Nella neonata Casa del Cinema, sita in mezzo al verde di Villa Borghese al centro di Roma, un gran numero di giornalisti ha accolto due ospiti che erano attesi quasi quanto il loro film, Wong Kar-Wai e Tony Leung Chiu Wai, rispettivamente regista e protagonista di 2046: film, questo, che segna il ritorno dietro la macchina da presa del regista hongkonghese quattro anni dopo In the mood for love, film di cui quest'opera è il seguito.
Wong, nel film c'è una battuta in cui al protagonista chiedono: "Perché scrivi di erotismo?" Anche alla luce del recente Eros, presentato a Venezia, qual è, per lei, il fascino di raccontare storie che trattano questo tema? Wong Kar-Wai: Innanzitutto, il motivo principale per cui ho partecipato a Eros è stato il mio grande rispetto per Michelangelo Antonioni; è lui che ha voluto quel titolo. 2046 è un film incentrato sull'amore, sulle diverse storie vissute dal protagonista: c'è quella con la prostituta vicina di stanza che è molto "fisica", ma questa è solo una delle componenti di questo rapporto, e più in generale dei temi trattati nel film.
Perché le storie d'amore raccontate nei suoi film spesso finiscono male? Wong Kar-Wai: Un film con due persone che si incontrano, si amano a prima vista e poi vivono felici e contente per il resto della loro vita sarebbe terribilmente noioso, e del tutto fuori dalla realtà. Il finale di questo film, in fondo, pur non essendo un happy ending, è aperto, contempla diverse possibilità: fare un film, per me, è come offrire un pasto allo spettatore, io offro gran parte delle pietanze, ma è lo spettatore che deve aggiungerci il dessert.
Come ha scelto le musiche per il film? Wong Kar-Wai: La musica ha sempre una notevole importanza nei miei film: fare un film è come "danzare" con il pubblico, bisogna trovare il ritmo giusto, che per ogni film è diverso.
Qual è la sua "formazione" cinematografica? Lei, insieme ad autori come Chen Kaige, Fruit Chan e Stanley Kwan fa parte di un gruppo di registi asiatici che hanno uno stile molto "europeo". Wong Kar-Wai: Siamo tutti cinesi, ma abbiamo background profondamente diversi. Io sono di Hong Kong, e da sempre il nostro cinema si nutre delle contaminazioni (anche occidentali) più diverse, un vero e proprio melange di influenze di vario tipo.
Come considera la situazione attuale del cinema di Hong Kong? Negli ultimi anni si produce molto di meno, rispetto al passato. Wong Kar-Wai: Intorno al 1949 Hong Kong diventò il centro dell'intrattenimento in Asia, visto che i film che uscivano dalla Cina popolare erano pura e semplice propaganda. Certo, da noi, negli anni passati, si sono prodotti anche 300 film l'anno, ora la cifra è molto più bassa, anche a causa dell'apertura del mercato della Cina. Una delle strade per il nostro cinema, ora, sembra essere quella delle grandi coproduzioni, come La tigre e il dragone ed Hero, che coniugano produzione e regista cinesi, attori hongkonghesi e parte del cast tecnico americana.
Perché ha deciso di rimontare il film dopo il festival di Cannes? C'era qualcosa che non la soddisfaceva? Wong Kar-Wai: Per Cannes, purtroppo abbiamo dovuto fare tutto di corsa, certe inquadrature fatte al computer non erano ancora pronte, così abbiamo dovuto inserirle in seguito e remixare il tutto. Il risultato finale, comunque, è molto simile, solo che ora è un po' più "vestito".
Tony Leung, com'è tornare, dopo quattro anni, nei panni dello stesso personaggio? Tony Leung: E' sicuramente sfiancante. Alla fine delle riprese ero confuso, mi ero immedesimato troppo, non sapevo più se io ero io o il mio personaggio. Ho avuto un'identificazione praticamente totale.
Lei ha interpretato, nel corso della sua carriera, personaggi molto diversi, alcuni problematici, lacerati (come in 2046 e In the mood for love), altri dalla statura epica, come in Hero o Chinese Odissey. Quale tipologia di personaggio preferisce? Tony Leung: Sono approcci diversi: con personaggi come quello di Hero devo lavorare più con la mia immaginazione, considerata anche l'epoca storica in cui questi film sono ambientati, mentre con i ruoli come quello di 2046 mi è più facile immedesimarmi, visto che sono ruoli più vicini alla mia sensibilità.
Wong, i suoi film possono essere definiti tutti, o quasi, dei melodrammi. Qual è il suo rapporto con questo genere cinematografico? Wong Kar-Wai: I miei film in realtà non sono melodrammi, la mia intenzione non è quella di fare film che rientrino in quel genere. Le mie, in realtà, sono storie che raccontano la vita delle persone, in cui ritroviamo sempre anche elementi melodrammatici.
Questo film, come il precedente, è ambientato negli anni '60. Come mai questa fascinazione per quel periodo? Wong Kar-Wai: Devo dire che sono stato molto bene, in quegli anni, è un periodo che ricordo con molto piacere. Hong Kong è una città che cambia aspetto molto rapidamente, che praticamente "mangia" il suo passato, e a me interessa "fissare" sulla pellicola certi momenti e certi luoghi, prima che scompaiano.
In Europa arrivano pochi film da Hong Kong: Tony Leung, per esempio, è sì un attore drammatico, ma ha interpretato anche diverse commedie. C'è la possibilità di rivederlo in ruoli comici, magari in film che abbiano anche una distribuzione europea? Wong Kar-Wai: Io credo che lui sia uno dei nostri migliori attori, non solo limitatamente a Hong Kong, ma nella nostra intera industria. Ha cominciato prestissimo, a 18 anni era già un idolo, può interpretare ruoli diversissimi. Ha un grande senso del ritmo della recitazione, una caratteristica che ben si addice alla commedia.
Tony Leung: A me piace interpretare ruoli diversi, di vario tipo. La commedia, per me, è una sorta di terapia, che mi serve per riappropriarmi di un giusto equilibrio dopo aver interpretato ruoli drammatici.
Wong, quali sono le caratteristiche che lei apprezza di più nei suoi attori, e in generale in coloro che di solito collaborano con lei? Wong Kar-Wai: Il nostro modo di fare cinema è diverso da quello degli altri, spesso ci troviamo a lavorare su copioni non completi, ci sono diverse attese, i tempi possono allungarsi di molto. Nella troupe che lavora con me, proprio alla luce di questo apprezzo molto la fiducia, la reciproca comprensione, caratteristiche tali da fare in modo che, alla fine, il film sia di tutto il team, non di una sola persona.
Nei suoi film si vedono spesso personaggi che cercano sé stessi nelle storie d'amore. E' una chiave di lettura valida, questa, per i suoi lavori? Wong Kar-Wai: Indubbiamente in questo film parto da un punto di vista diverso da quello di In the mood for love. Lì i protagonisti erano due, qui la storia è incentrata su una persona, che è cambiata rispetto al film precedente, che ha rapporti profondamente diversi con donne diverse, e che apprezza le donne che ha amato solo quando fanno parte del suo passato.
In questo film sembra di vedere più di un legame con i suoi film precedenti; non solo, come è ovvio, con In the mood for love, ma anche con lavori quali Ashes of time e Days of being wild. E' d'accordo? Wong Kar-Wai: Certo, il film può essere considerato, per certi versi, una "riunione" di tutti i miei film precedenti. Non dimentichiamoci che si tratta di un racconto di memorie, e da questo punto di vista è normale che ci siano anche le mie.
Negli ultimi anni la popolazione di Hong Kong è molto cambiata. C'è qualcosa che lei vorrebbe raccontare della "nuova" Hong Kong? Wong Kar-Wai: Secondo me è ancora molto difficile vedere i cambiamenti che ci sono stati a Hong Kong dopo la riunificazione con la Cina. E' un processo graduale, come quando ti guardi allo specchio e ti sembra di essere sempre uguale, poi incontri un tuo amico che non vedi da lungo tempo, e lui ti dice che sei completamente cambiato. E' un processo ancora in corso, è troppo presto per raccontarlo. Se ne riparlerà fra 10-15 anni: a quel punto, forse, i cambiamenti del dopo-1997 saranno evidenti.