Del grande attore francese Jean-Pierre Léaud, simbolo della Nouvelle Vague, abbiamo visto tutto, dall'adolescenza all'età matura, perché i grandi ritratti cinematografici, di cui lui è stato protagonista, l'hanno rincorso nel tempo. Soprattutto in quelle stagioni d'esistenza, filtrate in tempo diretto attraverso il suo alter ego e personaggio più famoso, quell'Antoine Doinel che dal debutto-capolavoro I 400 colpi (1959) fino a L'amore fugge (1979) si è incarnato in ben cinque film di François Truffaut.
E ora, proprio in concomitanza con i trent'anni dalla morte del grande regista francese, il Festival del film Locarno ha deciso di attribuire un Pardo alla carriera all'attore feticcio di un'intera generazione di autori. Un interprete che con il suo sguardo febbrile e le gestualità malinconicamente nervose, è riuscito a condensare lo spirito di un intero periodo storico. Il percorso artistico di Jean-Pierre Léaud comprende anche una corposa collaborazione con Jean-Luc Godard (nel 1966 vince l'Orso d'argento come migliore attore alla Berlinale per Masculin, féminin) e con tanti altri cineasti, rimasti influenzati dalle vibrazioni lunghe dell'esperienza della Nouvelle Vague. Autori che spaziano felicemente da Philippe Garrell a Jean Eustache, passando per Jerzy Skolimowski, Bernardo Bertolucci e Glauber Rocha, senza dimenticare il rapporto di fiducia instaurato a partire dagli anni Novanta dallo stesso Léaud con l'occhio stralunato di Aki Kaurismäki. Nel corso del Festival saranno proiettati quattro film dell'attore che sarà in Piazza Grande il 6 agosto per ritirare il premio.