Watchmen, la recensione del finale: ambizione e amore in ogni atomo

La recensione del finale di Watchmen: denso e ansiogeno conto alla rovescia, See How They Fly ci conduce verso la conclusione agrodolce della serie più bella dell'anno.

Watchmen Finale Prima Stagione 2
Watchmen: una scena del finale della prima stagione

Inesorabile come una lancetta sull'orologio dell'Apocalisse, la fine è giunta. L'operazione chirurgica di Damon Lindelof sul mito di Alan Moore è perfettamente riuscita. Il trapianto di spirito è compiuto. Apriamo questa recensione del finale di Watchmen mettendo subito le cose in chiaro: per noi va bene così. Non c'è altro da dire, nient'altro da aggiungere.

Questo Watchmen 1x09, è talmente coeso e soddisfacente da non richiedere che la ferita debba essere riaperta. Sì, una ferita. Perché è di questo che parla See How They Fly, meraviglioso conto alla rovescia che porta Watchmen verso il suo finale agrodolce. È di questo che ha sempre parlato Watchmen. Ce lo ricorda un episodio in cui la maggior parte dei nodi viene al pettine, che per forza di cose ci appare meno strabiliante ed esaltante del suo predecessore, apice assoluto della serie HBO. Per il gran finale Lindelof si sofferma sulla sua trama, chiude più cerchi possibili, arriva al nucleo del suo racconto. Senza dimenticare di legarsi alla densa mitologia watchmaniana, ovviamente. Adesso possiamo dirlo: Watchmen è stato uno dei più riusciti bluff di sempre. Spacciato quasi come uno spin-off del tutto slegato dal fumetto di Moore, Watchmen si è rivelato poco per volta per quel che è davvero: un sequel a tutti gli effetti. Un passaggio di testimone rischioso, azzardato, ambizioso, eppure gestito con il tempismo dei grandi staffettisti. Dopo nove episodi Lindelof non ha il fiatone, anzi respira a pieni polmoni, forte di una corsa lungo la quale è riuscito nella folle impresa di aggiornare il mito di Watchmen. Lindelof ha guardato l'America attraverso la maschera porosa di Rorschach, e ci ha visto il bianco e il nero, il buono da salvare e il male da estirpare.

Watchmen Finale Prima Stagione 1
Watchmen: una scena del finale della prima stagione

E così, quello che negli anni Ottanta era spauracchio nucleare, critica alle istituzioni e decostruzione della figura eroica, adesso diventa razzismo, critica all'individualismo e soprattutto necessità di imparare dalla storia. In mezzo alla sua tempesta di citazioni, maschere e gretta intolleranza, Watchmen, per noi, parla soprattutto di eredità. Quella di Moore è stata trattata con i guanti, rispettata anche quando stravolta. Il che basta per rendere Watchmen la serie dell'anno. E farci sperare che resti così. Ovvero una sola grande stagione, subito diventata una bellissima, vecchia fotografia. Come fanno le stelle.

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Watchmen Finale Prima Stagione 4
Watchmen: una scena del finale della prima stagione

Eredità, dunque. Eredità di simboli, di retaggi familiari, di dolori, di traumi, di sangue. La prima eredità raccolta dalla serie è stata quella del diario di Rorschach, estremista di destra il cui messaggio è stato esasperato, strumentalizzato e portato al limite dal Settimo Cavalleria, gruppo di suprematisti bianchi con manie di dominio. Ovvero il grande nemico collettivo, sfuggente e misterioso di questo Watchmen. Eredi del gruppo Ciclope che hanno trovato nel senatore repubblicano Keene il volto (anzi il corpo) perfetto in cui trasferire gli infiniti poteri del Dottor Manhattan e dimostrare al mondo che il superuomo non solo esiste, non solo è americano, ma è soprattutto bianco (e blu).

See How They Fly non si riferisce certo al destino del loro goffo piano. La fine disastrosa (e in parte frettolosa, diciamolo) del Settimo Cavalleria ci dimostra che il gruppo di fanatici è stato più che altro il cavallo di Troia dello show, un altro bluff di Lindelof, un diversivo per distrarci da altro. MacGuffin iniziale (come tutta l'indagine dell'omicidio di Crawford) utile a dare il via alla storia, il gruppo viene deriso e ridicolizzato da un epilogo che sottolinea la superficialità e la povertà intellettuale di un gruppo che dal passato non ha imparato nulla, ma è rimasto fermo alla cieca intolleranza degli anni Venti.

Dove finisce dio

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Lady Trieu in una scena di See How They Fly

Chi è stato sempre avanti, invece, è Adrian Veidt. L'uomo più intelligente del pianeta. Colui che ha messo la sua materia grigia al servizio di un cinico e atroce pragmatismo quando ha preferito sterminare 3 milioni di persone per salvare tutto il resto del pianeta. Finalmente libero da quell'esilio prima desiderato e poi trasformatosi in prigione, il vecchio Ozymandias riesce a tornare sulla Terra scendendo a patti con la donna più intelligente del pianeta. Non poteva che essere sua figlia, quella Lady Trieu nata da un furto segreto di sperma, da una madre venuta dal nulla che ha voluto portare in grembo il seme della grandezza. Ecco perché in Trieu scalpita un senso di rivalsa e rivincita subito sospetto. Donna brillante e non priva di arroganza, la nostra lady ha progettato una centrifuga quantica in grado di assorbire i poteri di Manhattan. È questa l'unica via per migliorare il mondo, eliminare il deterrente nucleare, purificare l'aria. Fare tutto quello che Jon non ha mai voluto fare. Impegnarsi in quello che il deluso e riluttante Manhattan ha preferito evitare, sottraendosi alla vita terrestre per crearne altra altrove. La dinamica del piano di Trieu, però, non è molto diversa da quello del Settimo Cavalleria. Un indizio non da poco. Una coincidenza che insospettisce l'unico uomo che capace di capire davvero cosa passa nel cervello geniale di Trieu.

Watchmen Finale Prima Stagione 1
Watchmen: una scena del finale della prima stagione

Non perché sia suo padre, ma perché Veidt sa di che pasta sono fatte l'ambizione, la vanagloria e la tracotanza. Questa volta l'eredità non mente. La mela non è andata lontano dall'albero. Nel suo voler uccidere dio, Trieu pecca di pericolosa arroganza, afferma il proprio io al di sopra di tutto e di tutti. Con buona pace del bene collettivo. E, allora, se persino chi voleva salvare il mondo non desiderava che alimentare all'infinito il proprio ego, forse il gesto di Manhattan, dopo 30 anni, assume un significato nuovo. Forse il suo esilio volontario, il suo voler andar via, estraniarsi e scomparire è stato il gesto più umano di tutti: essere consapevoli delle proprie debolezze e dei propri limiti. Dei rischi che l'essere onnipotente avrebbe comportato. Deluso dalla natura umana, Manhattan ha un solo, ultimo legame con la natura: la capacità di amare. Ed è qui che entra in gioco una certa Angela Abar.

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Un primo piano di Angela Abar

Laddove tutti gli altri cercano di assorbire i poteri di Manhattan, Angela Abar si è impregnata di altro. Angela ha abbracciato l'odio e l'amore guardando in faccia per davvero chi le stava vicino. Senza costumi, senza filtri, senza maschere. Solo persone, senza eroi di mezzo. Sister Night ha ingerito un flacone intero di Nostalgia e visto in faccia il passato tremendo di suo nonno, abbracciando il suo retaggio e il suo destino (maschere incluse) senza precauzioni, ingurgitando tutto il dolore, la pena e la dannazione inclusi nella confezione. Quel faccia a faccia finale con Will, così conciliante e autentico, ci regala una frase semplice e bellissima sull'inutilità di reprimere la rabbia e di nascondere le proprie ferite. Una lezione di autoconsapevolezza impagabile. Dall'altra parte c'è un lascito d'amore. E potrebbe anche essere quell'ultimo sguardo tra innamorati che si ritrovano nella stessa memoria mentre si dicono addio. L'eredità di Manhattan potrebbe essere anche il semplice ricordo di una semplice frittata preparata per sua moglie. Forse i poteri dentro l'uomo sono più forti di quelli dentro l'uovo. Chi lo sa? Non lo sapremo mai, perché quel piede sull'acqua è destinato a diventare la nuova trottola di Inception. L'unica certezza è che, anche senza camminare sull'acqua, Angela adesso sa chi è, sa da dove viene e dove vuole andare. Senza maschere e con le cicatrici ben visibili. A volte basta essere consapevoli del bello e del brutto di cui siamo fatti per essere imbattibili.

Conclusioni

Dopo un episodio clamoroso ed epocale come quello della scorsa settimana, tornare alla normalità era prevedibile. Come confermato nella nostra recensione del finale di Watchmen, però, la normalità della serie HBO sfocia sempre e comunque nello straordinario. E così eccoci davanti a un finale di stagione in cui ogni nodo viene al pettine e molti misteri vengono risolti. Un epilogo ansiogeno ed emozionante che si chiude con un'ultima inquadratura da brivido, destinata a fare la storia della televisione. Applausi per Lindelof. Per noi va bene così. Con buona pace di una seconda stagione non necessaria.

Movieplayer.it
4.5/5
Voto medio
4.5/5

Perché ci piace

  • L'abilità con cui Lindelof risolve la maggior parte dei suoi enigmi grazie a un episodio molto denso e ben strutturato.
  • L'emozione provata davanti ad Angela che si riconcilia con Manhattan e suo nonno.
  • Il finale aperto è un tocco di classe memorabile.

Cosa non va

  • Eguagliare l'episodio precedente era quasi impossibile.