Sedici persone uccise, otto duplici omicidi efferati tra gli anni '60 e '80: il caso del Mostro di Firenze ha tenuto l'Italia col fiato sospeso a lungo e ancora oggi continua a dividere per le dinamiche complesse e misteriose, per le indagini sui delitti e le persone coinvolte, tra sospetti e condannati, tra cui Pietro Pacciani. Dall'omicidio di Antonio Lo Bianco e Barbara Locci, nel '68 - omicidio che fu attribuito al serial killer solo dopo diversi anni - fino all'ultimo delitto, uno dei più efferati e spaventosi, quello degli Scopeti, ecco come si è sviluppata la vicenda dell'assassino che fece tremare Firenze.
1. Antonio Lo Bianco e Barbara Locci (21 agosto 1968)
La notte del 21 agosto 1968, all'interno di un'Alfa Romeo Giulietta bianca parcheggiata in una strada sterrata nei pressi del cimitero di Signa, vengono uccisi Antonio Lo Bianco e Barbara Locci, una coppia di amanti. Antonio ha 29 anni, è un muratore originario di Palermo, mentre Barbara ha 32 anni ed è una casalinga originaria di Cagliari ed è sposata con Stefano Mele, anche lui sardo, trasferitosi in Toscana alcuni anni prima.
Quella sera Antonio e Barbara si erano recati al cinema per vedere un film giapponese, Nuda per un pugno di eroi. Il gestore del cinema riconosce la coppia dalle foto pubblicate sui quotidiani, ma esclude che i due possano essere entrati in sala con il figlio di lei, un bambino di appena sei anni, considerato che si trattava di un film vietato ai minori, testimonianza in contrasto con quella della cassiera del cinema che invece sostiene di aver visto la Locci con il figlio in braccio dopo il film.
Dopo aver trascorso la serata al cinema, i due decidono di appartarsi in macchina. Il figlio di Barbara dorme sul sedile posteriore dell'auto. Quando l'assassino sorprende i due amanti, si avvicina all'auto e spara otto colpi da distanza ravvicinata. Sul luogo del delitto verranno ritrovati cinque bossoli calibro 22 Long Rifle Winchester con la lettera H incisa sul fondello.
Le caratteristiche dei bossoli sono importanti perché fino al 1982 il delitto di Signa non è attribuito al Mostro di Firenze, ma il ritrovamento di questi bossoli in archivio e il confronto con quelli utilizzati negli omicidi successivi stabilirà un collegamento con il serial killer.
Alle 2 del mattino, il piccolo Natalino Mele suona alla porta di un casolare situato ad oltre due km di distanza dal luogo dell'omicidio e ad aprirgli è Francesco De Felice, che in qual momento si era alzato per prendersi cura del figlio ammalato. Natalino gli chiede di aprirgli perché ha sonno e perché ha "il babbo ammalato a letto", poi chiede di essere accompagnato a casa "perché la mia mamma e lo zio sono morti in macchina." De Felice lo accoglie in casa e Natalino riferisce altri dettagli: "Era buio, tutte le piante si muovevano, non c'era nessuno, avevo tanta paura. Per farmi coraggio ho detto le preghiere, ho cominciato a cantare La Tramontana" (la canzone portata al Festival di Sanremo proprio quell'anno dal cantante Antoine) e ribadisce che la mamma e lo "zio" Antonio sono morti. I Carabinieri, allertati da De Felice, si mettono alla ricerca dell'Alfa Romeo Giulietta di Lo Bianco e, con l'aiuto del bambino, la trovano in una zona isolata, frequentata da coppie.
Le indagini si concentrano su Stefano Mele, ma i sospetti di un possibile delitto per gelosia sono ridimensionati dalla personalità dell'uomo, che in passato aveva dimostrato di essere succube della moglie ed era arrivato ad ospitare in casa, per un periodo di tempo, il suo amico Salvatore Vinci, anche lui amante di Barbara. Secondo i pettegolezzi addirittura, Mele acconsentiva ad avere rapporti sessuali con lui e altri amanti della moglie. Dopo un lungo interrogatorio Mele confessa l'omicidio ma durante successive indagini si dimostra incapace di maneggiare un'arma (anche se era a conoscenza di alcuni particolari sull'omicidio) e e poi ritratta tutto e coinvolge Salvatore Vinci, accusandolo di avergli fornito la pistola e di averlo accompagnato sul luogo del delitto. Sostiene di aver gettato l'arma in un canale, ma non verrà mai ritrovata. Nei giorni successivi Mele cambia di nuovo versione, scagiona Salvatore e tira in ballo il fratello di quest'ultimo, Francesco Vinci e poi ancora su Carmelo Cutrona (altri amanti di Barbara Locci, che in paese era soprannominata l'Ape Regina per le sue numerose frequentazioni)
Natalino Mele, dal canto suo, dopo aver sostenuto a lungo di non aver visto né sentito nulla, quella notte, ammette di essersi svegliato in macchina dopo l'omicidio e di aver visto il padre, che lo prese sulle spalle per portarlo fino al casolare di De Felice, per poi lasciarlo lì dopo essersi fatto promettere che non avrebbe detto nulla. A quel punto Stefano Mele conferma la versione del figlio e scagiona le persone che aveva coinvolto fino a quel momento. Mele viene condannato a 14 anni di reclusione per il duplice omicidio e ad altri due anni per calunnia nei confronti dei fratelli Vinci. Uscirà nel 1981, e sarà ospitato da una casa di cura per ex carcerati in provincia di Verona.
Una delle deposizioni più interessanti, durante il processo, è quella di Giuseppe Barranca, cognato di Antonio Lo Bianco, collega di Stefano Mele e - neanche a dirlo - amante di Barbara. Barranca sostiene che qualche giorno prima del delitto, Barbara si era rifiutata di uscire con lui perché "Potrebbero spararci mentre siamo in macchina".
2. Pasquale Gentilcore e Stefania Pettini (14 settembre 1974)
Il 14 settembre 1974 Pasquale Gentilcore e Stefania Pettini vengono uccisi in una strada isolata a Rabatta, una frazione nei pressi di Borgo San Lorenzo. Pasquale ha 19 anni ed è impiegato presso una compagnia di assicurazioni, mentre Stefania ha 18 anni ed è segretaria presso un magazzino a Firenze. I due ragazzi si frequentano da un paio di anni ed erano intenzionati ad ufficializzare il loro fidanzamento a breve. Quella sera di metà settembre, Pasquale accompagna sua sorella Cristina alla discoteca Teen Club e le dice che tornerà a prelevarla intorno a mezzanotte, quindi va a prendere Stefania presso l'abitazione di lei con l'intenzione di raggiungere il loro gruppo di amici presso il Teen Club e di trascorrere con loro la serata. Prima però decidono di appartarsi in una zona frequentata da coppie in cerca di intimità.
Poco prima di mezzanotte, qualcuno sbuca da un vigneto e spara: Pasquale Gentilcore viene raggiunto da cinque colpi di pistola, mentre Stefania Pettini viene colpita tre volte e poi trascinata fuori dall'auto per essere uccisa con tre coltellate al petto. L'assassino infierisce sul corpo della ragazza con 96 coltellate per poi inserirle un tralcio di vite nella vagina. Prima di dileguarsi, l'assassino si accanisce anche sul corpo del ragazzo con cinque coltellate all'addome. Il mattino successivo, quando i familiari dei due ragazzi si recano dai carabinieri per denunciarne la scomparsa, preoccupati dal fatto che non erano ancora rientrati, vengono informati del delitto che era stato scoperto poco prima da un contadino. Sul luogo del delitto vennero ritrovati, in momenti diversi, gli effetti personali di Stefania e alcuni indumenti, mentre l'orologio e altri oggetti di modesto valore non vennero più recuperati.
Una testimonianza interessante arrivò da un'amica di Stefania, la quale riferì che la ragazza le aveva accennato di aver fatto uno strano incontro con una persona che l'aveva un po' turbata. Stefania non fu l'unica ragazza, tra le vittime del Mostro di Firenze, che aveva accennato a molestie da parte di sconosciuti.
3. Giovanni Foggi e Carmela De Nuccio (6 giugno 1981)
A 14 anni dal primo delitto e a 7 anni dal secondo, nel 1981 vengono uccise due coppie, a distanza di pochi mesi. Il primo duplice omicidio è quello di Giovanni Foggi e Carmela De Nuccio, uccisi la notte tra il 6 e il 7 giugno 1981. Giovanni ha 30 anni, lavora all'Enel, mentre Carmela ha 21 anni, è originaria di Lecce e lavora in una pelletteria. I due ragazzi si conoscono da pochi mesi ma pensano già a sposarsi.
La sera del delittoGiovanni e Carmela cenano a casa dei genitori di lei e poi verso le 22.00 decidono di uscire per una passeggiata e si appartano con l'auto in una stradina isolata sulle colline di Roveta, in una zona solitamente frequentata da coppie e da guardoni. Giovanni Foggi viene colpito da tre colpi di pistola, mentre Carmela De Nuccio viene raggiunta da cinque colpi e tirata fuori dall'auto, per essere trascinata poco distante, dove il mostro le taglia i jeans per poi asportarle il pube con tre fendenti precisi. Prima di andarsene, l'assassino si accanisce ulteriormente sul corpo del ragazzo con altre coltellate. I corpi dei due ragazzi saranno scoperti la mattina seguente, con uno scenario molto simile ai precedenti delitti. Anche in questa occasione risultano dei bossoli mancanti e la borsa della ragazza viene rovistata, con gli effetti personali sparpagliati in giro, anche se in questo caso apparentemente non manca nulla.
Le indagini inizialmente si concentrano su un ex fidanzato di Carmela, con il quale la ragazza aveva avuto degli screzi in passato, ma il giovane aveva un alibi. Successivamente i sospetti vertono su Vincenzo Spalletti, un guardone di trent'anni, sposato e con figli. La mattina successiva al delitto, rientrato all'alba dopo una notte trascorsa in compagnia di un amico guardone, Spalletti racconta a sua moglie e agli amici al bar di aver visto "due morti ammazzati" e descrive i particolari più macabri del delitto, che però non erano ancora stati rivelati dai giornali e dai media. Spalletti viene arrestato, ma i suoi familiari ricevono delle telefonate anonime che li rassicurano che presto l'uomo sarebbe stato scagionato.
4. Stefano Baldi e Susanna Cambi (22 ottobre 1981)
Il 22 ottobre 1981, a soli quattro mesi di distanza dall'ultimo omicidio, vengono uccisi Stefano Baldi e Susanna Cambi. Stefano ha 26 anni, ed è un operaio di Calenzano, mentre Susanna ha 24 anni e lavora come commessa. I due ragazzi si sarebbero dovuti sposare nel giro di pochi mesi. La sera dell'omicidio cenano a casa di Stefano e poi escono per andare ad appartarsi a Calenzano, nei pressi di Prato, in una strada isolata che attraversa un campo. Il serial killer raggiunge la Golf nera di Baldi e spara: Susanna viene raggiunta da cinque colpi, mentre Stefano viene colpito tre volte. Anche Susanna, come la vittima precedente, viene trascinata fuori dall'auto, ma stavolta per portare a termine il suo rituale, il serial killer è costretto a estrarre anche il corpo del ragazzo.
Il corpo di Susanna viene ritrovato in un canale poco distante dall'auto: l'assassino ha infierito sul seno della ragazza e le ha asportato il pube, stavolta in modo più rozzo e impreciso, rispetto a come aveva fatto con Carmela Di Nuccio. Il contenuto della borsetta viene rovesciato e sparpagliato nell'area circostante. Anche Susanna Cambi, come le precedenti vittime, aveva parlato di molestie da parte di sconosciuti avvenute nelle settimane precedenti al delitto. A tale proposito, va ricordato che il giorno dopo il delitto (prima che i corpi fossero ritrovati) qualcuno telefonò alla zia di Susanna chiedendo di parlare con sua madre, che in quel periodo era ospite della sorella. A causa di inconvenienti tecnici però, la telefonata cadde. Il dettaglio interessante è che nessuno avrebbe potuto conoscere il numero della zia di Susanna, visto che era relativo ad un indirizzo nuovo e quindi provvisorio.
5. Paolo Mainardi e Antonella Migliorini (19 giugno 1982)
La notte del 19 giugno 1982 vengono uccisi Paolo Mainardi e Antonella Migliorini. Paolo ha 22 anni e lavora come meccanico, Antonella ha 19 anni lavora presso una ditta di confezioni. I due ragazzi sono fidanzati da tempo e trascorrono la loro ultima sera assieme a cena da parenti, quindi decidono di uscire per andare ad appartarsi a Baccaiano di Montespertoli. Nelle settimane precedenti al delitto, Antonella aveva detto ad amiche e colleghe che avrebbe evitato di appartarsi con il fidanzato in luoghi troppo isolati, perché aveva paura dell'assassino che l'anno prima aveva ucciso quattro ragazzi a distanza di pochi mesi. Effettivamente la sera dell'omicidio si appartano in un luogo poco isolato, che oltretutto in quella particolare serata era particolarmente trafficato, visto che in una località poco distante si svolgeva una festa patronale.
Il serial killer agisce col favore dell'oscurità quindi, ma quando spara ai due ragazzi, Paolo tenta di fuggire, nonostante sia ferito, e mette in moto la sua Fiat 147, che però finisce bloccata sul lato della strada. L'assassino spara altri colpi ai due ragazzi, tira le chiavi dell'auto dal quadro di accensione e le getta via, ma è costretto ad allontanarsi in fretta senza portare a termine il solito rituale macabro sulla ragazza. I corpi dei due ragazzi vengono scoperti quasi subito, tanto è vero che Paolo Mainardi respira ancora e viene portato d'urgenza in ospedale a Empoli, dove morirà qualche ora dopo senza riprendere conoscenza. Il giudice Silvia Dalla Monica a questo punto, convoca i cronisti in procura e chiede loro di scrivere che Mainardi aveva rivelato informazioni importanti sull'identità del mostro, ma questo stratagemma non ottiene l'esito sperato.
6. Horst Wilhelm Meyer e Jens-Uwe Rüsch (9 settembre 1983)
Il 9 settembre 1983, a Giogoli, il Mostro uccide due turisti tedeschi, Jens-Uwe Rüsch e Horst Wilhelm Meyer, entrambi di 24 anni, studenti presso l'Università di Münster. I due ragazzi sono all'interno del loro furgone Volkswagen T1, quando l'assassino spara sette colpi dall'esterno uccidendo prima Meyer e poi Rüsch, che tenta di fuggire ma viene raggiunto da quattro proiettili, di cui uno alla testa. Dopo aver ucciso i due tedeschi, l'assassino entra nel furgone, ma si allontana senza proseguire il consueto rituale di escissione, forse perché si rende conto che si tratta di due uomini. Rüsch infatti porta i capelli biondi lunghi ed è di corporatura esile e potrebbe essere stato scambiato per una donna.
7. Claudio Stefanacci e Pia Rontini (29 luglio 1984)
Il 29 luglio 1984 il Mostro uccide Pia Rontini e Claudio Stefanacci. Pia ha 18 anni e lavora in un bar della stazione di Vicchio, mentre Claudio ha 21 anni ed è uno studente universitario. I due si appartano in una strada isolata e vengono aggrediti mentre sono sul sedile posteriore della Fiat Panda azzurra di Claudio. L'assassino spara quattro colpi al ragazzo e due alla sua fidanzata, che tenta invano di fuggire, per poi infierire sui loro corpi. Anche a Pia Rontini è riservato lo spaventoso rituale dell'escissione del seno sinistro e del pube. La borsa di Pia non viene frugata e rovesciata, come negli altri delitti, ma alla ragazza viene strappato via la catenina con la croce che portava al collo.
A scoprire i cadaveri dei due poveri ragazzi sono gli amici di Claudio, che allertati dalla madre del ragazzo, preoccupata dal suo mancato rientro, si recano nella zona dove sapevano che era solito appartarsi con la fidanzata. Anche Pia Rontini, come le altre ragazze uccise dal serial killer, nelle settimane precedenti al delitto aveva confidato di essere stata infastidita da uno sconosciuto. Il padre di Pia Rontini si è impegnato fino alla sua scomparsa, avvenuta nel 1998, perché venisse fatta luce sull'omicidio di sua figlia e del suo fidanzato. Ed è proprio su Renzo Rontini (e sull'omicidio del 1984) che è incentrata la miniserie Sky Il Mostro di Firenze, andata in onda nel 2009.
8. Jean-Michel Kraveichvili e Nadine Mauriot (7 - 8 settembre 1985)
Risale agli inizi di settembre 1985 l'ultimo duplice omicidio del Mostro di Firenze, forse uno dei più efferati, considerato anche ciò che accadrà dopo il delitto. Il serial killer uccide turisti francesi, Jean-Michel Kraveichvili e Nadine Mauriot. Lui è un musicista di origini georgiane di 25 anni, lei ha 36 anni, è titolare di un negozio di calzature, si è separata di recente dal marito e ha due figlie piccole.
Jean-Michel e Nadine sono accampati con la loro canadese gialla a Scopeti, nella campagna di San Casciano Val di Pesa, in una piazzola nei pressi di un cimitero. L'assassino taglia il telo della tenda sul lato posteriore e poi si sposta davanti all'ingresso per sparare ai due francesi. La Mauriot viene freddata, mentre il suo compagno tenta la fuga ma viene raggiunto dal serial killer che lo finisce a coltellate e poi nasconde il suo corpo tra i rifiuti. Il cadavere della ragazza, al quale viene asportato il pube e la mammella sinistra, viene ricollocato nuovamente nella tenda nel tentativo di nasconderlo e - si suppone - di ritardarne il più possibile il ritrovamento. La data esatta dell'omicidio infatti non è nota, ma grazie agli esami sui corpi e lo sviluppo delle larve di mosche ritrovati su di essi (e alle testimonianze di altri campeggiatori) viene collocata tra il 7 e l'8 settembre.
Perché questo tentativo di ritardare la scoperta dei cadaveri dei due francesi? Perché il Mostro stavolta vuole essere lui ad "annunciare" il delitto e lo fa inviando al giudice Silvia Dalla Monica una busta contenente un frammento del seno di Nadine Mauriot. Il suo piano però viene vanificato da un uomo impegnato a cercare funghi nella zona degli Scopeti che scopre i cadaveri poche ore prima dell'arrivo della missiva.