Vieni come Sei, la recensione: indipendenza e sessualità per una commedia davvero riuscita

La recensione di Vieni come Sei: umorismo, dolcezza, empatia e un dramedy che rivede il concetto di disabilità e sessualità. Ecco perché non dovreste perdere il remake diretto da Richard Wong.

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Vieni come sei: un momento del film

Gli on-the-road, al cinema, funzionano. Sarà che il paesaggio gioca sempre un ruolo fondamentale, sarà che ogni viaggio porta con sé rivelazioni, tant'è che anche il pubblico finisce per prendere parte al percorso catartico dei relativi protagonisti. Perché ogni strada, ogni tragitto, ogni destinazione equivale ad una piccola rivoluzione in grado di sconquassare certezze e aspettative. Così, nella nostra recensione di Vieni come sei cominciamo con il dirvi che, grazie ad un dolcissimo umore filmico, Richard Wong, su sceneggiatura di Erik Linthorst, riporta sul grande schermo la storia vera di Asta Philpot, affetto da forti disabilità motorie e costretto su una sedia a rotelle, partito con i suoi amici per un viaggio alla ricerca della propria (sacrosanta e legittima) sessualità. Sì, avete capito bene: il film in questione, Vieni come Sei, è infatti il remake US di Hasta la Vista!, film belga del 2011, ed è stato presentato con successo al South by Southwest del 2019.

EMPATIA E UMORISMO

Nonostante il titolo decisamente esplicito, che ci fa ripensare alle mitiche commedie in scia ad un cult come American Pie, qui di volgare c'è poco o nulla e anzi il bravo Wong riesce sapientemente ad equilibrare toni e umori come solo i migliori dramedy sanno fare. Insomma, Vieni come sei (Comes as You Are, titolo originale e per fortuna non troppo diverso da quello italiano), è un ottimo esempio di cinema intelligente, che filtra la narrazione attraverso empatia, naturalezza e umorismo, affrontando (anche di petto) argomenti estremamente delicati con una cadenza tipica della grande commedia americana (in particolar modo quella di fine Anni Novanta e inizio Anni Duemila), remixando le idiosincrasie di un gruppo di splendidi outsider inseriti in un riuscito contesto filmico.

Hasta la vista!, la recensione: l'amicizia non conosce disabilità

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Vieni come sei: una foto del film

IN VIAGGIO VERSO UN...

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Vieni come sei: una scena del film

Ma di cosa parla Vieni come Sei? Il film di Wong segue tre uomini con disabilità, impegnati in un bislacco, sgangherato e imprevedibile viaggio dal Colorado a Montreal. L'obiettivo? Perdere la verginità in un bordello pensato per una clientela dai bisogni speciali. "La gente non ti vede come un uomo o una donna; sei visto come una persona asessuata", si riflette nel film, e allora ecco che in modo limpido e (davvero) inclusivo Wong illumina il diritto alla sessualità di coloro che il mondo tende a desessualizzare. I tre compari, che ci fanno ripensare al terzetto de Una Notte da Leoni, sono Scotty (Grant Rosenmeyer, che sfodera una comicità non indifferente), rapper paraplegico fin dalla nascita, che vive con l'iper protettiva mamma Liz (Janeane Garofalo) - e occhio alla spassosa sequenza d'apertura -, Matt (Hayden Szeto), ex atleta confinato sulla sedia a rotelle, e il trentenne Mo (Ravi Patel), ragazzo non vedente e anch'egli facente parte della struttura riabilitativa di Matt e Scotty. Ad accompagnarli (e a guidare il furgone) c'è Sam, irruenta ma bonaria infermiera con il volto di Gabourey Sidibe.

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Vieni come sei: un frame del film

LACRIME E SORRISI

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Vieni come sei: un'immagine del film

Chiaro, non vi sveliamo come finirà la loro epopea ma, tra guide spericolate, litigi, risse da bar e poliziotti idioti, il dramma emotivo, comunque costante, è abilmente miscelato con i segmenti (molto) comici, con la messa in scena che resta saldamente ancorata ad un'idea di cinema definita e mossa dall'intenzione di suscitare emozioni e profonde riflessioni. C'è la voglia di libertà, la ricerca costante di un sogno, la consapevolezza e la riappropriazione della propria fisicità e del proprio corpo, finalmente lontani dai pre-concetti sociali e da quelle famiglie asfissianti e compassionevoli. In fondo, e più di tutto, Vieni come Sei (in Italia grazie alla lungimirante e attenta 102 Distribution), accompagnato dall'ottimo score di Jeremy Turner, è proprio quel tipo di film dal cuore grande, capace di superare le naturali imperfezioni per diventare un manifesto accattivante e sincero, in cui le lacrime finiscono per confondersi con i sorrisi.

Conclusioni

Fuori dagli schemi, libero, dolce ed empatico. La recensione di Vieni come Sei la concludiamo con un consiglio: se cercate un dramedy davvero ben fatto, allora non lasciatevi sfuggire quello di Richard Wong.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
4.0/5

Perché ci piace

  • Ogni umore è perfettamente bilanciato. Si ride e si piange come in ogni miglior commedia.
  • Gli attori protagonisti, pur non disabili, sono tutti perfettamente in parte.
  • La regia ha un'idea chiara e definita. E la macchina a mano è un elemento stilistico funzionale alla storia.

Cosa non va

  • La soundtrack. Forse, visto il genere, si poteva osare di più.
  • La durata: dieci minuti in meno avrebbero dato un miglior ritmo alla parte centrale del film