"Ah! Questo paese di viriloni che passano per gli uomini più dotati del mondo e poi non riescono a conquistare una donna da soli". Così, con una sottile ironia di fondo, la parlamentare Lina Merlin rispondeva ad una giovane Oriana Fallaci, inviata dall'Europeo ad intervistarla alla fine della sua carriera politica. Era il 1963 e la Legge Merlin, con la quale vennero chiuse le case di tolleranza ed abolita la registrazione delle prostitute da parte della questura, faceva ancora parlare di sè con grande sorpresa della sua sostenitrice. In realtà, questo provvedimento non ha mai smesso veramente di essere in auge, un po' perché gli italiani non smettono di guardarsi indietro e molto per le forme assunte in seguito dalla prostituzione, nonostante sia stata considerata proprio con quella legge illegale. Così, mentre si sente parlare di un ritorno al passato, la Rai cavalca il momento e manda in onda, il 13 e 14 ottobre, in prima serata su Rai Uno Altri Tempi. La mini serie, diretta da Marco Turco, scritta da Alessandro Sermoneta e interpretata da Vittoria Puccini, ha lo scopo di narrare quasi trent'anni di storia sociale del nostro paese attraverso la lotta quotidiana delle donne invisibili, recluse al mondo dietro persiane costantemente chiuse, schiave del sesso e vergogna del vivere civile. In parole povere, la Puccini, affiancata da Stefania Rocca, Valentina Corti, Marina Rocco, Elena Radonicich, Camilla Semini Favro; Viviana Altieri e Marta Iagatti portano sul piccolo schermo le vicende di prostitute comuni che, con la solitudine e il dolore delle proprie esistenze, diedero forza alla lotta della Merlin, per l'occasione interpretata da Benedetta Buccellato.
Portare sul piccolo schermo una storia di questo tipo non è certo semplice. Come è riuscito a gestire la tematica senza cadere nella trappola del cattivo gusto o dell'eccesso? Marco Turco: questo è stato uno dei primi ostacoli che, insieme agli sceneggiatori, abbiamo affrontato fin dalla fase di scrittura. A differenza di C'era una volta la città dei matti, in cui anche l'immagine spiacevole aveva una sua giustificazione etica, era evidente che portare la macchina da presa all'interno di un bordello ci avrebbe messo a rischio. Immediatamente, però, abbiamo chiarito di non voler creare un prodotto voyeristico, visto che il nostro fine era raccontare il dietro le quinte di questi luoghi. Nonostante molti intellettuali del novecento lo abbiano descritto con un certo romanticismo, il bordello non era certo un luogo di divertimento. Per questo motivo la nostra attenzione era tutta rivolta a renderlo sgradevole, come era in effetti. E, utilizzando il punto di vista di donne sfruttate, non potevamo certo osservare la realtà con sguardo affascinato. Quando si parla della lotta della Merlin per chiudere le case chiuse, si dimentica che queste prostitute erano schedate e, quindi, trasformate in cittadine di serie b. Non avevamo libertà di movimento e dovevano render conto alla polizia di qualsiasi loro spostamento. In sostanza non avevano una vera e propria esistenza. Per questo motivo l'abolizione della schedatura ha ridato loro dignità. Più dell'evento storico, però, ad attrarci è stata la possibilità di raccontare delle storie di donne, molte delle quali ispirate direttamente dalle lettere ricevute dalla Merlin in dieci anni di attività. In questo modo il film prende un cammino più universale, visto che sono vicende di allora ma anche di oggi.
Quali difficoltà deve superare un'attrice per portare sul grande schermo un eroina "discutibile" come Maddalena? Vittoria Puccini: Quando ho letto la sceneggiatura, al di là della tematica in questo momento particolarmente necessaria, mi ha colpito e incuriosito il dover attraversare varie fasi dell'età e di rendere credibile il personaggio in ogni singolo momento della sua vita. Incontriamo per la prima volta Maddalena a 16 anni e, mano a a mano, la vediamo trasformarsi in una adulta di quarant'anni. Ad un certo punto è come se fossero due donne diverse e come attrice mi interessava indagare nella trasformazione fisica e mentale. Dal mio punto di vista, lei è una vittima, finisce nel bordello suo malgrado e, pur tentando la fuga, si rende conto che non esiste altra alternativa possibile. In quel momento nasce in lei la volontà di cambiare delle cose e di cominciare a dettare le regole attraverso l'apertura di una casa di tolleranza esemplare. Alla fine, però, nonostante le migliori condizioni igieniche e il rapporto affettivo stretto con le sue ragazze, si rende conto della sua illusione. Per questo motivo cercherà il riscatto nel sostenere la battaglia della Merlin.Però, fino a poco tempo fa una mini serie con una prostituta come protagonista centrale sarebbe stata impossibile. Secondo lei stanno cambiando i tempi? Vittoria Puccini: A me pace questo nuovo indirizzo e l'idea che una protagonista non debba sempre essere una eroina limpida. Spesso è molto più interessante raccontare le sfumature e le ombre. Certo, non è stato un lavoro facile. In modo particolare è stato faticoso girare le scene dentro il bordello e trascorrere gran parte delle giornate mezze nude. Ci siamo aiutate e protette molto tra di noi. Per quanto riguarda la mia interpretazione, poi, ho cercato di non uscire mai dal personaggio. Ho voluto viverle anche le scelte più discutibili di Maddalena dall'interno, senza avere un giudizio morale. Ora posso dire, senza alcun dubbio, di averla amata moltissimo perché ha avuto il coraggio di cambiare direzione e trovare un riscatto.
La legge Merlin ha reso illegale la prostituzione ma non è riuscita a bloccare il fenomeno. Oggi vediamo lo stesso sfruttamento ai danni di giovani donne straniere, ad esempio. Nel calarvi nella storia avete tenuto conto di questa visone attuale della realtà?
Alessandro Sermoneta: Ci siamo resi conto dell'esistenza di una equazione molto semplice, valida oggi come allora. Ossia bellezza più povertà significa finire quasi automaticamente prostituta. Un elemento, questo, che è uscito fuori anche dalle lettere spedite a suo tempo alla Merlin. Oggi, come ho detto, si ripresenta lo stesso problema sotto i nostri occhi. La differenza è che accade lontano, in paesi poveri dove le ragazze vengono rapite. Questa è l'unica analogia, il rapporto tra povertà e sfruttamento.
Marco Turco: Noi raccontiamo un affresco di grande durezza, ma abbiamo voluto anche dare la possibilità alle nostre donne di riscattarsi. Per fortuna, però, oggi non siamo più negli anni cinquanta e, per quanto imperfetta, la nostra società ha subito delle evoluzioni. Un cambiamento rappresentato attraverso la figlia di Maddalena che, scoprendo la storia di sua madre e immedesimandosi in lei, chiederà giustizia. Siamo alla soglia degli anni sessanta e lasciamo la ragazza con la sua volontà di partire e diventare un avvocato. Noi non sappiamo effettivamente cosa accadrà nella sua esistenza, ma a me piace pensare a lei come una di quelle donne che tanto hanno fatto per il nostro paese e tanto hanno lottato.