Piattaforme streaming come Netflix non sono solite far uscire nuovi contenuti nel weekend, salvo casi eccezionali, e uno di questi casi è il motivo per cui questa recensione di We the People appare di domenica: la serie debutta infatti sul servizio in occasione del 4 luglio, la festa dell'indipendenza statunitense, dal momento che il titolo trae spunto dal preambolo della Costituzione americana. Un altro motivo non indifferente dietro quella scelta riguarda il target dello show: i dieci episodi, ciascuno di circa 4-5 minuti (titoli di coda inclusi), si rivolgono infatti a un pubblico più giovane, con una funzione apertamente didattica, e la domenica è pertanto il contesto ideale per una breve sessione di bingewatching in famiglia, con tutti i membri pronti a vedere la nuova fatica di Chris Nee, sceneggiatrice e creatrice attiva proprio nell'ambito di programmi per i più piccoli.
Imparare cantando
Per la realizzazione di We the People - Alla scoperta della democrazia americana, l'autrice è affiancata da Barack e Michelle Obama, la cui casa di produzione ha un accordo esclusivo con Netflix, e da Kenya Barris, creatore di Black-ish e fino a poco tempo anch'egli legato alla piattaforma da un contratto (rescisso di recente perché, a detta dello stesso Barris, l'ambiente lavorativo non era favorevole per i progetti a cui lui vorrebbe mettere mano). Insieme hanno immaginato una sorta di corso sotto forma di canzoni, su argomenti quali l'immigrazione, le tasse e i diritti civili, affidando le singole esegesi a performer come Janelle Monae, Adam Lambert (incaricato di spiegare il Bill of Rights, con testi degli autori delle canzoni di Frozen - Il regno di ghiaccio) e Lin-Manuel Miranda (anch'egli in combutta con il duo disneyano), con la chiusura di tutto il progetto che prende invece la forma di una poesia, letta da Amanda Gorman, assurta a icona dopo aver svolto la medesima funzione durante l'insediamento di Joe Biden.
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Il tutto è accompagnato da animazione tradizionale che traduce le parole in scenari a tratti onirici e in altri punti molto seri, cercando un equilibrio tra didattica e intrattenimento, anche facendo ricorso a sparuti ma importanti simboli della cultura popolare (il segmento sull'immigrazione, per esempio, ritrae Alexander Hamilton con fattezze simili a quelle del portoricano Miranda, che lo ha interpretato con successo a Broadway). Ne risulta un universo integrato, inclusivo, forse un po' utopistico, ma è una scelta quasi obbligata se, applicando fino in fondo le promesse di quel preambolo della Costituzione che dà il titolo alla serie, si vuole insegnare ai più giovani che siamo un unico popolo. Una nozione che, negli Stati Uniti ma non solo, si è fatta più fragile negli ultimi tempi, e da quel punto di vista è importante che lo show debutti pochi mesi dopo i drammatici eventi del 6 gennaio 2021, quando la Costituzione stessa è stata messa in dubbio con l'assalto al Campidoglio per cambiare l'esito elettorale.
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Produzione nazionale, messaggio universale
C'è, anche a livello strategico, come già spiegato in apertura di articolo, una componente molto specificamente americana dietro l'operazione (come si evince anche dal sottotitolo nostrano), il che potrebbe non andare giù a parte del pubblico internazionale, soprattutto se si tiene conto della componente canora e poetica originale che è uno dei maggiori punti di forza e rischia di alienare, tra gli spettatori più giovani, coloro che non masticano l'inglese. Ma a questo serve anche l'apparato estetico, che trasporta chiunque lungo il percorso dell'apprendimento di concetti che, per quanto ancorati in una filosofia di matrice statunitense, sono validi per tutti, rendendo quel We the People una promessa globale, adatta al bacino d'utenza di Netflix che, mentre scriviamo queste righe, raggiunge più di 200 milioni di utenti in quasi tutti i paesi del mondo. In questo caso, nella fattispecie, 4-5 minuti alla volta.
Conclusioni
Chiudiamo la recensione di We the People, sottolineando come questa nuova produzione animata di Netflix parta dalla Costituzione americana per impartire brevi, affascinanti lezioni sul tema dei diritti civili, con l'aiuto di cantanti d'eccezione per rendere il tutto più divertente.
Perché ci piace
- L'idea di base del progetto è molto carina.
- I diversi stili musicali si sposano bene con gli argomenti trattati.
- L'animazione è sopraffina.
Cosa non va
- Il focus americano del progetto potrebbe non interessare a parte del pubblico internazionale.