Il canadese Denis Côté arriva a Locarno con un nuovo lavoro presentato fuori concorso, un'opera affascinante, come sottolinea la recensione di Wilcox, che aiuta lo spettatore ad assaporare un po' della libertà che si respira immersi nella selvaggia natura canadese. In perfetto Denis Côté style, Wilcox si apre con una sequenza che strappa un sorriso allo spettatore, una sorta di regata delle zucche, gara in cui i partecipanti si trovano a solcare il fiume all'interno di enormi zucche. Il diversivo serve, in realtà, a introdurre il misterioso Wilcox (Guillaume Tremblay), che se ne sta in disparte a osservare la buffa gara fluviale.
Chi è Wilcox? Da cosa fugge? Dove si trova la sua famiglia? Wilcox è davvero il suo nome? Quali sono le motivazioni che lo hanno spinto a lasciare tutto per attraversare, zaino in spalla, il Quebec autunnale? Wilcox non fornisce nessuna risposta allo spettatore, ma lo accompagna per mano in una struggente immersione nei boschi canadesi. D'altronde, come specifica lo stesso Denis Côté, "Wilcox è un film senza sceneggiatura. Guillaume Tremblay si è affidato a me senza sapere nulla. Però alla base del film c'è una struttura che ha richiesto una lunga preparazione e molti permessi per girare ciò che vedete".
Denis Côté: "Netflix? Non la uso, ma non giudico chi guarda i film su un pc"
La ricerca di sé passa attraverso la lotta per la sopravvivenza
Wilcox è un film piccolo nel budget e nelle dimensioni, visto che dura poco più di un'ora. Completamente privo di dialoghi, è un ibrido documentario/fiction incentrato su un misterioso vagabondo, un soldato a giudicare dagli abiti che indossa e dalla preparazione fisica, che vaga per il Canada a tratti cercando un contatto umano a tratti rifuggendolo. La pulsione di Wilcox per la socialità è palese, vediamo l'uomo fermarsi spesso a discorrere con coloro che incontra sul suo cammino, spesso outsider come lui. Eppure l'uomo passa la maggior parte del tempo in solitudine spostandosi tra foreste, sentieri, case vuote e scuolabus abbandonati alla ricerca di un rifugio. "Non conosciamo il protagonista, non sappiamo il suo nome" spiega Denis Côté, "non sappiamo da cosa fugge, ma nel film risuona l'eco di quei personaggi che hanno abbandonato tutto alla ricerca di un'altra dimensione".
I personaggi di Wilcox
Chi sono i personaggi in questione? Ce lo ricorda Wilcox nei titoli di testa e di coda che contengono sei brevi biografie, tre all'inizio, tre alla fine del film, raccontando la storia di personaggi che hanno lasciato tutto per amore dell'avventura. La figura più celebre è quel Christopher McEndless la cui storia è stata resa celebre da Sean Penn in Into the Wild, evocato anche dalla presenza di un bus verde in cui si rifugia Wilcox, bus trovato per caso nei boschi ed esattamente uguale a quello che fungerà da rifugio prima e da trappola mortale poi per McEndless. A Denis Côté, però, non interessa nutrire ulteriormente il mito dell'eroe dedito alla vita selvaggia, bensì mostrarne gli aspetti meno nobili. Wilcox, come il protagonista di Into the Wild, è un uomo che lotta per sopravvivere ed è pronto a commettere piccoli furti e a penetrare nelle case altrui per prendere ciò di cui ha bisogno. Questo ridimensionamento del personaggio lo rende meno affascinante, ma decisamente più umano.
Chi si nasconde dietro Wilcox?
L'indagine che Denis Côté porta avanti in Wilcox è senza dubbio più un'indagine sull'umano che sulla natura lussureggiante. A differenza di quanto ci si possa aspettare, i segni della presenza umana nel film sono forti e la natura incontaminata del grande nord spesso cede il passo a case, automobili, magazzini. Il gioco del film, per Denis Côté, è rendere interessante un personaggio che non parla e di cui non sappiamo niente. "Volevo fare un film veloce" svela, "i film contemplativi su persone che camminano sono stati fatti. Per far questo sono tornato nei luoghi di Ghost Town Anthology girando, stavolta, in autunno".
Il punto di partenza di Wilcox è un film che ha ossessionato Denis Côté dal momento della visione, Cuadecuc, vampir di Pere Portabella. Da dove provenga l'ispirazione, il risultato di Wilcox è un film ancora una volta originale, che riflette la visione artistica di Côté trasfigurando la metafora in chiave personale. Wilcox è pervaso da un sottile humor, cifra tipica dell'autore del Quebec, che nella seconda parte lascia spazio a un'impalpabile angoscia. Il desiderio di Wilcox di comunicare e avere dei contatti umani sembra destinato al fallire gettando nello sconforto il protagonista. Lo stesso Denis Côté sembra sempre più motivato a usare la macchina da presa come strumento di comunicazione, ponte tra la sua opera e il pubblico, riproponendo temi e suggestioni che sono ormai parte integrante della sua poetica, ma stavolta rivisti e corretti. Voglia di diventare un autore meno elitario rispetto al passato?
Conclusioni
La recensione di Wilcox mette in luce la natura apparentemente libera di un film che ci prende per mano e ci accompagna in un'immersione nella natura lussureggiante del Grande Nord insieme a Wilcox, personaggio di cui non sappiamo quasi niente tranne (forse) il nome. Sulla scia di Into the Wilde, Denis Côté costruisce il suo omaggio silente agli avventurieri che hanno abbandonato la civiltà, ma le sue radici cittadine lo spingono a restare ancorato alla presenza umana in un film senza dialoghi in cui è il rumore di fondo a dominare in una disperata fuga dall'uomo che è poi un ritorno costante ad esso. Wilcox alterna esplorazioni, esercizi fisici, incursioni e lacrime mentre la camera ce lo mostra dall'esterno, senza varcare mai quel limite che ci permetterebbe un reale contatto con un personaggio verso cui, nonostante tutto, non possiamo non provare empatia.
Perché ci piace
- L'eleganza e il sottile humor di Denis Côté, marchi di fabbrica del suo stile, si riconoscono dopo pochi tocchi.
- La storia di Christopher McEndless e di tutti coloro che abbandonano la civiltà per immergersi nella natura è affascinante e a tratti inquietante.
- Tante le scene da vedere e rivedere, apparentemente messe lì quasi per caso e invece frutto di un attento lavoro di pianificazione strutturale.
- Il finale di Wilcox è particolarmente struggente...
Cosa non va
- ...anche se il film non risponde ai numero quesiti che solleva.
- Il lirismo finale cresce a poco in un film che preferisce aderire a una matrice realistica piuttosto che affidarsi al lirismo. In questo modo la bellezza della natura canadese emerge solo a tratti, infestato da continue tracce di civilità.