Prima di cominciare questa recensione di Waiting for the Barbarians, urge una confessione: non abbiamo mai letto il romanzo omonimo (in Italia noto come Aspettando i barbari) del premio Nobel John Maxwell Coetzee, ma lo conosciamo solo per fama. Non saremo quindi in grado di giudicare quanto questo adattamento a cura del colombiano Ciro Guerra possa effettivamente essere vicino al materiale originale. Quello che possiamo dirvi però è che questo Waiting for the Barbarians, passato in concorso a Venezia 76, è un film affascinante per temi e scelte stilistiche, per di più impreziosito da ottime interpretazioni, anche se sicuramente dai tempi piuttosto dilatati, tipici di un certo tipo di cinema d'autore e festivaliero.
Una trama da Nobel
Così come nel romanzo i protagonisti non hanno un nome e l'ambientazione, sia temporale che geografica, rimane indefinita. La storia però si apre con un Magistrato di una cittadina di frontiera che riceva la visita di un austero Colonnello che sta indagando su una presenta guerra con delle tribù nomadi che vivono oltre le colline e che lui definisce "barbari". In tutti gli anni in cui il Magistrato ha amministrato questa città/fortezza, ultimo baluardo difensivo dell'Impero, ha sempre cercato di rimanere quasi nascosto, invisibile, fiero di aver contribuito a portare avanti il tutto senza gesti o azioni eclatanti. Ma con l'arrivo del Colonnello, uomo spietato pronto ad ottenere quel che vuole ad ogni costo, le cose sembrano destinate a cambiare per sempre.
Il deserto dei barbari
Non pensiamo sia possibile vedere questo film e non pensare immediatamente a Il deserto dei tartari di Dino Buzzati o all'omonimo film degli anni '70 ad opera di Valerio Zurlini. Eppure il regista Ciro Guerra, già vicino all'Oscar per il miglior film straniero qualche anno fa con El abrazo de la serpiente, riesce ad affrontare in modo intelligente molti temi terribilmente attuali con un ammirabile piglio personale: a tratti molto crudo, in altre occasioni elegante e pacato, ma sempre e comunque dando il giusto risalto ai contenuti e al messaggio dell'opera.
Sicuramente il ritmo del film, lento e compassato, non va a favore di un pubblico più mainstream, ma per quanto "scomoda" si tratta di una scelta certamente funzionale alla storia che sta raccontando e soprattutto coerente con quello che è il percorso del protagonista. Una menzione d'onore merita poi il finale del film che si distanzia in modo coraggioso dal romanzo di origine con un doppio scopo: regalare allo spettatore un finale di maggiore impatto, anche da un punto di vista meramente visivo, ed aggiungere un ulteriore elemento di ambiguità ad un racconto il cui significato ultimo può essere sicuramente interpretato in più modi.
Un Mark Rylance straordinario guida un cast di star
Il vero punto di forza di questo Waiting for the Barbarians risiede soprattutto nel suo cast di grande rilievo: se è vero che attori come Johnny Depp o Robert Pattinson, entrambi in ruoli piccoli ma di grande impatto e dall'ottima resa, potranno contribuire in modo significativo a portare in sala un maggior numero di spettatori, è a Mark Rylance che il regista del film dovrebbe dedicare un vero e proprio monumento. La sua performance è semplicemente straordinaria: intensa eppure pacata, ricca di sfumature eppure semplice, dolorosa ma non per questo priva di umanità e speranza.
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E se nel romanzo tutto era filtrato e raccontato proprio attraverso il personaggio del Magistrato, qui in ogni caso le sue azioni e i suoi sentimenti diventano il cuore pulsante dell'intero film. E l'empatia che possiamo provare per le scelte che compie, il nostro rispecchiarci nella sua umanità, è proprio quello che nel finale saremo costretti in qualche modo a rivalutare e ripensare da un'altra prospettiva. Perché a volte è facile confondere giustizia e vendetta, amore e pietà, vita e morte.
Conclusioni
Nello scrivere questa recensione di Waiting for the Barbarians ci siamo resi conto di quanto effettivamente abbiamo apprezzato questo nuovo lavoro di Ciro Guerra, un film affascinante che ha l'unico grande difetto di avere un ritmo lento che potrebbe scoraggiare molti spettatori. La parte finale, però, e l'interpretazione di Rylance valgono un po' di pazienza.
Perché ci piace
- L'adattamento di Guerra sembra rendere onore all'importante romanzo da cui proviene: già dalla sceneggiatura emergono in modo evidente temi importanti e molto attuali.
- La buona fotografia e alcune audaci scelte di regia rendono il film esteticamente molto bello e curato.
- Mark Rylance è straordinario e di fatto la sua performance fa il film; Depp e Pattinson sono ottimi comprimari.
Cosa non va
- Il ritmo del film è lento e per molti potrà pesare in maniera sostanziale sul giudizio finale.