Roma 2011: Luc Besson e Michelle Yeoh al Festival di Roma con The Lady

Il regista francese e l'attrice cinese hanno presentato alla stampa The Lady, il film d'apertura della sesta edizione del Festival Internazionale del film di Roma, la biopic su Aung San Suu Kyi, l'attivista birmana Premio Nobel per la Pace nel 1991.

Presentato Fuori Concorso come apertura della kermesse romana, The Lady racconta la straordinaria avventura umana e politica di Aung San Suu Kyi, la pacifista birmana da decenni attiva contro la dittatura nel suo paese e per la difesa dei diritti umani. Costretta agli arresti domiciliari quasi ininterrottamente per vent'anni e separata a forza dal marito e dai figli residenti in Inghilterra la donna è oggi un simbolo di democrazia, libertà e uguaglianza. Ad interpretare sul grande schermo le sue gesta l'attrice cino-malese Michelle Yeoh, che per questo film è stata bandita a vita dalla Birmania. Ispirato e commosso dalla storia personale di Aung San Suu Kyi e dalla sua lotta per la
democrazia Luc Besson, icona dell'action europeo, ha deciso di realizzare questo film per contribuire a far arrivare la sua voce in tutto il mondo in modo che tutti possano conoscerla e condividere il suo messaggio. A Roma ad accompagnare il toccante e potente film stamattina c'erano il regista, che indossava con orgoglio la maglietta del suo film, insieme alla moglie Virginie Besson-Silla (produttori del film con la loro società EuropaCorp), il co-protagonista David Thewlis, che nel film è Micheal Aris, studioso di cultura tibetana marito della Kyi, e naturalmente la protagonista assoluta di questo bio-pic, Michelle Yeoh, già protagonista de La tigre e il dragone e Memorie di una geisha. Per ora il film non ha un distributore italiano ma siamo certi che lo troverà presto, forse proprio in questi giorni.

Besson, ci aiuta a capire quanto è stato difficile costruire e trasporre in un film personaggi viventi così carismatici senza avere la possibilità di frequentarli spesso e di confrontarsi direttamente con loro? Luc Besson: La grande difficoltà di questo film è stata proprio nel garantire l'assoluto rispetto nei confronti di una persona ancora viva, una donna che ha trascorso più di quindici anni agli arresti domiciliari, senza incontrarla, avevo l'esigenza di rispettare lei prima di tutto e per il suo popolo. Quando ho iniziato il film lei aveva già trascorso dodici anni in arresto e francamente non pensavo che venisse liberata nel giro di poco tempo. Ho concepito questo film per offrire il mio sostegno al suo operato, affinchè venisse riconosciuto pubblicamente e in tutto il mondo, affinchè potesse finalmente agire nei pieni poteri del suo ruolo, tutti noi ci siamo impegnati al massimo per avvicinarci più possibile alla verità.

Quanto di quello che vediamo è assolutamente vero? Luc Besson: La casa, ad esempio, era fedele alla realtà era la stessa in cui lei ha vissuto gli arresti, lo stesso dicasi per la casa di Oxford, siamo persino riusciti a rintracciare una foto del suo cane vero. Le maggiori difficoltà venivano dalla permanente incertezza sul suo destino, c'erano delle situazioni non molto cinematografiche che andavano ugualmente raccontate, ma nel farlo ho cercato di essere sobrio, la difficoltà si è successivamente affievolita grazie agli splendidi attori che ho scelto e che mi hanno sempre molto sostenuto.

Quanto è stato difficile per Michelle Yeoh interpretare un personaggio tanto importante e amato? Michelle Yeoh: Interpretare questa figura è stato un impegno enorme per me, è una donna rispettata amata non solo da milioni di birmani ma è la figura di riferimento di tutti gli oppressi. Non volevo imitare né volevo farlo, avevo il compito di interpretare il suo pensiero, i suoi prinicipi e per farlo ho dovuto imparare il birmano. vi assicuro che per una che parla cantonese e malese non è affatto facile, non ci sono attinenze, ho anche dovuto imparare a parlare inglese come lo parla lei. Ho subito perso cinque chili durante la lavorazione, considero questo film come un dovere nel rendere giustizia ad un atto d'amore enorme verso il proprio paese, verso un popolo e verso il proprio compagno di vita. Grazie a The Lady ho conosciuto il significato dell'amore vero.

Come ha costruito David Thewlis il personaggio del marito Michael, una persona che non ha potuto conoscere di persona e sulla quale esiste meno materiale a disposizione? David Thewlis: Devo ammettere che non sapevo nulla di lui prima di questo film, conoscevo ovviamente la storia di Aung San Suu Kyi, ma quando mi hanno chiesto di recitare nel film non avevo idea di dover interpretare il marito. Non avevo idea di come potessi fare per indagare su di lui visto che è sempre vissuto nell'ombra e che nelle poche apparizioni pubbliche aveva sul volto solo tanta angoscia e un'espressione di dolore persistente e molto seria. Dal materiale video che ho visionato appare come un uomo molto tenace, uno che prima di questa triste avventura doveva essere estremamente diverso. Come abbia potuto dare aiuto alla sua donna compiendo dei sacrifici così immensi è per me ancora un mistero, è un uomo che ha rinunciato alla vita normale per il popolo birmano e per la donna che ha amato sempre e comunque.

Il film è una bellissima storia d'amore che ha però anche una dimensione politica molto forte, quanto l'affascinava mostrare in un film come l'impegno vero può cambiare il mondo? Luc Besson: Mi interessava la dimensione umana di questa figura femminile, non si può non interrogarci su come questa donna abbia scelto di abbandonare tutto e tutti in nome della democrazia, volevo capire i meccanismi che l'hanno spinta a farlo, non ero sicuro che mi fosse tanto simpatica all'inizio, forse perchè non avevo tante informazioni su di lei. Lo scopo del film è diventato col tempo proprio questo, far capire il suo pensiero, la sua forza d'animo, la sua voglia di libertà. Non ho evitato di affrontare l'argomento politico ma non mi ci sono neanche soffermato a lungo. Attraverso la sua storia abbiamo tutti noi imparato qualcosa, d'altronde chi non ha mai avuto un nonno o un parente che ha abbandonato la famiglia e la casa per andare in guerra a combattere in nome della libertà?

Aung San Suu Kyi sceglie di portare avanti la lotta senza violenza, è una donna gentile, piena di grazia e sensibile. Quanta importanza ha avuto questo aspetto nel suo film e nella sua scelta di dirigerlo? Luc Besson: Probabilmente è l'aspetto più importante del film quello della ricerca della democrazia senza violenza, si sono verificati molti spargimenti di sangue durante la primavera araba specialmente, in Libia e in Tunisia ad esempio. In questi paesi la libertà è stata raggiunta con tante battaglie sanguinose, io non sono un esperto di storia ma mi pare di poter dire che qui abbiamo di fronte agli occhi un esempio di lotta perpetuata per oltre trent'anni senza mai l'uso della violenza. Semmai dovesse riuscire finalmente a governare il suo Paese Aung San Suu Kyi sarà la prova vivente che è possibile farlo. Credo che sia nostro dovere cercare di sostenere questa lotta pacifica, certo il processo può durare dei decenni come nel suo caso, ma alla fine mi auguro che possa finalmente diventare Primo Ministro e vivere felice.

Aung San Suu Kyi è stata liberata durante le riprese, qual è stata la vostra reazione sul set alla notizia? Luc Besson: E' curioso perchè abbiamo iniziato il film per aiutare la sua liberazione ed essa è avvenuta durante la lavorazione del film. Abbiamo tutti accolto la notizia con grande gioia, la cosa più incredibile è che è avvenuta lo stesso giorno in cui abbiamo girato la scena finale in cui lui saluta i monaci fuori dal suo cancello, più o meno la stessa scena che poi abbiamo visto in TV, tanto che in un primo momento ho pensato che qualcuno mi avesse rubato il girato. Un paio di giorni dopo però abbiamo capito che in realtà non l'avevano liberata perchè qualora lasciasse la Birmania non potrebbe mai più tornare. Il suo partito è stato sciolto e non può neanche indire una riunione politica, quindi solo parte di lei è stata liberata e questo film può fare ancora molto per lei.

A breve usciranno le nomination degli Oscar, lei ci spera? Luc Besson: Sono un professionista libero di scegliere, ho scelto liberamente di fare questo film e sono stato molto fortunato ad essermi sentito in grado di farlo. Quando Michelle è venuta per la prima volta con la sceneggiatura ero molto impegnato, poi l'ho letta, ho pianto e subito dopo ho chiamato la mia assistente per cancellare tutti gli impegni per i successivi diciotto mesi. Più volte ho cercato di capire perchè l'ho fatto ma posso dirvi che la prima reazione è stata istintiva, animalesca, non volevo che qualcun altro potesse rovinarlo. Ho provato qualcosa di viscerale per questa storia ed ho sempre pensato solo a lei. Un'eventuale nomination sarebbe importante, ma per lei e per la sua causa, non per me.

Quali sono state le difficoltà produttive di un film come The Lady? E' stato ostacolato da qualcuno, è stato difficile realizzarlo? Virginie Besson-Silla: Non è stato particolarmente difficile, è stato un film fatto per amore, in cui tutti noi abbiamo messo tutto quello che avevamo. Qualche difficoltà l'abbiamo avuta in Thailandia durante le riprese fatte in gran segreto, non volevamo che qualcuno ci interrompesse per motivi politici e per questo non abbiamo permesso che trapelasse alcuna informazione.

I figli della donna sono stati coinvolti nella scrittura del film? L'hanno visto o commentato? Luc Besson: Abbiamo incontrato uno dei figli, un vero gentiluomo, che ha potuto visionare il film solo due giorni fa e potete immaginarvi le sue reazioni. Per lui vedere questo film è stato qualcosa di diverso rispetto a noi, si è limitato a dire "è bello" e poi non ha detto altro, comprensibilmente. Molte delle scene sullo schermo deono essere state molto difficili da guardare, ma alla fine di tutto siamo ancora amici, quindi direi che è rimasto soddisfatto del risultato. Abbiamo cercato di stabilire contatti e chiesto permessi per fare il film, loro ci hanno concesso l'approvazione senza problemi ma non hanno contribuito in alcun modo alla sceneggiatura per non rischiare di vedersi vietare di andare dalla mamma in Birmania.

Cosa le ha lasciato questo film e il personaggio di Aung San Suu Kyi, quali sono le sue impressioni più profonde? Michelle Yeoh: Ringrazio moltissimo tutti quelli che hanno lavorato alle ricerche su di lei, persone che hanno visionato centinaia di ore di materiale di archivio e mi hanno procurato tanti libri che ho letto e che mi hanno molto ispirata. Quello che sappiamo di lei lo vediamo attraverso il suo sguardo, è stato difficilissimo per me capirla, ho passato ore e ore con David ad esaminare i materiali filmati e a volte vedevo qualche reazione sul suo volto che si andava ad aggiungere al mio mosaico su di lei, non le ho mai potuto parlare neanche al telefono. Quello che traspare dalla sua figura è un profondo senso di sacrificio, di passione e di impegno, questo film e la sua storia mi ha insegnato a riconoscere ed accettare che ci sono cose più importanti di te. Sicuramente queste sensazioni mi rimarranno dentro a lungo, sono diventata una persona migliore grazie a lei e parlando con alcuni giovani mi hanno detto che dopo aver visto il film si sono sentiti in colpa per non aver mai prestato attenzione alla vicenda che spesso veniva ripresa dai telegiornali. Per noi questa è una grande vittoria, ma lo è soprattutto per lei.