Aaron Sorkin è tornato ad attaccare Mark Zuckerberg, papà di Facebook, a 9 anni da quanto aveva già fatto con The Social Network e questa volta non da una sala cinematografica ma dalle colonne del New York Times, con una lettera aperta.
L'occasione vera è stata la visita di Mark Zuckerberg alla Commissione servizi finanziari della Camera del Congresso statunitense: avrebbe dovuto parlare della criptovaluta Libra ma a far notizia è stato il duro attacco della deputata Alexandra Ocasio-Cortez sul tema delle fake news, dei post politici, di incitamento all'odio, e di come gli stessi vengono gestiti dagli algoritmi di Facebook. Se di fronte alla Ocasio-Cortez Mark Zuckerberg è apparso in evidente difficoltà, lo sarà sicuramente altrettanto nel dover rispondere alle parole di Aaron Sorkin, che l'ha punzecchiato sugli stessi temi.
Nel 2010, scrivendo la sceneggiatura di The Social Network, Aaron Sorkin si era già attirato le ire di Zuckerberg e soci, come ha lui stesso ricordato in apertura della lettera, quando il fondatore di Facebook aveva bollato il ritratto poco lusinghiero del film come assolutamente inesatto e, in parole povere, inutile.
Oggi però non si parla più dei suoi inizi ma di come continua a condurre il suo impero, tra cancellazione, o meno, di account pericolosi, diffusione di notizie false che veicolano una visione distorta del mondo.
Il problema non è naturalmente solo legato a Facebook, ma prende il via dalla mancanza di leggi che regolamentino la diffusione di notizie da parte di piattaforma, come Facebook, che non sono media company ma che hanno comunque il diritto di fare informazione, in un certo qual modo, o almeno di diffonderla. In mancanza di tutele legali, dunque, è ovvio come la questione passi al vaglio dell'ordine morale. Ed è proprio da un sentire puramente personale che Sorkin comincia ad attaccare: il riferimento è al discorso pronunciato da Zuckerberg alla Georgetown University, un discorso che esaltava dall'inizio alla fine l'imprescindibile diritto alla libertà di parola. Nonostante le sue riflessioni fossero largamente condivisibili, tuttavia Sorkin non ha potuto trattenersi dal pensare, con ironia, alle notizie false e pericolose che non solo da Facebook vengono veicolate ma addirittura amplificate dal suo essere il mezzo di comunicazione più utilizzato al mondo.
Come la libertà di parola, anche l'esattezza verificabile delle notizie è una principio fondamentale di qualunque democrazia, ma a quanto pare per Zuckerberg ha un peso di diverso, e per una questione di interesse economico e politico. Sorkin cita dei dati agghiaccianti: l'anno scorso oltre il 40 percento degli americani ha dichiarato di essersi informato attraverso Facebook. Se il problema legato alle fake news potrebbe essere risolto dalla sana abitudine di controllare la veridcità della notizia semplicemente attraverso più fonti, la realtà è ben diversa ed è per questo che Zuckerberg dovrebbe cercare di rendere Facebook una sorgente di notizie reali, e non, come è spesso, un mezzo per veicolare odio e falsità.
"Proprio ora sul tuo sociale network c'è un annuncio che afferma che Joe Biden ha dato al procuratore generale ucraino un miliardo di dollari per non indagare su suo figlio. Ogni dettaglio di questa notizia è una bugia, ed è raccontata con il tuo logo. Facebook non sta difendendo la libertà di parola, Mark, sta attaccando la verità" ha tuonato Aaron Sorkin. Che in chiusura della sua lettera aperta ha voluto citare ancora una volta non solo la risposta di Zuckerberg ad Alexandra Ocasio-Cortez - per la quale si è semplicemente appellato ai due strumenti meno utilizzati nella storia dell'umanità: la capacità di discernimento e il buon senso -, ma anche, ancora una volta, la finzione del suo The Social Network, affermando: "Mark, se avessi saputo che la pensavi così, avrei fatto inventare Facebook ai gemelli Winklevoss".