Tornare a Cannes due anni dopo il successo riscosso sulla Croisette da La grande bellezza è una grande emozione, ma anche una grande responsabilità ed un rischio non indifferente: non c'è dubbio, infatti, che Paolo Sorrentino si giochi molto con il nuovo lavoro Youth - La giovinezza, sia perché viene subito dopo un lavoro che l'ha portato a vincere l'Oscar come miglior film straniero, sia perché questa volta siamo al cospetto di un film girato in inglese, con un cast internazionale, che potrebbe rappresentare il definitivo trampolino di lancio verso il mercato statunitense e mondiale, oltre alla definitiva consacrazione del regista.
Se sia (o possa essere) così lo analizziamo nel nostro articolo di commento diretto a Youth, quello che ci preme qui è sottolineare i passaggi fondamentali dell'incontro con il regista italiano che abbiamo avuto l'onore di tenere a Cannes 2015, sulla suggestiva terrazza dell'hotel Marriott, a poche ore dalla visione del nuovo lavoro e ancora carichi di voglia di approfondire e di domande da porre. Il nostro Paolo non si è sottratto all'impegno, mettendosi a nostra disposizione per dirci il suo punto di vista sul nuovo film e sull'esperienza sul set e qui al festival francese senza tralasciare una punta di scaramanzia riguardo eventuali premi: "io ho l'aereo venerdì, so solo questo!"
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Un film internazionale
La prima curiosità è ovviamente sulla lingua, sulla scelta di girare il film in inglese. "Volevo raccontare un film su una persona che doveva essere fatto sir e solo gli Inglesi possono ricevere questo onore. Inoltre c'è un regista hollywoodiano ed anche il personaggio di Paul Dano è uno che è qualcuno che interpreta un supereroe, qualcosa che da noi non c'è. Non poteva che riguardare il mondo anglosassone." Una necessità, prima che una scelta quindi. "Penso non ci sia niente di male che registi non inglesi girino in quella lingua," continua il regista, "e non è per una furbata commerciale ma perché le nuove generazioni, e io ci rientro per un pelo, hanno ormai un'idea di come gira il mondo che va al di là della nostra cultura." Una decisione che inevitabilmente porta con sé la scelta di un cast internazionale, a cominciare da Michael Caine che è protagonista di Youth. Ci spiega infatti come spesso parta dall'attore nello scrivere un ruolo, perché gli risulta molto più semplice farlo con un volto in mente. "É un film concepito per Caine, perché trasmette una serie di caratteristiche che si trovano raramente. Se non avesse accettato," conclude, "non avrei girato il film."
Un film DI Paolo Sorrentino
Più che mai, questo è un film personale, anche perché a scriverlo è stato il regista da solo, senza il supporto di Umberto Contarello. "In realtà scrivo sempre da solo la prima stesura, ma poi la mando a Contarello per una revisione. Ma in questo caso è stato tutto velocissimo e non c'è stato materialmente il tempo di confrontarci." Ma è un film personale anche per i temi, "più semplice e diretto," ci dice, "e racconta dei temi che mi stanno a cuore, il mio tentativo di essere il più sincero possibile nel mettere in campo l'amore e questo viene declinato attraverso il racconto di un'amicizia e di come è difficile il rapporto con la memoria." Un film che commuove ma sa anche divertire molto. "Io ci provo sempre ad essere insieme realistico, commovente e divertente. Cercavo di commuovere anche con Il divo, mi emozionavo io stesso a guardare Andreotti che guarda la TV con la moglie, ma non sempre si riesce ad ottenere quello che si vuole, perché la comunicazione è la cosa più difficile che esista al mondo."
Un gran cast per un gran film
"Cosa mi ha sorpreso di più nel lavorare con questi grandi attori?" Non ha molti dubbi al riguardo, è senza dubbio l'incredibile professionalità. "Vi racconto un aneddoto su Caine: il giorno prima delle riprese ha cronometrato il tragitto dalla sua stanza d'albergo al set per essere sicuro di non arrivare in ritardo. Come se avesse avuto importanza, lo avremmo aspettato dieci ore!" Però non c'è la voglia di sminuire il lavoro degli Italiani, perché, specifica, "i grandi attori lo sono indipendentemente dal paese di appartenenza, è una professionalità che appartiene anche a tanti interpreti italiani." Di certo il lavoro di un autore è semplificato quando le sue parole sono recitate da nomi del calibro di Caine e Harvey Keitel. "Spesso mi sono limitato a guardare e mi sentivo in colpa a guadagnare qualcosa limitandomi a dire 'bravo!'" E infatti è magistrale il lavoro dei due protagonisti nel rendere i loro diversi personaggi. "Il personaggio di Caine ha un'età che garantisce una certe quiete, un placido distacco dalle cose che gli dà tranquillità. Mentre quello di Keitel è la passione per antonomasia, questione di vita o di morte. E non fare un film può essere una questione di morte. Può diventare una vera ossessione fare un film. Io nella vita tendo verso Keitel, ma sto lavorando per andare verso Caine."
Dall'Oscar alla TV
Non c'è stata molta pressione nella scrittura di Youth dopo l'Oscar, perché "il film l'ho scritto ad agosto 2013, quando tutto quel discorso non era ancora in ballo e l'ho girato subito dopo quell'esperienza, prima di poter metabolizzare l'accaduto." Ma nel prossimo futuro c'è ancora America, perché a breve inizieranno le riprese della sua prima serie TV, coprodotta da HBO ma girata in Italia con protagonista Jude Law. "La faccio in Italia perché tratta del Vaticano, ma è coprodotta dalla HBO che è americana." Ma non è autorizzato a dirci di più. "Sarà provinciale," spiega scherzando, "ma degli Americani ho paura e se mi dicono di non fare una cosa, non la faccio" Non è però dell'idea espressa da Jane Fonda nel film, ovvero che la TV sia il futuro ed anche il presente. "Il personaggio dice una cosa banale che è luogo comune, ma non è il mio pensiero. Io sono dell'idea che si debba lasciare la libertà ad un autore di fare quello che sente e verrà sempre fuori una bella cosa. Il mito del grande schermo lo abbiamo tutti, ma è una lotta un po' contro i mulini a vento e dobbiamo adeguarci."
La lotta fratricida di Cannes
Sullo scontro con i colleghi italiani a Cannes 2015 un po' minimizza. "La competizione è un gioco divertente, ma l'aspetto prevalente di un evento come Cannes è un'incredibile occasione di quello che delle persone presumono sia il meglio in quel momento, quindi per capire qualcosa di più sul cinema e il tempo di oggi." Eppure sul cinema italiano non si sente in disaccordo con Moretti. "Il successo attuale è frutto prevalentemente di exploit personali" ci dice, facendo capire che la strada è ancora lunga perché si possa costruire qualcosa di solido, a cominciare da noi giornalisti: "da noi c'è un certo compiacimento di parlar male delle nostre cose, mentre per esempio qui in Francia c'è un maggior orgoglio." E quando gli si fa notare che Youth e Mia madre sollevano una riflessione simile sulla figura del regista, ammette di non aver ancora visto il film di Moretti, ma commenta umile: "magari entrambi abbiamo in comune un po' di sana ironia... o meglio lui la ha sicuramente, io spero di aver qualcosa in comune con lui."