Ci sono registi che restano fossilizzati nel loro cinema, che ripetono anno dopo anno e film dopo film, le stesse suggestioni senza mai allontanarsi dall'estetica che hanno conquistato. Ce ne sono altri invece che nell'arco della loro lunga carriera hanno fatto di tutto, spaziando tra i generi, passando con disinvoltura dalla commedia al dramma, dal thriller al musical. E poi c'è Takashi Miike, che questi voli pindarici di generi e suggestioni riesce a farli in un unico anno... a volte nello stesso film!
É il caso dell'ultimo lavoro del regista giapponese, portato a Cannes 2015 nell'ambito della Quinzaine des realizateurs ed accolto con grandissimo entusiasmo dal pubblico e la stampa presenti alla proiezione. Perché Yakuza Apocalypse è un action/fantasy/yakuza/vampire movie, e dopo averlo visto ci aggiungeremmo anche qualche suggestione western e un po' di sano gore. É per questo che ne parliamo come dell'ultima follia del regista, ancora entusiasti e divertiti dallo spettacolo pirotecnico a cui abbiamo assistito.
Storie di mafia di confine
La Yakuza, lo sanno tutti, rappresenta la mafia giapponese, ma porta con sé anche un alone di leggenda. Allo stesso modo è leggendario il boss che ci viene presentato ad inizio film, Kamiura, temuto, rispettato, ma anche amato. E si mormora sia impossibile da uccidere... d'altra parte è normale: è un vampiro. Accanto a lui c'è il fedele Kageyama, tenuto in grande considerazione dal boss, ma sminuito dagli altri yakuza a causa della pelle sensibile che gli impedisce di farsi tatuare. Eppure è proprio a lui che Kamiura lascia il suo dono in eredità, prima di esalare l'ultimo respiro, rendendolo a sua volta un vampiro. Alle prese con la sua nuova, incontrollabile natura, Kageyama è mosso solo dal desiderio di vendicare il suo boss ed intraprende una violenta lotta con le forze oscure che vengono dall'estero ed anche da quel luogo misterioso che è la mente di Miike.
Creatività senza frontiere
Se vi abbiamo raccontato lo spunto del film, infatti, è solo perché dà una prima vaga indicazione della dose di follia che è alla base di Yakuza Apocalypse. E ci sentiamo di assicurarvi che l'indicazione è veramente vaga, perché lo sviluppo di tale spunto è ben più folle e ricco, una vera esplosione di trovate continue che hanno il pregio fondamentale di non essere mai fini a sé stesse ma integrate miracolosamente nella storia, pur semplice e lineare, che viene narrata. Parliamo di personaggi mitologici come il Kappa, quell'adorabile ranocchio che vi abbiamo mostrato in video, Kaeru-kun, che ci viene presentato come il terrorista più pericoloso del mondo, le lezioni di maglia nel sottoscala e la ovvia, sanguinosa, rocambolesca violenza. Fino ad un teso finale che vede le forze in gioco faccia a faccia, una sequenza in cui ci sentiamo di trovare l'unica piccola pecca della pellicola, che avrebbe giovato di un lieve alleggerimento di quella parte.
Lo stile Miike
Un difetto veniale, perché non è usuale trovare tale ricchezza di idee in un solo film, talvolta, purtroppo, in una intera carriera. E non è solo per la loro quantità ed esuberanza, ma soprattutto, come già accennato, per come vengono sfruttate, richiamate più volte e con consapevolezza, andando ad infarcire una messa in scena ispirata e piena di ritmo, che spazia tra toni e generi rimanendo sempre coerente e omogenea. Così mentre le sequenze scorrono, tra una risata e un'ovazione della sala, si passa dalla commedia a momenti più dark e violenti, passando dall'action al fantasy, aggiungendo suggestioni western ad alcuni scontri, lavorando sempre con attenzione e cura alla costruzione dell'immagine, mai buttata là con superficialità. É apprezzabile per chiunque, ancora di più per un autore che gira più film all'anno ed è già nuovamente sul set per il proprio lavoro (per questo era assente durante la sua proiezione a Cannes 2015, ma si è fatto perdonare con un esilarante messaggio video che ha anticipato il film e che lo vedeva vestito e truccato da geisha, in abiti tradizionali). Yakuza Apocalypse non si può considerare un film per tutti, si deve essere in grado di lasciarsi andare e farsi trasportare in un universo complesso e delirante, senza cercare di trovare un senso a quello che accade, pensando solo a godersi lo spettacolo e passare due ore di sano divertimento