Wil, la recensione: il pericolo delle scelte (giuste) per un dramma ben costruito

La recensione di Wil: Tim Mielants porta su Netflix il romanzo di Jeroen Olyslaegers, enfatizzando i toni oscuri di una storia ambientata nel 1941, e legata alle contraddizioni e ai compromessi di un protagonista ben costruito.

Wil, la recensione: il pericolo delle scelte (giuste) per un dramma ben costruito

Cos'è la Storia? Il giudizio degli altri, dopo i fatti. E quelli che la vivono, la Storia? Questione di ordini, di divise, di nazionalità. Questione di caos. In questo caso, è la prospettiva che fa la differenza. Un film che mostra (senza rinunciare all'eccesso), lasciando che siano gli spettatori a scegliere lo sguardo da sostenere, comprendendo, perdonando o accusando. Tutto lecito, tutto giusto. Perché dopo è più facile, è più comodo. In questo caso, Wil del belga Tim Mielants (ha diretto diversi episodi di Legion e di The Responder) è una pellicola nerissima, a tratti horror per come enfatizza il periodo in cui è ambientata.

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Wil: Stef Aerts e Matteo Simoni nel film

Lo enfatizza nella violenza, quanto (e forse soprattutto) nei silenzi, negli sguardi intorpiditi di una coppia di protagonisti che, da soli, reggono il film (menzione alla bravura di Stef Aerts e Matteo Simoni). Come un buddy-movie disperato e drammatico (che poi si sfilaccia), dove la Storia è segnata dalla brutalità insensata. Chiaro, Wil non è un film facile, né un film da prendere alla leggera, nonostante la messa in scena sia a tratti fumettistica, quasi da graphic novel (e questa è una buona chiave). Del resto, il film di Mielants, arrivato in streaming su Netflix, è tratto dal romanzo best-seller Jeroen Olyslaegers. Un'origine letteraria, che il regista rivede aggiustando il tiro della narrazione in funzione di un thriller in cui il fattore drammatico altera in tutto e per tutto le convulse sensazioni che si rincorrono in quasi due ore.

Wil, la trama: la parte giusta della Storia

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Wil: una scena del film

La trama di Wil? Siamo nel 1942, durante l'occupazione tedesca di Anversa. La portata di Hitler non è ancora chiara, ma si sta delineando il suo scopo: conquistare l'Europa, e uccidere ebrei, comunisti, dissidenti. Insomma, il caos. Nel farlo, l'esercito nazista si appoggia agli ufficiali di polizia locali, di cui fanno parte Wil e Lode. Non credono alla svastica, e anzi sfiorano l'idea di appoggiare la resistenza ebrea. Il loro compito sul campo, tuttavia, è affiancare i tedeschi, osservandoli durante le retate e, all'occasione, intervenire se necessario. Durante una retata ai danni di una famiglia ebrea, Wil uccide un soldato tedesco, nascondendo il corpo. Un evento scatenante, portando i due a mantenere un pericoloso doppio gioco, sebbene Wil persegua per quanto possibile gli ordini impartiti ("un orrendo e sporco lavoro che fa diventare uomini"). Come se non bastasse, nasce una relazione tra Wil e Yvette (Annelore Crolett), sorella tostissima di Lode.

Il pericolo delle emozioni

E no, se ve lo state chiedendo, Wil non è ispirato ad una storia vera. O meglio, personaggi (molti personaggi), situazioni e svolte, in un certo senso, hanno la verità del periodo raccontato (e rilegato dal regista secondo le vicende tramandate dai nonni), ponendo l'attenzione sui protagonisti e sul contesto, oltre che sulla percezione generale, chiaramente legata ad un immaginario reale che, per quanto possa essere originale, ricopre la classica messa in scena tipica di certi film e di certe ambientazioni. Una fotografia tra il grigio e la seppia, i volti smunti, le risate delle SS, scevre da ogni bagliore di umanità. Dall'altra parte, Wil è un film che funziona nella concezione dello stesso panorama, risultando coinvolgente per come tratta le contraddizioni e i dubbi del protagonista, schiacciato da un peso insostenibile. Salvarsi, sacrificarsi, scappare via.

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Wil: Stef Aerts nel film

Le sensazioni umane di Wil (personaggio) non si legano con l'archetipo dell'eroe (anche basta, questo culto degli eroi, meglio chiamarli resistenti), e anzi sono strutturate per crescere (o decrescere) in base agli eventi correlati. Poi, se tralasciamo un accompagnamento musicale didascalico o comunque già ampiamente ascoltato in film locati durante la Seconda Guerra Mondiale (lo score è firmato da Geert Hellings), e una lunghezza probabilmente eccessiva, restano le buone intuizione registiche di Mielants, capace di concedere spazio in egual misura sia all'orrore quanto alla bellezza (i primi piani di Yvette, dopo una sequenza di tortura), mischiando e sfocando i compromessi di un uomo in balia delle proprie emozioni ("Qui dobbiamo sopravvivere, la coscienza è un lusso"). Emozioni letali e pericolose, se rivelate nel periodo più buio del Novecento.

Conclusioni

Come scritto nella nostra recensione, Wil di Tim Mielants rivede per Netflix un romanzo best-seller, portando l'attenzione sull'Anversa del 1942 occupata dai nazisti. Una storia non vera, ma che vive dei racconti di quell'epoca, sfruttando al meglio il valore del dramma e del thriller. Il tutto, legato ad un protagonista decisamente ben scritto. Forse troppo lungo, e con uno score didascalico, al netto delle intuizioni registiche, Wil ammicca per estetica ai tanti film ambientati durante la Seconda Guerra Mondiale.

Movieplayer.it
3.0/5

Perché ci piace

  • La bravura degli attori.
  • La storia raccontata...
  • ... e come viene strutturata in base ad un ottimo personaggio protagonista.

Cosa non va

  • Uno score didascalico.
  • L'estetica 'già vista', almeno per quanto riguarda titoli simili.