La rinascita del cavaliere solitario
1933, Il cavaliere solitario inizia a cavalcare le onde radio della stagione WXYZ di Detroit, dando il via ad una lunga avventura che l'ha portato sugli schermi della ABC dal '49 al '57, sul grande schermo negli anni successivi e di nuovo nelle sale ora, nel 2013, ad ottant'anni dalla sua creazione. Si trattava di una figura onesta, un simbolo, un'icona mascherata che il pubblico, e soprattutto i bambini, potessero ammirare. Un uomo tutto d'un pezzo che, accompagnato dal pellerossa Tonto, combatteva le ingiustizie nel vecchio West americano.
Ma la società del 2013 è diversa da quella del 1933 e degli anni '50: lo spettatore è più disincantato, ha conosciuto antieroi affascinanti e tende a provare una irresistibile attrazione per il cattivo di turno. Come giustificare un eroe senza macchia a cavallo del suo destriero immacolato?
E' forse in questo che risiede la difficoltà nella lavorazione di The Lone Ranger, il nuovo adattamento della serie Il cavaliere solitario in cantiere in Disney sin dal 2007 e passato per varie riscritture e diverse mani, fino ad approdare in quelle di Gore Verbinski, già capace di dar vita al successo del franchise I Pirati dei Caraibi. Nel suo nome, ed ovviamente nella presenza di Johnny Depp nei panni di Tonto, si intravede la speranza, se non l'evidente intenzione, di dar vita ad un altro fenomeno di quel tipo, ripetendo meccanismi e tono della saga con protagonista Jack Sparrow.
A questo si deve l'approccio diverso dato da Verbinski: il nuovo Lone Ranger è infatti raccontato dal punto di vista del fidato Tonto, con il personaggio di Depp a far da cornice alla narrazione quando, anziano nella San Francisco del 1933, ne racconta le origini ad un incredulo ragazzino vestito da ranger mascherato. E' attraverso il suo punto di vista distorto che impariamo a conoscere gli interpreti di questa avventura, l'incontro con John Reid, l'imboscata da parte di Butch Cavendish (un buon William Fichtner), l'arrivo del destriero Silver e le origini dell'identità mascherata dell'ex ranger, sullo sfondo di un ovest americano che gli interessi legati alla costruzione della linea ferroviaria sta formando e plasmando.
Il lavoro di Depp sul personaggio non è dissimile a quanto fatto ormai dieci anni or sono sul celebre pirata Jack Sparrow, grazie al lavoro del suo fidato truccatore personale Joel Harlow e dell'abilità di trasformista che tutti ormai conosciamo: stralunato, ma geniale, sempre al limite eppure in controllo della situazione, il Tonto di Depp catalizza in positivo ed in negativo le caratteristiche del film, valorizzandone i pregi, ma enfatizzandone i difetti. Se infatti è capace di aggiungere un tocco più ai momenti più riusciti del film, finisce per risultare ingombrante nei passaggi più farraginosi e prolissi dello script. Ma se è Tonto il vero protagonista della storia, è naturale che passi in secondo piano il Lone Ranger che pure dà titolo alla pellicola: il John Reid di Armie Hammer è sì l'onesto difensore della legge che conosciamo, ma pecca in quanto a personalità e perspicacia, finendo per diventare più tonto del compagno di avventura che a tal nome risponde. E' una deriva che ci può stare nell'ottica del nuovo taglio dato al personaggio, ma che mal si sposa con i momenti che avrebbero rischiesto un maggior tono epico. E lo sa Verbinski, che lo ridimensiona anche quando gli condede il lusso di declamare il celebre Hi-yo Silver, stemperando la sequenza con lo stesso tono ironico del film.
Lo stesso Silver, il bianco cavallo del Cavaliere solitario è soggetto a questa variazione di tono, acquisendo una personalità bizzarra, misteriosa ed intrigante, che lo porta ad assumere comportamenti surreali ed apparire continuamente nei posti più impensati. Come detto, l'approccio di Verbinski e degli sceneggiatori, tra i quali Ted Elliott e Terry Rossio, già autori degli script dei quattro film de I Pirati dei Caraibi, è simile a quello della saga che ha già visto il regista al lavoro con Depp e non stupisce che il suo Lone Ranger risulti eccessivo e sopra le righe: tutto è imponente, dalle ambientazioni ai costumi, ai treni ed agli oggetti di scena. Le sequenze sono elaborate e visivamente ricche, l'azione è frenetica e rocambolesca, ma il tutto è penalizzato da alcuni dialoghi poco incisivi e sottotono, qualche inutile caduta di stile e da alcuni passaggi della storia prolissi e confusionari.
Sono difetti riscontrabili soprattutto nel segmento centrale di The Lone Ranger. Infatti dopo un'introduzione riuscita che ci guida tra i diversi personaggi della storia e ci mostra come John Reid diventi il personaggio del titolo, Verbinski ed i suoi autori sembrano perdere le redini del progetto e si lasciano trasportare in una porzione di storia che avrebbe giovato di una discreta sfoltita. C'è troppa carne al fuoco e momenti, come quelli sul passato di Tonto, che si sarebbero potuti mettere da parte per un eventuale seguito, per un film che si pone l'obiettivo principale di intrattenere e tener vivo l'interesse dello spettatore medio. E' un momento di sbandamento che non coinvolge il film nella sua interezza, perchè il regista sembra ritrovare ritmo e vivacità nella lunga sequenza d'azione che chiude la storia, un pirotecnico finale in cui i protagonisti lottano su due treni lanciati parallelamente a tutta velocità, passando con disinvoltura e movimenti di macchina complessi da uno all'altro dei convogli, senza mai perdere di vista i diversi protagonisti in azione. E lo accompagna in questo riuscito finale la musica di Hans Zimmer, che qui si affida alla consuetudine del personaggio ed alla ouverture del Guglielmo Tell di Rossini.
Seppur poco bilanciato ed inutilmente prolisso, il nuovo sodalizio tra Johnny Depp e Verbinski per The Lone Ranger finisce per essere un action ironico che, se ben accolto dal pubblico mondiale, potrebbe dar vita ad un nuovo franchise di successo di casa Disney.
Movieplayer.it
3.0/5