She can't take this away. This is my world.
Siamo con gli occhi ancora increduli e le mani tremanti mentre scriviamo la recensione del finale di Westworld 4 (4x08), la quarta stagione che chiude a Ferragosto su Sky Atlantic e NOW. Alla fine di una stagione di alte proporzioni, a livello narrativo e visivo, dopo un terzo ciclo di episodi che scricchiolava da più parti forse perché era soprattutto di passaggio e ricostruzione, chiude perfettamente il cerchio questo finale tornando alle origini della serie (l'obiettivo degli autori sono sempre state cinque stagioni, quindi speriamo HBO gliele conceda).
Ricostruire
Tutto l'episodio finale, così come la quarta stagione di Westworld, si basa sul concetto di distruggere per poter ricostruire. Distruggere il vecchio mondo per costruirne uno nuovo, auspicabilmente migliore del precedente. Uomini o macchine che siano - ovvero le due "specie" protagoniste di questa vicenda - la Storia ci insegna che tende a ripetersi e a non imparare dai propri errori, quindi un mondo migliore è davvero difficile. La sequenza iniziale della puntata è meravigliosamente costruita perché ci fa credere, uno dopo l'altro, che il personaggio apparentemente secondario che stiamo vedendo in quel momento, potrebbe avere una qualche rilevanza nel quadro generale. Ben presto egli si rivela solamente un numero e lascia presto spazio al successivo dopo essere stato eliminato, in questo "gioco pericoloso" che è la vita, qui riproposta sotto forma di spettacolo. Dopo quest'entusiasmante piano sequenza quasi da western moderno, unico sopravvissuto è l'Uomo in Nero di Ed Harris, pronto a reclamare il proprio mondo dopo aver distrutto quello di Charlotte. Proprio quest'ultima, una Tessa Thompson particolarmente ispirata, viene risvegliata dai suoi fidi assistenti robotici bianchi senza volto (una sorta di androidi embrioni, allo stato puro, se vogliamo) e medita di fermare il suo ex clone una volta per tutte. In realtà farà di più: darà a Dolores l'ultima possibilità - questa volta per davvero - per un mondo migliore, e per farlo tornerà alle origini della serie HBO, a quel Parco già citato e tornato sotto spoglie polverose in questa quarta stagione.
L'ultimo treno
L'altra linea narrativa dell'episodio è infatti quella dedicata a Teddy (James Marsden) e Cristina/Dolores (Evan Rachel Wood), che diviene pienamente consapevole di se stessa nella puntata. Le loro scene sono le più intense ed emozionanti, pur lavorando tutti di sottrazione ancor più che in passato (sono pur sempre degli androidi, del resto). Cristina comprende che lei e Teddy sono nient'altro che dei programmi al di fuori del Sublime, ecco perché risultavano invisibili agli occhi degli altri, ed è lei stessa (o meglio il residuo di Dolores dentro di lei) ad aver creato la sua coinquilina, la presunta vittima delle sue storyline, aver fatto tornare Teddy e così via. Tutto per farle mettere in discussione ancora una volta la propria realtà e soprattutto per farle aprire gli occhi. Tra le lacrime della reunion fin troppo breve con Teddy - parallelamente ce ne sarà un'altra in questo epilogo di stagione - Dolores ha un'ultima chance per distruggere e ricostruire: ricominciare proprio da quel Westworld da cui era iniziato tutto, quel primo Parco da affrontare con rinnovata consapevolezza. La puntata si chiude con un'immagine poetica tanto quanto quella del penultimo episodio: quell'ultimo treno che arriva con gli avventori, e lei che rivela "è la nostra ultima possibilità (come androidi) di ottenere finalmente la libertà. Ci riusciremo?"
Westworld: guida alle canzoni della serie
Voglia di libertà
Proprio come Teddy e Dolores, anche Caleb (Aaron Paul) e Frankie (Aurora Perrineau) hanno un tête-à-tête padre-figlia fin troppo fugace e ora sono costretti a dirsi di nuovo addio dopo che lui l'ha portata in salvo ma sta morendo, ora che è fuori dal laboratorio di Charlotte: "Tuo padre è morto molto tempo fa" le dice tra le lacrime. Lei rappresenta gli Outlawyers, gli ultimi umani sopravvissuti e "ribelli", che dovranno inevitabilmente scontrarsi con gli androidi capitanati da Charlotte. Di nuovo due figure femminili al comando, come sappiamo molto amate e ben caratterizzate dai creatori Lisa Joy e Jonathan Nolan. Westworld 4 per poter distruggere e ricostruire ci dice che bisogna tornare alle origini, all'entrata di quel Labirinto simbolo della serie e della stagione inaugurale più che all'uscita (per quanto fosse un labirinto della coscienza di Dolores). Il serial ci lascia quindi con le annose domande: la Storia è destinata a ripetersi o c'è speranza per un epilogo diverso? Umani e macchine sono destinati a combattersi o c'è margine per una pacifica convivenza? Ma soprattutto perché il primo istinto dell'umanità è quello di prevaricare e noi siamo portati a empatizzare con gli androidi che provano per la prima volta dei sentimenti, in modo quasi puro ed embrionale, per tornare al discorso di prima? Nel farlo, la puntata si intitola "Que sera, sera" come la canzone di Doris Day, ovvero quella che Caleb cantava a Frankie da piccola e confermando ancora una volta l'importanza della musica che funge da sottotesto allo show: la casualità della vita a volte prevarica sul destino.
Westworld 4, la recensione del settimo episodio: Un nuovo mondo
Conclusioni
Chiudiamo la recensione del finale di Westworld 4 (4x08), augurandoci che sia un finale di stagione e non di serie, lodando come riesca - pur con qualche ripetizione di troppo - a chiudere il cerchio portando a una distruzione e conseguente ricostruzione - in teoria l’ultima - che apre alla possibilità ultima di riscatto per gli androidi, con cui non possiamo che empatizzare. Il ritorno alle origini dello show e del Parco, già rivisto in questa stagione, insieme alla sequenza iniziale sono la ciliegina sul labirinto.
Perché ci piace
- Il piano sequenza iniziale.
- Le interpretazioni di Evan Rachel Wood e Tessa Thompson, che lavorano di sottrazione.
- Il ciclo narrativo che si chiude tornando alle origini, con l’ultima possibilità di ricostruzione, salvezza e libertà per gli androidi.
- L’importanza della casualità nel destino fin dal titolo musicale dell’episodio.
Cosa non va
- Alcuni schemi narrativi sono un po’ ripetitivi e potrebbero generare meno pathos negli spettatori durante la puntata.