Ichi the Witch, creatura di Osamu Nishi e Shiro Usazaki, è qui per ricordarci che, con la fine imminente di molti titoli storici, il regno di Shonen Jump non sta perdendo il proprio smalto. Ogni fine è solo l'inizio di un nuovo incantesimo e forse proprio questo manga potrebbe cambiare anche il mondo dell'animazione.
Ichi the Witch, l'incantesimo che rianima Shonen Jump
Nel regno narrativo di Ichi the Witch, la magia non è una scuola da frequentare né un talento da affinare: è una creatura viva, eterea, letteralmente e si chiama majik. Solo le donne possono ottenere i poteri magici - o meglio, potevano, finché non è arrivato Ichi, un ragazzo lasciato morire nei boschi e sopravvissuto diventando un cacciatore formidabile.
La serie, firmata da Osamu Nishi (già noto per "Welcome to Demon School, Iruma-Kun!!!") con i disegni intensi di Shiro Usazaki ("Act-Age"), parte da un archetipo noto - il predestinato - ma lo contorce con sapienza. "È un bambino della profezia destinato al fallimento", ci sussurra la trama nei primi capitoli, ma lo fa senza spiegare tutto, lasciando spazio al dubbio e all'immaginazione.
Quello che rende Ichi diverso non è solo la sua originalità concettuale, ma il modo in cui la narrazione evita di gonfiarsi artificialmente: i misteri ci sono, ma non sono messi in vetrina come promesse di longevità. Il ritmo è serrato, ma mai affannoso; i combattimenti coreografati con un'ironia tecnica che ricorda il miglior JoJo.
E mentre la struttura narrativa procede in modo fluido e naturale, i dialoghi giocano con tono scanzonato ma sempre efficace. Ichi è costruito per durare, senza cercare l'applauso forzato: riesce a sorprendere senza gridare.
Tradizione e rivoluzione: il potere nascosto di un nuovo classico
A una quarantina di capitoli dalla partenza, Ichi the Witch è ancora nella sua infanzia narrativa, ma già si muove come un veterano. Alcuni critici l'hanno inizialmente liquidato come il classico battle shonen "della settimana", ma è solo una maschera: dietro c'è un disegno molto più grande. Sotto i duelli e le prove magiche, il manga reinterpreta le dinamiche di genere, reinventa la figura dell'eroe maschile, e si prende gioco degli stereotipi con eleganza.

Dal punto di vista estetico, l'opera si muove tra il tratto preciso e netto alla Hunter x Hunter, la furia visiva di Jujutsu Kaisen, e un protagonista che porta in sé frammenti di Goku e Asta. Il paragone con My Hero Academia è inevitabile, perché Ichi riempie proprio quel vuoto: un racconto d'azione vibrante, emotivo ma mai melenso, capace di parlare al lettore con onestà. E mentre il panorama manga si muove verso storie più lineari e meno ciniche rispetto al filone "grimdark" pandemico, Ichi segna l'inizio di un nuovo corso: più limpido, ma altrettanto stratificato.
Il risultato? Una serie che scorre senza sforzo, conquistando i lettori con la stessa naturalezza con cui Ichi conquista la sua magia. Se arriverà l'adattamento anime - come è probabile - il pubblico non farà che allargarsi. Intanto, Shonen Jump può dormire sonni tranquilli: la nuova generazione ha già trovato il suo stregone.