Susan Schneider, moglie di Robin Williams, ha raccontato la battaglia portata avanti dall'attore durante i suoi ultimi anni di vita, contro una malattia che per la coppia ha rappresentato a lungo un mostro invisibile.
Sei anni fa Robin Williams se ne andava, facendoci sentire tutti un po' più soli. Lui che con il suo sorriso gentile e film indimenticabili era riuscito ad entrare nel cuore di intere generazioni, ha dovuto fare i conti con un male tremendo che non gli ha lasciato scampo. Proprio di questo è tornata a parlare la vedova di Robin Williams, Susan Schneider.
Nel documentario Robin's Wish Schneider ha sottolineato come la notizia della scomparsa dell'attore, avvenuta l'11 agosto 2014, sia stata seguita da una lunga serie di speculazioni riguardanti ipotetici problemi di tossicodipendenza, di soldi o di depressione che avrebbero spinto Robin Williams a farla finita. In realtà, l'interprete de L'attimo fuggente aveva ben altra battaglia da affrontare, qualcosa che per lui rappresentava un vero e proprio mostro invisibile, proprio perché i sintomi emergevano con sempre più frequenza ma a livello clinico risultava difficile spiegare quanto gli stesse accadendo. Ecco perché lui e sua moglie Susan continuarono ad indagare a lungo.
"Robin e io sapevamo che c'era qualcosa di più grande. Aveva ragione quando mi ha detto 'Vorrei solo riavviare il mio cervello'. In quel momento gli ho promesso che avremmo scavato a fondo per capire ma non sapevo che sarei riuscita a farlo solo dopo la sua morte" ha dichiarato Schneider.
Quando Williams morì, sua moglie parlò di morbo di Parkinson ma nei mesi successivi venne ufficializzato che l'attore soffriva di demenza da corpi di Lewy, una malattia neurodegenerativa che lo aveva portato ad avere tremore alla mano sinistra, insonnia, paranoia, perdita di memoria e attacchi di panico e che nel giro di poco tempo non gli avrebbe permesso neanche più di muoversi o ricordare chi fosse.
"La demenza da corpi di Lewy è una malattia devastante. È un assassino. È veloce, è progressivo", ha affermato il dottor Bruce Miller, direttore Memory and Aging presso l'Università della California a San Francisco. "Questa era la forma di demenza da corpi di Lewy più devastante che avessi mai visto. Mi aveva davvero stupito che Robin riuscisse ancora a camminare o muoversi".
Susan Schneider ha quindi spiegato quanto, nonostante la tragedia, dare un nome a questo male l'abbia fatta sentire meglio e l'abbia aiutata a rimettere insieme i pezzi del puzzle riguardanti la morte di suo marito. "_Sono stata sollevata che avesse un nome. Robin e io abbiamo vissuto insieme questa esperienza, inseguiti da un mostro invisibile e senza identità" ha detto, ricordando inoltre di quando venne consigliato a lei e Robin di dormire in letti separati. Quello per l'attore fu un duro colpo.
"Mi ha chiesto 'Questo significa che siamo separati?'" e quello è stato un momento davvero scioccante", ha raccontato Schneider. "Quando hai davanti il tuo migliore amico, il tuo partner, il tuo amore e ti rendi conto che tra te e lui c'è un baratro gigante ma non puoi vedere dove si trova. È stato un momento difficile".
Insomma, la donna ha aperto il suo cuore per far sì che anche tutte le persone che hanno amato profondamente Robin Williams, prima come persona e poi attore, conoscessero questo mostro con cui l'attore ha combattuto prima di arrendersi. La confessione di Schneider è racchiusa nel documentario Robin's Wish, disponibile da oggi in digitale, che tradotto significa "il desiderio di Robin". Ma qual era il desiderio di Robin Williams? A dirlo, in conclusione, è ancora Schneider:
"Gli ho chiesto 'Quando arriveremo alla fine della nostra vita e guarderemo indietro, cosa vorremmo aver fatto?' e lui, senza neanche pensarci, ha risposto 'Voglio aiutare le persone ad avere meno paura'. Ho pensato che fosse bellissimo e gli ho detto 'Tesoro, lo stai già facendo. Questo è quello che fai. Ed è davvero fantastico'".