piacentino, sospeso tra lo sguardo per i suoi personaggi e l'acutezza con cui racconta il macro.

Le sorelle di Bellocchio

Marco Bellocchio tiene da più di un decennio un laboratorio di cinema dove attraverso l'esperienza con i corsisti è nato il progetto di Sorelle mai. Film costituito di sei episodi compresi tra il 1999 e il 2008, nei quali viene raccontata la storia di una famiglia, attraverso la crescita di Elena (Elena Bellocchio) dai suoi 5 ai 13 anni, il rapporto con la madre Sara (Donatella Finocchiaro) molto spesso fuori casa a rincorrere il sogno di diventare una grande interprete di teatro e lo zio Giorgio (Pier Giorgio Bellocchio), a lei molto vicino. Tutte le vicende sono ambientate a Bobbio, snodo geografico che lega tutti i personaggi, dove Elena vive con due vecchie zie, di cui una sordomuta, e dove vive l'amministratore interpretato da Gianni Schicchi.


Nonostante la natura sperimentale di film a episodi (derivante da un mediometraggio a cui sono stati aggiunti altri episodi), girato in un digitale a basso costo, Sorelle mai calza perfettamente nella filmografia di Marco Bellocchio che qui dà vita a un progetto in cui la serialità implicita, risultante da una realizzazione che copre dieci anni, non impedisce al film di avere una compattezza narrativa (sciolta provvisoriamente solo nella parentesi scolastica interpretata da Alba Rohrwacher) e stilistica ben distinguibile. Anzi la natura realmente diacronica delle vicende finisce per fornire forza al verbo narrativo e alla crescita dei personaggi. Come distinguibili sono i temi e le suggestioni visive più classiche del cinema del regista piacentino.

Film intimo e familiare ricco di momenti molto intensi, Sorelle mai è un'opera che conferma, anche all'interno di un contesto produttivo così piccolo, la grande maturità del cinema di Bellocchio, sempre sospeso tra lo sguardo per i suoi personaggi e l'acutezza con cui racconta il macro, in questo caso l'immobilità della vita di campagna, dei suoi riti e consuetudini. Particolarmente riusciti il quarto ed il sesto ed ultimo episodio, quelli in cui il film esce maggiormente dalle mura domestiche e si confronta con una realtà che opprime e sfugge.