Martin Scorsese ha descritto L'età dell'innocenza, un film del 1993 tratto dall'omonimo romanzo di Edith Wharton, vincitore del Premio Pulitzer nel 1921, come "il film più violento che abbia mai realizzato", che è un'affermazione abbastanza audace da parte di un regista che ci ha regalato alcune delle scene più brutali della storia del cinema.
Quindi cosa rende la pellicola violenta? In un'intervista con Roger Ebert, Scorsese ha spiegato il motivo della sua dichiarazione: "Una cosa che mi ha sempre colpito molto profondamente, crescendo ma anche in età adulta, è la brutalità che si nasconde dietro le buone maniere."
"Le persone nascondono tutto ciò che vogliono sotto la superficie del linguaggio nella sottocultura in cui mi trovavo quando sono cresciuto a Little Italy: se qualcuno veniva ucciso c'era una finalità. Di solito era un amico a toglierti di mezzo ed era quasi come un massacro rituale, un sacrificio. Ma la società di New York nel 1870 non era così, era più a sangue freddo. Non so quale delle due sia preferibile". Ha concluso Martin.
Nel dare vita alla prosa ricca e suggestiva di Wharton, Scorsese ha curato ogni dettagli al fine di permettere allo spettatore di immergersi nelle ambientazioni descritte nel romanzo. Il risultato è L'età dell'innocenza: una riproduzione fedele della vecchia New York simile, da questo punto di vista, a Gangs of New York, un so lavoro più recente.