A volte, lo stiamo vedendo sempre più nell'audiovisivo con le notizie di questi giorni, non si sa proprio quando dire basta. Siamo arrivati alla nostra analisi del finale di serie di Your Honor, disponibile in Italia su Paramount+, con questa consapevolezza ben chiara in mente: il perfetto esempio del voler allungare il brodo per un'ulteriore anno, quando non ce n'era forse una reale necessità. In modo molto simile a quanto era accaduto con Big Little Lies, questa seconda stagione, se dai primi episodi ci aveva fatto sperare in un significato e in una motivazione reale per dare un prosieguo alla storia del giudice Michael Desiato, arrivati all'epilogo dobbiamo purtroppo ricrederci. Un finale che approfondisce e spiega molti elementi, eppure anche se fossimo rimasti del tutto ignari di tali rivelazioni non sarebbe stata minimamente intaccata la riuscita emotiva della tragedia greca messa in atto, catarsi compresa.
Ovviamente vi sconsigliamo la lettura di questo articolo nel caso non abbiate ancora visto il finale di Your Honor 2.
In principio era Fia...
Qual è l'escamotage a cui il creatore Peter Moffat è ricorso per dare un senso alla vita di Michael Desiato (Bryan Cranston) dopo la tragica morte del figlio Adam in questa seconda stagione di Your Honor? Un nipote, nato dall'amore tra Adam e Fia (Lilli Kay), la figlia dei Baxter. Il piccolo Rocco, chiamato così in onore del fratello di Fia, ucciso in un incidente d'auto proprio da Adam (l'evento che aveva dato il via a tutta la vicenda dello show, adattamento di un format israeliano). Questo escamotage, ruffiano e un po' ricattatorio verso il cuore degli spettatori, non ha retto per tutti e dieci gli episodi di questa seconda stagione, che ha preferito concentrarsi successivamente nel raccontare alcuni elementi rimasti oscuri nel ciclo inaugurale. Elementi che, però, a visione postuma, non hanno contribuito a rendere più appetibili queste nuove puntate.
Ad esempio, la spiegazione sulla morte di Robin, la moglie di Michael e madre di Adam, non aggiunge davvero molto alla narrazione, se non un aspetto legato alla corruzione della polizia che già ci era stata fatta intendere nel ciclo inaugurale. Non era importante come fosse deceduta ai fini della morte di Adam e di tutto quello che è accaduto dopo, a cosa il giudice Desiato è riuscito ad arrivare pur di proteggere il figlio dai Baxter, nota famiglia criminale di New Orleans. Una famiglia che aveva degli attriti al proprio interno e che in queste nuove puntate scopriamo venire dalla fortuna del padre di Gina (una sempre tremenda Hope Davis), Carmine Conti (Mark Margolis). Quest'ultimo, uno dei boss della vecchia guardia della mafia locale, si è dimostrato una new entry interessante ma anche particolarmente inutile nel sottolineare, ancora una volta, il disequilibrio di potere presente tra Gina e Jimmy (Michael Stuhlbarg), il genero, che si ripercuote sui figli e su tutte le loro attività.
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... in conclusione è stato Eugene
A proposito delle loro attività, tutta la parte dedicata agli scambi di potere e droga tra famiglie e gang criminali rivali in questa seconda stagione si è dimostrata altrettanto inutile, ridondante, ripetitiva e addirittura noiosa. Perché nonostante tutto porti ad un nuovo grande processo, con protagonista Eugene Jones detto Little Man (Benjamin Flores Jr.), per l'assassinio di Adam, non abbiamo rivelazioni così sconcertanti che ne giustifichino l'inserimento nella trama. Sarà nuovamente coinvolta l'avvocatessa interpretata da Carmen Ejogo (Lee) e lo stesso Michael Desiato, questa volta al banco dei testimoni, per riproporre quanto accaduto nel ciclo inaugurale sotto una nuova veste. Ciò che viene fuori al processo è una serie di pezzi del puzzle aggiuntivi, che danno una chiusura maggiore al racconto, eppure quell'epilogo aperto e "karmiko" della prima stagione aveva perfettamente senso. Proprio come accaduto in Big Little Lies - Piccole grandi bugie, anch'essa nata come miniserie (tanto da concorrere e vincere in quella categoria agli Emmy) per poi diventare serie vera e propria e tornare con un secondo ciclo di episodi che voleva spiegare meglio alcune dinamiche, misteri e personaggi, eppure anche in quel caso l'epilogo aperto aveva molta più ragion d'essere.
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Nemmeno la rivelazione della morte di Robin per mano di un poliziotto corrotto e del fatto che Charlie Figaro (Isiah Whitlock Jr.), ora sindaco, fosse stato in parte responsabile di quella morte, risultano un valore aggiunto nei confronti degli spettatori. Ciò che può aver davvero coinvolto in questa seconda stagione di Your Honor è l'interpretazione di Bryan Cranston, che sovrasta tutto e tutti e anche con un semplice sguardo ci regala un ventaglio di emozioni diverse e contraddittorie. Proprio come Meryl Streep in Big Little Lies, l'attore riesce a reggere sulle proprie spalle il peso di una stagione a cui ha accettato di partecipare solo perché sarebbe stata davvero l'ultima, per sua stessa dichiarazione. Ma noi d'ora in poi faremo finta che non sia mai esistita e vogliamo tenere a mente quel finale inaugurale, un pugno nello stomaco e chiusura perfetta di un cerchio. Senza inutili dettagli e new entry come la fastidiosa assistente del procuratore interpretata da Rosie Perez o la riproposizione ridondante della detective dura e indipendente col volto di Amy Landecker. Addio Michael, alla fine sempre per chiudere il cerchio sei tornato nell'unico luogo che pensavi di meritare, da giudice: la prigione.