Frankenstein, Del Toro mostra la simbologia del suo film: "Tutto è stato fatto da umani per gli umani"

Nel nuovo "Frankenstein" di Guillermo del Toro, Jacob Elordi si trasforma nel mostro grazie a 42 protesi e 10 ore di trucco al giorno. Un film interamente "artigianale", dalle scenografie ai costumi, concepito come un'opera totale sul senso della creazione e dell'imperfezione.

Una scena di Frankenstein

Guillermo del Toro rianima il mito di Frankenstein con una cura quasi mistica per il dettaglio. Il regista premio Oscar trasforma il mito gotico di Mary Shelley in un un film dove tutto è reale, costruito a mano, e dove Jacob Elordi diventa la Creatura attraverso un processo di metamorfosi fisica e poetica.

Un Frankenstein interamente "fatto a mano"

C'è un filo che unisce l'ossessione romantica di Mary Shelley e quella di Guillermo del Toro: la domanda su cosa significhi davvero creare la vita. Nel suo nuovo adattamento di Frankenstein - disponibile su Netflix - il regista messicano ha scelto di costruire letteralmente ogni elemento da zero. "In questo film tutto è realizzato in scala reale, a mano, da esseri umani per altri esseri umani", ha spiegato del Toro.

Frankenstein Mia Goth Christian Convery
Una scena di Frankenstein

Dopo anni di desiderio, del Toro ha finalmente dato vita al suo Frankenstein. Ma più che una rivisitazione del classico, la sua è una rinascita: un racconto ambientato durante la Guerra di Crimea, tra suggestioni spirituali e modernità visiva. Il risultato è un film "operatico", come lo definisce il regista stesso, realizzato con la precisione di un artigiano. Persino l'esplosione del laboratorio è stata realizzata con effetti pratici, senza ricorrere al digitale.

La produzione, una delle più ambiziose mai concepite dal regista, si è basata su un lavoro di artigianato e ricerca maniacale: 119 set, 3.178 giornate di lavoro per costruire la nave Horisont, sei mesi di modellazione, e oltre 1.200 giornate di lavoro solo per l'esterno della torre. Tutto in Frankenstein è materico, tangibile, colmo di vita e imperfezione, come il suo protagonista.

Il laboratorio di Frankenstein, ogni set è stato costruito con materiali autentici e una precisione filologica che mescola gotico e realismo industriale. La scenografa Tamara Deverell ha perfino consultato un costruttore di modelli navali per garantire la fedeltà storica delle strutture, mentre la designer Kate Hawley ha intrecciato moda, simbolismo e scienza nei costumi.

Jacob Elordi, la "Creatura" di Guillermo del Toro

Protagonista di questa rinascita è Jacob Elordi, che per incarnare la Creatura ha dovuto affrontare una trasformazione fisica radicale: 42 protesi in silicone, 14 solo su testa e collo, applicate in oltre dieci ore di trucco ogni giorno. L'effetto, spiega il prosthetic artist Mike Hill, è quello di "mettere l'interno di un corpo umano all'esterno, perché le vene e i tessuti sono la parte più visibile e vulnerabile dell'essere".

Il corpo di Elordi diventa così un mosaico di errori e tentativi, un esperimento vivente dove si leggono le cuciture del creatore, Victor Frankenstein (interpretato da Oscar Isaac). "Non è il classico cadavere rianimato", spiega Hill, "ma il risultato di un uomo che prova a costruire la perfezione e inevitabilmente fallisce".

Del Toro, fedele alla sua idea di cinema "tattile", ha evitato la CGI ogni volta che è stato possibile, affidandosi invece a materiali tangibili e un linguaggio visivo che trasforma la materia in metafora. "Non è estetica, è sostanza: non è dolcezza per gli occhi, sono proteine, sono nutrimento", ha detto il regista, definendo il film un'opera di scultura cinematografica.

La mostra di Londra: anatomia di un capolavoro artigianale

Per celebrare l'uscita del film (nelle sale e su Netflix dal 7 novembre), la capitale inglese ospita fino al 9 novembre la mostra gratuita "Frankenstein: Crafting a Tale Eternal" presso The Old Selfridges, un viaggio immersivo nel laboratorio creativo del regista. Qui, costumi, scenografie e bozzetti svelano la complessità di un'opera che unisce arte, storia e filosofia.

I visitatori possono ammirare gli abiti disegnati da Kate Hawley, collaboratrice di lunga data di del Toro (Crimson Peak), realizzati in sintonia con le architetture di Tamara Deverell, scenografa premiata con l'Oscar per Nightmare Alley. I costumi di Elizabeth, interpretata da Mia Goth, sono tra gli elementi più simbolici: vestiti bianchi come la purezza e un abito blu, ricamato come una radiografia, che rappresenta la scienza. "Questo è storytelling", spiega del Toro, sottolineando come ogni colore e tessuto racconti un frammento dell'anima dei personaggi.

Hawley ha utilizzato oltre 60 metri di stoffa per la gonna di Elizabeth, rendendola eterea, "quasi un angelo, l'angelo della vita e della morte". Al contrario, i costumi di Victor Frankenstein, indossati da Oscar Isaac, mostrano la corruzione del tempo: velluti logori, cuciture spezzate, un'eleganza che si disgrega insieme alla sua follia. Le ispirazioni spaziano da David Bowie a Francis Bacon, passando per Picasso e Damien Hirst, a testimonianza di una visione in cui arte e anatomia si fondono.

Frankenstein di Guillermo del Toro: le differenze con la creatura immortale nata dalla penna di Mary Shelley Frankenstein di Guillermo del Toro: le differenze con la creatura immortale nata dalla penna di Mary Shelley

Tra le installazioni più affascinanti c'è la ricostruzione del laboratorio, con i tavoli di legno lavorati a mano e un motivo circolare che domina l'intera scenografia: il cerchio come simbolo di eternità, riflesso nei disegni, negli specchi e persino nella narrazione stessa. "Il film è un cerchio", spiega del Toro, "perché inizia come un racconto sacro e finisce come un delirio umano: pensi di ascoltare Gesù, ma ti rendi conto di sentire Charles Manson".

Infine, la musica di Alexandre Desplat, che aveva già collaborato con il regista in La forma dell'acqua e Pinocchio, accompagna il film come un battito fragile. "Volevamo che l'anima della Creatura avesse la delicatezza di un violino", racconta il compositore. "È un corpo gigantesco, ma la sua voce è quella di uno strumento puro, quasi spezzato".

Ogni elemento di Frankenstein - dal costume al suono, dalla nave alle vene in lattice - racconta una storia di mani, materia e umanità. È un film costruito come il suo protagonista: imperfetto, struggente, vivo. E come in ogni creazione di Guillermo del Toro, il mostro non è ciò che spaventa, ma ciò che riflette la nostra parte più vera.