Con ogni nuovo capitolo del franchise, la domanda non è più solo "chi sopravviverà?", ma "quando accade tutto questo?". Predator: Badlands chiude finalmente il cerchio delle speculazioni. La timeline dell'universo Alien/Predator si espande e guarda molto, molto oltre.
Badlands supera tutti i capitoli Alien e Predator
A sciogliere definitivamente i dubbi è stato lo stesso Dan Trachtenberg in un'intervista a Variety, chiarendo senza giri di parole che Predator: Badlands "è intenzionalmente il titolo più lontano nel futuro sia per Predator che per Alien". Il regista ha aggiunto di essere "entusiasta che sia ambientato persino oltre Alien: Resurrection", il che colloca il film ben oltre l'anno 2381, arrivando verosimilmente nell'area del 2400 o più.
Un salto temporale che non solo eleva il racconto al di sopra di qualsiasi precedente, ma introduce implicazioni narrative affascinanti: la misteriosa presenza della Weyland-Yutani - in futuro acquistata da Walmart - suggerisce una ridefinizione della corporazione e conferma implicitamente che la Terra è ancora abitata, una sopravvivenza sorprendente per il pianeta in un contesto distopico dalle lunghe linee temporali.
Collocarsi così lontano nel futuro è stata anche una strategia intelligente di sopravvivenza creativa. Trachtenberg ha spiegato che non sapeva "cosa stesse succedendo con Alien: Romulus e non ero nemmeno sicuro di quanto fossi consapevole di Alien: Earth", motivo per cui ambientare Badlands altrove era un modo per "non pestare i piedi a nessuno".
La cronologia distanziata elimina ogni rischio di contraddizioni canoniche e restituisce al pubblico ciò che spesso manca negli universi estesi: una storia completamente autocontenuta che non vive dell'ansia di dover collegare tutto a tutto.
Identità indipendente, salto tecnologico e nuove possibilità
L'ambientazione futuristica non è però solo una precauzione produttiva: è un manifesto estetico. Trachtenberg ha dichiarato che voleva "assicurarsi di fare la nostra cosa", continuando la linea dei suoi Predator, ognuno collocato in un'epoca radicalmente diversa. Prey era ambientato nel XVIII secolo, Predator: Killer of Killers si muoveva tra Vichinghi e Seconda Guerra Mondiale, e Badlands proietta l'universo Predator in un contesto dove la tecnologia e l'ambiente non solo cambiano, ma ridefiniscono la forma della caccia dei Yautja. Ogni epoca è un terreno di gioco diverso, e la distanza temporale consente la libertà di creare design inediti e rituali di sopravvivenza totalmente nuovi.
Sebbene nulla impedisca che Badlands apra un nuovo ciclo narrativo - soprattutto dopo l'enigmatica battuta finale di Dek (Dimitrius Schuster-Kolomatangi) sulla visita della "madre" - lo spirito del film è quello di un nuovo capitolo adrenalinico che sfrutta l'universo Alien/Predator senza esserne schiavo. È facile immaginare un sequel, ma ancora più interessante è pensare che forse Trachtenberg stia ridefinendo cosa può essere un film di franchise senza inchinarsi alla sindrome dei collegamenti obbligati.
In un panorama hollywoodiano ossessionato dai crossover e dalle timeline incrociate, la proposta di Predator: Badlands sembra quasi rivoluzionaria: un film che guarda avanti, che si colloca avanti, ma che non è costruito per arrivare da qualcosa o preparare qualcos'altro. Un futuro libero, e proprio per questo più feroce.