Vedere l'entusiasmo con cui Guido Quaroni, lombardo di nascita ma americano d'adozione, ci parla del suo lavoro alla Pixar è insieme piacevole e sorprendente. Piacevole perchè la partecipazione con cui ci introduce alla sua storia, ai suoi incarichi, ai loro metodi è travolgente e ci offre uno spaccato intimo, realistico ed emozionante di quel (non più) piccolo miracolo che è lo studio di John Lasseter; sorprendente perchè, diciamocelo, noi italiani siamo abituati ad enfatizzare, sempre e comunque, quanto sia pesante e fastidioso il nostro lavoro, anche quando abbiamo la fortuna di guadagnarci da vivere facendo qualcosa che amiamo.
La sorpresa però dura solo un attimo e basta soffermarsi su cosa è la Pixar, cosa ha ottenuto nell'intervallo di tempo tra Toy Story e Toy Story 3 - La grande fuga, per renderci conto che quella passione e quella partecipazione sono chiari, evidenti e visibili in ogni fotogramma dei loro capolavori, undici ad oggi, capaci di spostare l'asticella del campo dell'animazione (3D e non) sempre una tacca più in alto.
Arriviamo in Disney per intervistare Quaroni carichi di voglia di porgli domande, di approfondire il nuovo film e tutto il mondo Pixar, quindi un po' ci dispiace nell'apprendere che ci farà una breve introduzione con tanto di slides. Eppure bastano i primi minuti a conquistarci ed aumentare, piuttosto che soddisfare, la nostra curiosità; e quando ci rendiamo conto che è passata un'ora (l'intera presentazione arriverà ad un'ora e mezza), vorremmo che Guido Quaroni non smettesse mai di parlare, spiegare, mostrare immagini e video del suo/loro lavoro su Toy Story 3 e non solo: se la parola slide ci aveva instillato l'idea di una pesantezza da lezione universitaria, l'introduzione di Quaroni sembra invece il racconto di una vacanza e la sensazione, proprio grazie a quell'entusiasmo che abbiamo citato in apertura, è di un amico che ci racconta di un viaggio meraviglioso che sta facendo, tappa dopo tappa.
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Curiosità che non hanno evitato di sfociare nel tecnico: Quaroni ha illustrato le caratteristiche dei modelli poligonali a cui lavorano e l'animazione basata sul tai-chi che tutti i personaggi devono essere in grado di riprodurre, per assicurare la portabilità delle animazioni da un modello all'altro, soffermandosi sulle particolarità di quelli di Toy Story 3, rovinati per simulare il passaggio del tempo, ma non troppo perchè, come sottolinea lo stesso Lasseter, "Andy tratta bene i suoi giocattoli"; ha mostrato i 5000 processori che si occupano del rendering nel corso della notte, per un tempo di 5/7 ore ad immagine che è rimasto immutato nel tempo, a fronte sì di macchine più potenti che però bilanciano una complessità sempre crescente; ha spiegato le curiosità che riguardano gli innumerevoli abiti di Ken e la loro realizzazione (ad ogni dipendente è stato chiesto di disegnarne uno a sua scelta), le tantissime citazioni interne alla Pixar che si nascondono qua e là nelle scene (non per ultimi i disegni dei bambini dell'asilo, realizzati dai figli dei membri dello staff) e la ricchezza delle scenografie, confrontandole con quelle dei capitoli precedenti; ha usato grafici a torta ed istogrammi per mostrarci le varie fasi del processo produttivo di un film Pixar, con i dipartimenti coinvolti in ogni periodo della lavorazione; ha soprattutto spiegato come il formato in cui il film è stato pensato è quello che vedremo nel blu-ray, 1.78:1 e non l'1.85:1 con cui è stato distribuito in sala, per avere una risoluzione reale di lavoro (1920x1080) pari a quella ormai standard dei nuovi formati ad alta definizione.
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E quando finalmente è il momento di intervistare Quaroni, siamo così carichi di curiosità che alle domande iniziali se ne sono aggiunte altre tremila ed il tempo è così poco...
Con le tue parole ci hai fatto venire voglia di lavorare alla Pixar... Guido Quaroni: Lo capisco, è un posto bellissimo, ma si lavora anche tanto. Per fortuna con il tempo abbiamo imparato anche a lavorare meglio. Il mio primo anno, quando si era al lavoro su Toy Story 2, non è stata una vacanza: prima di tutto non capivo niente di inglese e poi si arrivava a lavorare anche 80 o 90 ore a settimana, quindi ritmi estremamente serrati. Invece per Toy Story 3 abbiamo lavorato solo cinque sabati in tutto il film, per il resto tutti regolarmente al lavoro dal lunedì al venerdì: si inizia tra le 8 e le 10 e si finisce tra le 17 e le 20 con orari molto flessibili; non esiste il concetto di timbrare il cartellino. Ovviamente se abbiamo dei meeting con altre persone, dobbiamo rispettare gli orari, ma altrimenti ognuno si organizza come preferisce: c'è per esempio chi passa tutto il giorno a giocare ai videogiochi e lavora di notte, basta che fa il suo lavoro, l'importante è il risultato. Come dicevo, per Toy Story 3 abbiamo cercato di evitare tour de force o straordinari eccessivi e devo dire che siamo diventati bravi ad organizzare e pianificare: se si arriva a lavorare solo cinque sabati su un progetto di quattro anni, vuol dire che è andato tutto bene, come pianificato inizialmente.
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Se non sbaglio, Toy Story 2 ha avuto diversi problemi produttivi all'inizio... Guido Quaroni: E' vero, ha avuto diversi problemi di produzione e ovviamente non c'erano abbastanza persone per finirlo, quindi si lavorava a ritmi disumani. E poi ancora non si sapeva bene come fare i film: chi faceva la pianificazione diceva "ma sì, questo ci metti un giorno a farlo", e poi all'atto pratico era molto più complesso. E poi tutti lavoravano a tutto: io per Toy Story 2 ho fatto modellazione, articolazioni e, anche se non si era il migliore in quel campo specifico, serviva l'apporto di tutti in ogni settore, quindi si finiva a lavorare ad ogni aspetto del film. Adesso è molto più settoriale, anche perchè siamo molto più bravi e specializzati in ogni settore, quindi ognuno fa solo quello in cui è più forte. A me però piace avere nel mio team persone capaci di lavorare almeno ad un paio di discipline: se uno fa le luci, mi piace che sappia lavorare anche ai materiali, per esempio, sia per dare un po' di varietà al lavoro, sia per poter gestire meglio i problemi. Quindi prediligiamo sempre quelli più generalisti, le persone che sanno fare un po' più cose, senza però arrivare all'eccesso opposto. Molti curriculum che arrivano dall'Italia, per esempio, sono di persone che lavorano in posti piccoli e che quindi sono costretti a fare veramente tutto, ma non si può essere bravi in ogni cosa.
Anche la gestione di tante persone passa per un'organizzazione molto precisa e dettagliata? Guido Quaroni: Sì, indubbiamente. Ci sono sequenze dei film che richiedono la coordinazione di diversi settori. In Toy Story 3 è il caso della sequenza della discarica: quando così tanti personaggi hanno a che fare con così tanti oggetti è sempre complicato. E' importante la pianificazione, anche a priori nel decidere come comportarsi con il software: usiamo la versione vecchia o la riscriviamo? Non possiamo riscrivere tutto ogni volta, allora si tratta di prevedere quali porzioni sia meglio attualizzare. E poi è difficile gestire le persone, cosa far fare ad ognuno in base ai loro punti di forza.
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Prima di arrivare in Pixar, qual era il tuo rapporto con l'animazione? Cosa ti piaceva? Guido Quaroni: Sono sempre stato un patito dei film dei primi anni '80 che parlavano di tecnologia ed ero fanatico di computer. Poi ho visto Tron, infatti ora aspetto il nuovo con curiosità, e sono rimasto affascinato dalla computer grafica, dall'idea che i numeri diventassero immagini applicando regole matematiche. La Pixar allora era già considerata il massimo a livello di ricerca e di tecnologia ed una serie di eventi mi hanno portato lì. Mi ero proposto come sviluppo software, ma poi c'era bisogno di persone che facessero tutto e mi sono trovato a lavorare anche ai modelli. In Toy Story 2 c'era bisogno di realizzare il personaggio di un minatore e fu proposto a me, anche se non avevo mai modellato niente, e da lì mi sono integrato sempre di più nella fase produttiva.
Dal punto di vista dell'evoluzione tecnica, ogni nuovo film Pixar supera delle barriere, imponendo dei nuovi standard: dalla pelliccia di Monsters & Co. al mondo sottomarino di Nemo. Quali sono state le sfide di Toy Story 3 e quali vanno superate per il futuro? Guido Quaroni: Diciamo che quando si fa un sequel c'è qualcosa in meno a cui pensare. Anzi per Toy Story 3 ci siamo dovuti in parte limitare per evitare che si notasse una differenza troppo marcata rispetto ai capitoli precedenti. Quello che si dovrebbe avvertire dal punto di vista visivo è il numero di oggetti che compongono la scena, la complessità dal punto di vista della ricchezza delle inquadrature.
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Il lavoro puramente tecnico influisce in qualche modo sul copione o il lavoro sulle sceneggiature è intoccabile? Guido Quaroni: Nel corso del primo anno di un progetto, mentre la storia nasce, io sono la voce tecnica e cerco sempre di lasciare che gli autori sviluppino la loro storia. E' ovvio che cerco di mettere dei paletti: durante la stesura di Monsters & Co. venivano fuori personaggi con 3000 teste, 8000 occhi, allora si cerca di contenere. Io come coordinatore del dipartimento tecnico e responsabile dell'animazione, anche per Toy Story 3, sono presente nella fase di sviluppo dei personaggi e della storia per far sì che si mantenga un equilibrio. Spesso il regista chiede "com'è questa cosa? E' dura?" e allora bisogna capire se quel particolare aspetto sia importante per la storia che si sta costruendo, e allora si dice "sì, è dura, ma si fa". Faccio un esempio molto semplice: le scarpette di Molly che si vedono in pochi shot sono dei sandali. Inizialmente erano delle infradito e si vedevano le dita, allora abbiamo chiesto di semplificare, di usare una scarpetta chiusa, carina, in modo da non dover gestire le articolazioni delle dita in base al movimento per pochissimi frame in cui appaiono, ed hanno modificato il design. Per un personaggio importante come Lotso invece non mi metto a creare problemi. Quindi c'è una continua discussione per creare questo tipo di equilibrio.
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C'è stato in Toy Story 3 un momento del genere? Guido Quaroni: Abbiamo cambiato tutto quello che voleva il regista. Sono stato anche un po' criticato per essere stato un po' troppo molle, per aver concesso troppo, ma il motivo è stato che il regista è stato molto bilanciato ed equilibrato nelle sue richieste per questo film ed allora gli ho voluto concedere tutto quello che voleva, anche se alcuni mi dicevano "ma dai, questo non lo nota nessuno, lasciamo perdere." Poi ha beccato anche un paio di cosette dopo che il flm era stato stampato, allora abbiamo modificato la versione blu-ray e quella per il 3D che era digitale e si riusciva ancora a correggere. E' un po' la nostra filosofia: ci sono tanti difetti che vediamo quando ormai è troppo tardi, anche cose che lo spettatore non noterebbe, ma la nostra idea è di fare un prodotto di qualità e visto che una volta andato in stampa non si può più cambiare, fino all'ultimo momento cerchiamo di correggere tutto il possibile. Facciamo i film per noi stessi, quindi ognuno si sente responsabile di quello che sta facendo, ed il tutto è permeato da una passione che viene condivisa. E' meglio lavorare con degli esaltati che lavorano con dedizione, piuttosto che con qualcuno che lavora con noncuranza, con un atteggiamento che rischia di diffondersi a tutto il suo gruppo e fa sì che un bel giorno ti accorgi che la qualità è scesa; quindi io sono contento quando ho nel mio gruppo quelli che chiamo gli esauriti.
Il fatto di sapere che il film andrà realizzato in 3D, inteso nel senso di stereografia, cambia qualcosa nella lavorazione? Guido Quaroni: Pensavamo molto di più quando hanno proposto Wall-E in 3D, che poi non si è riuscito a fare perchè era troppo tardi nella fase produttiva. Il regista di Up, che è stato il nostro primo film stereografico, era terrorizzato e diceva "come faccio, ora devo pensare a due film". Invece in pratica Up e Toy Story 3 hanno solo due scene diverse tra le due versioni, praticamente niente. Alla fine, per come la vediamo noi, il film in due dimensioni funziona benissimo anche in tre e vivecersa. Il layout è stato fatto in 2D, perchè ovviamente è molto più semplice che lavorare con gli occhialini, poi abbiamo la strumentazione per indossarli e vedere al volo l'effetto in tre dimensioni, ma almeno per ora le modifiche sono minime. Ripeto: la filosofia della Pixar è di fare due bei film, quindi un po' non capiamo le dichiarazioni di chi dice "fatto per il 3D". Per esempio tutto l'effetto delle profondità di campo, di sfocare gli oggetti in secondo piano per creare profondità, non è molto usato da chi fa film in 3D, perchè non serve, mentre noi abbiamo preferito non modificare questo aspetto tra le due versioni, salvo pochissime eccezioni quando era eccessivamente spinta. Cerchiamo di fare un unico film che funzioni in tutti i casi; questo non per sminuore il 3D ritenendolo non importante, ma perchè in Piaxr siamo abbastanza corservativi nell'approccio. E' ovvio che in 3D il film ha un impatto maggiore, ma non riteniamo che in due dimensioni sia noioso o gli manchi qualcosa. Sinceramente spero che il pubblico all'uscita dal film il 3D non lo abbia proprio considerato, che abbia sorriso, che si sia emozionato per la chiusura del cerchio di Toy Story, ma non che sia rimasto colpito dalla terza dimensione.
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Prima ci ha detto che solo dopo una prima fase di lavorazione il film riceve il green light per andare avanti. Capita spesso che un progetto non lo riceva e si fermi? Guido Quaroni: Sì, capita a tanti progetti ed anche questo è un aspetto da tener presente nella pianificazione. Dobbiamo vivere nel mondo reale, quindi abbiamo accettato l'idea che dobbiamo fare almeno un film all'anno per sostenere i costi che abbiamo. Speriamo che si capisca che tutti i film li facciamo perchè amiamo l'idea e la storia che vogliamo raccontare, come lo stesso Cars 2 o Toy Story 3. Le idee vengono proposte sempre dai registi che le vogliono dirigere, e quella che viene proposta è appunto una storia, non si parte dall'idea di dover fare un film per venderne i giocattoli. Infatti è molto bello che la Disney ci abbia permesso di fare Up, che in pratica non aveva merchandising.
Di tutti i film a cui hai lavorato, qual è quello a cui sei più legato?
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Un'ultima curiosità: tornerai a dare la voce a Guido in Cars 2? Guido Quaroni: Certo! E' la prima cosa che ho chiesto, altrimenti non ci avrei lavorato [scherza]