Non c'è pace per il cinema internazionale, in questo 2016 che si sta portando via troppe personalità illustri, sia della settima arte così come della musica e della politica. Ci ha lasciati il regista iraniamo Abbas Kiarostami, autore de Il sapore della ciliegia, film per il quale era stato premiato a Cannes nel 1997 con la Palma d'Oro.
La scorsa primavera al regista era stato diagnosticato un tumore all'apparato gastrointestinale, e si era trasferito anche a Parigi per sottoporsi a dei trattamenti.
Nato nel 1940 a Teheran, Kiarostami è appassionato di disegno e pittura sin dall'infanzia, si iscrive all'Accademia di Belle Arti a Teheran, e allo stesso tempo per mantenersi lavora in una stazione di polizia come impiegato amministrativo. Dopo il diploma, negli anni Sessanta, diventa pubblicitario e collabora all'ideazione e realizzazione di spot pubblicitari e fiction televisive. Successivamente, nel 1969, con un suo amico fonda "l'Istituto per lo sviluppo intellettuale dei bambini e adolescenti", che ben presto diventa un importante punto di riferimento per lo studio della cinematografia in Iran. Cinque anni dopo realizza il suo primo lungometraggio, dopo una serie di corti: Il viaggiatore, incentrato su un bambino che vuole assistere alle partire di calcio della nazionale iraniana, cui fanno seguito i documentari ad argomento educativo Gli alunni della prima classe del 1984 e Compiti a casa del 1989.
Il suo primo riconoscimento internazionale arriva nel 1987 con Dov'è la casa del mio amico?, ancora un racconto ad ambientazione scolastica, grazie al quale viene premiato al Festival del Cinema di Locarno con il Pardo di Bronzo. Seguono altri titoli esaltati dalla critica, quali il meta-cinematografico Close-up in cui compare un altro apprezzato regista iraniano, Mohsen Makhmalbaf; E la vita continua, sul devastante terremoto in Iran del 1990, e Sotto gli ulivi, che formano una sorta di trilogia, ambientata nel medesimo villaggio di Koker. Nel 1996 firma la sceneggiatura di un'altra opera fondamentale per la New Wave iraniana, Il palloncino bianco, diretto dal suo assistente Jafar Panahi, che diverrà un'altra personalità di spicco della cinematografia del paese. Kiarostami, infatti, intraprenderà una carriera molto attiva anche come sceneggiatore, che lo porterà a firmare numerosi copioni per altri registi, tra cui Oro Rosso, nel 2003, di nuovo per l'amico Panahi.
La consacrazione definitiva arriva nel 1997, quando il regista vince la Palma d'Oro a Cannes per lo straordinario Il sapore della ciliegia, opera esistenzialista e laconica che si interroga sul senso della vita. Due anni dopo per Il vento ci porterà via, ancora un lavoro pieno di interrogativi filosofici, Kiarostami riceve il Gran Premio della Giuria al Festival del Cinema di Venezia.
Nel 2001,il regista torna al cinema documentario con ABC Africa, per parlare del grave problema dell'AIDS nel continente africano. Kiarostami ha poi presentato al 55esimo Festival di Cannes Dieci, un film realizzato in digitale e che si svolge all'interno di un'automobile, per raccontare le vite di sei donne, considerato da Sight & Sound uno dei film chiave del decennio. Segue Five, omaggio sperimentale al regista giapponese Yasujiro Ozu. In seguito il regista si dedica alle opera collettiva Tickets, trittico composto insieme a Ermanno Olmi e Ken Loach e ambientato interamente in treno, e all'antologia Chacun son cinéma.
Dopo aver ricevuto il Pardo d'Onore al Festival di Locarno nel 2005, anno nel quale è stato anche presidente della Giuria di Caméra d'Or al Festival di Cannes, torna alla regia nel 2008 con Shirin, altra opera sperimentale che riflette sul cinema, e nel 2010 con Copia conforme, riflessione sul senso dell'arte, ambientato in Italia e interpretato da William Shimell e Juliette Binoche, la quale è stata premiata con il premio per la miglior attrice al Festival di Cannes. Nel 2012 infine, Kiarostami firma la sua ultima regia, Qualcuno da amare.