Tra sincerità e ironia, Chloé Zhao ha raccontato al pubblico londinese la propria esperienza di regista neurodivergente, svelando come questa condizione abbia influenzato profondamente il suo approccio al cinema. Presentando il suo nuovo film Hamnet, l'autrice di Nomadland ha definito la propria sensibilità "una superpotenza" più che una diversità.
Chloé Zhao e la sensibilità come superpotere
Durante l'incontro organizzato dal BFI London Film Festival, la regista premio Oscar ha riflettuto sul valore della neurodivergenza nel suo processo creativo. "Sono neurodivergente, quindi mi sono sempre chiesta perché non riuscissi a integrarmi completamente, o perché certe cose che per altri sono semplici per me risultino difficili - come le chiacchiere di circostanza," ha raccontato Zhao con disarmante franchezza.

La sua mente, spiega, assorbe una quantità di stimoli fuori dal comune: "Mi capita di pensare già a cosa l'altro pensa di me, di notare il significato di un abito, di un gesto, di un tono. Non riesco a spegnere questo processo."
Con un sorriso, ha ammesso che questa ipersensibilità rende talvolta complessi i rapporti quotidiani: "Se sorridi ma sei triste, io lo percepisco. E finisco per chiedere: 'Cosa ti è successo? Qual è il tuo trauma d'infanzia?' - non sempre è una domanda gradita!" ha scherzato, tra le risate della platea. Ma è proprio da questa "disfunzione", come qualcuno la definirebbe, che Chloe Zhao trae una forza creativa straordinaria. "Quando ho imparato a dare un nome a ciò che sentivo, ho capito che era un dono: riesco a riconoscere i pattern, a intuire le situazioni prima che accadano. Sul set è prezioso, perché sento quando qualcosa non vibra nel modo giusto con gli attori."
La regista descrive il suo metodo come una ricerca di verità interiore, un ascolto delle dissonanze emotive che emergono anche fuori copione: "A volte mi rendo conto che ciò che un attore prova non è ciò che abbiamo scritto. Allora lo invito a togliere la maschera, a mostrarsi davvero. Quando accade, è un momento magico: è autenticità allo stato puro."
"Creare un mondo che sia sano per me"
Nel corso dell'incontro, Zhao ha parlato anche del suo nuovo film Hamnet - Nel Nome Del Figlio, presentato in anteprima a Londra insieme a Paul Mescal, Jessie Buckley e ai produttori Steven Spielberg e Sam Mendes.
Ambientato nel mondo di Shakespeare, il film affronta il dolore e la perdita con una delicatezza quasi poetica, in piena continuità con il linguaggio intimo e contemplativo che ha reso celebre la regista.

Zhao ha spiegato come il suo modo di percepire il mondo influenzi anche la costruzione dell'ambiente di lavoro: "A volte mi chiedo se non sia il mondo a essere diventato troppo rumoroso, troppo veloce, troppo accecante. Così cerco di creare un set che sia sano per me, un luogo dove posso funzionare bene." Per lei, la neurodivergenza non è un ostacolo, ma una lente che amplifica la percezione del reale, capace di trasformare il cinema in un atto di equilibrio tra empatia e caos.
Ripercorrendo la propria carriera - da Songs My Brothers Taught Me a The Rider, fino a Eternals - Zhao ha ricordato come la fantasia e il mito siano sempre stati parte integrante del suo immaginario: "Da bambina sognavo di diventare una mangaka. Disegnavo ogni giorno, con passione. Credo che quel modo di raccontare per immagini non mi abbia mai abbandonata."
Il suo cinema continua a muoversi tra la concretezza del mondo e la dimensione interiore, trasformando la fragilità in linguaggio. E, come lei stessa ha concluso, "se impariamo ad accordarci con la nostra dissonanza, possiamo creare armonia anche nel rumore del mondo."