L'Angelo del crimine, film diretto da Luis Ortega, prodotto da Pedro Almodovar, è ispirato alla storia vera dell'assassino seriale argentino Carlos Robledo Puch, conosciuto anche come "l'Angelo della morte" e "l'Angelo nero": un 17enne che nella Buenos Aires dei primi anni '70 uccise ben 11 persone prima di essere arrestato.
Puch è stato condannato per 11 omicidi, un tentato omicidio, 17 rapine, uno stupro, un tentato stupro, un abuso sessuale, due sottrazioni di minorenne e due furti. Il film mette in evidenza il contrasto tra l'aspetto fascinoso e rassicurante del giovanissimo protagonista e le azioni macabre e violente che compie, riuscendo a spiazzare lo spettatore per l'intera durata della visione.
La sua vita criminale fu violenta e breve: arrestato nel febbraio 1972, dopo che un suo documento d'identità fu trovato nella tasca dei pantaloni di un complice, che aveva ucciso qualche giorno prima in preda alla furia. Il processo arrivò solo nel 1980 quando venne condannato all'ergastolo da scontare in un carcere di massima sicurezza. Le sue ultime parole prima della sentenza furono: "Questo era un circo romano, sono stato giudicato e condannato in anticipo".
Nel luglio 2000 divenne idoneo per la libertà condizionata ma non presentò mai una richiesta per richiederla. Nel 2013 richiese una revisione della sua condanna o, in mancanza, la sua esecuzione con un'iniezione letale, anche se la pena di morte non è legale in Argentina. La Corte Suprema di Giustizia ha negato sia la richiesta di revisione che la richiesta di esecuzione.
Il 27 marzo 2015 la Corte Suprema di Giustizia ha respinto un ricorso presentato da Puch contro la citata decisione giudiziaria con la quale gli è stata negata la libertà condizionale. Il 10 maggio 2016, dopo 44 anni di detenzione, per la prima volta esce dal carcere per effettuare delle visite mediche a causa delle sue condizioni di salute. Avendo trascorso oltre 45 anni in prigione nel 2019 è diventato il prigioniero più longevo della storia dell'Argentina.